Aci Castello, caso di molestia e transfobia «Io circondata e derisa da dieci persone»

Circondata da una decina di persone che, tra battute e insulti, le rivolgevano domande sulla sua sessualità. «Uno di quegli episodi che vedi in un film». È accaduto venerdì notte al Marè, noto locale di Aci Castello. Vittima dell’episodio, del quale sono già stati avvertiti i carabinieri, è Vittoria Vitale, studentessa e attivista dei diritti lgbtqi. «Verso le 3.30, mentre ballavo tranquillamente, sono stata chiamata da un buttafuori perché un responsabile o il titolare del locale voleva parlarmi», racconta Vittoria a CTzen. Era la seconda volta che la giovane sceglieva la discoteca in riva al mare per passare la serata, e durante la prima non aveva avuto alcun problema. «Mi sono chiesta se avessi fatto qualcosa di male – afferma – Ho pensato: “Siamo alle solite, hanno visto che sono transessuale e vogliono mandarmi via”».

«L’ho seguito e mi sono ritrovata in una piazzetta, circondata da circa dieci persone», tra i quali riconosce anche una delle cameriere dell’attività. Uno di loro, presentato dal presunto buttafuori come il responsabile che avrebbe voluto incontrarla, «mi ha tartassato di domande sulla mia sessualità, chiedendomi cosa avessi tra le gambe». Alla giovane, confusa, l’uomo ha riferito che «”ci sono state lamentele. Ci stiamo chiedendo se hai il pene o la vagina”. Un po’ come se stessero facendo una scommessa», prosegue. Un episodio che Vittoria Vitale definisce «grave, accaduto davanti a tutti, senza nessuno che si sia azzardato ad aiutarmi e farlo smettere».

Durante la discussione, alla giovane cade la borsa. L’uomo «se n’è approfittato e ha iniziato a toccarmi i fianchi e le gambe. Gli altri ridevano – prosegue – Io mi sono sentita davvero impaurita. Si sentono tante cose brutte…». Recuperato il cellulare, Vittoria contatta le forze dell’ordine. Quanti assistono la deridono: «”Non si può nemmeno scherzare? Non stiamo facendo niente”, dicevano». La giovane si allontana e riesce a chiamare le forze dell’ordine, che inviano una pattuglia dopo le sue insistenze. «Non appena i carabinieri ci hanno raggiunti, hanno avuto il coraggio di mentire su ogni cosa», spiega ancora con rabbia. Tra le persone che si confrontano con i militari ci sono i titolari della discoteca, ma non il presunto responsabile, che all’arrivo delle forze dell’ordine scompare. «Prima che arrivassero i carabinieri mi ha chiesto scusa, ha detto che non voleva offendermi, ma poi non l’ho più visto».

Un episodio di transfobia, aggravato dalle molestie sessuale, lo definisce. Ma i titolari della discoteca escludono che tra le persone che hanno assistito alla scena possano esserci dipendenti della struttura e quindi una loro responsabilità diretta. «Non ero presente, mi sono avvicinato quando abbiamo visto la pattuglia dei carabinieri», racconta Luigi Savoca, uno dei titolari. «Dopo un primo approccio, in cui la signorina era consenziente, la cosa è degenerata. Siamo stati messi nell’impossibilità di intervenire – prosegue Savoca – Abbiamo chiesto se avesse contattato qualcuno della sicurezza ufficiale e lei ha detto di no. I nostri, può chiederlo a chiunque, sono vestiti totalmente di nero. Quello descritto dalla signorina era con i jeans». «Io l’ho seguito perché mi ha detto che uno dei responsabili del locale voleva parlarmi – precisa Vittoria – Altrimenti non mi sarei avvicinata».

Savoca – che assieme ai responsabili della sicurezza ha messo a disposizione dei carabinieri le foto di tutti gli addetti alla sorveglianza – bolla quanto accaduto come «goliardia inopportuna» e l’autore «un ignorante». «Abbiamo porto le nostre scuse, perché ci dispiace che sia accaduto nel nostro locale. Brutto e condannabile, ma alla fine non è successo qualcosa di così eclatante. Non le sono state messe le mani addosso in maniera pesante o volgare». Un’osservazione avanzata anche dai militari: «I carabinieri mi sono sembrati impreparati – sottolinea Vittoria – Dopo aver raccolto la mia segnalazione hanno cercato di minimizzare. “Mica l’hanno picchiata”, mi hanno detto».

La giovane, che ha già informato dell’episodio la sede di Catania di Arcigay, ha tre mesi di tempo per formalizzare la querela. Ma intanto è l’amarezza a prevalere, aggravata dall’indifferenza – oltre che delle risatine – provenienti da quanti erano presenti. «Mi sono sentita umiliata. E sola. Come se il mondo ce l’avesse con me, senza motivo». [Foto di Angelo Failla]

Carmen Valisano

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