Un «numero straordinario» di accessi al sistema informatico dell’Istituto nazionale di previdenza sociale da parte di quelli che vengono bollati come «dipendenti prezzolati asserviti a un meccanismo corruttivo». Sono queste le fondamenta dell’indagine Interrogazione a sorpresa del nucleo economico-finanziario della guardia di finanza di Palermo. Sedici le persone indagate e tre le aziende sequestrate. Obiettivo delle sbirciate abusive sarebbe stato quello di fornire informazioni riservate a una serie di agenzie specializzate nel recupero crediti, sulla posizione di soggetti da sottoporre ad azioni esecutive. Il funzionario dell’istituto, il palermitano Santo Di Lorenzo, in un primo momento sospeso e poi licenziato, ha raccontato ai magistrati di avere effettuato le consultazioni, stando alla sua versione, su indicazioni di Giovanni Lentini. «Ricevevo le richieste sulle posizioni da estrarre via email o Whatsapp. Una volta effettuate le interrogazioni informatiche davo le risposte». Durante le indagini, stando al conteggio dei militari, gli accessi abusivi sono stati 6129 a fronte di 800 persone monitorate in maniera abusiva.
Nell’intreccio di conoscenze e presunti scambi di favori, Lentini tira in ballo un avvocato e il suo ruolo di collaboratore nella società della moglie Serafina Torino: la To.Ke Credit. «Quando c’è da recuperare un credito – si legge in un interrogatorio riportato nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Fabio Pilato – la società redige una lettera nei confronti del soggetto debitore. Se non si raggiunge lo scopo la pratica passa all’avvocato che avvierà il provvedimento di recupero». In questo frangente sarebbe intervenuto il dipendente dell’Inps di Palermo con i presunti accessi abusivi.
Il funzionario licenziato avrebbe ricevuto somme comprese tra «trenta euro e venti euro. Qualche volta – aggiunge Lentini – gli offro la cena e così via». Successivamente l’indagato, risentito dagli inquirenti insieme al proprio legale, ha in parte ritrattato alcuni passaggi sul presunto tariffario, specificando di non avere mai dato dei soldi al dipendente ma limitandosi a «offrirgli ogni tanto delle cene, degli aperitivi e così via». Nell’ambito dell’inchiesta è emerso il coinvolgimento anche dell’agenzia Legalpromo di Riccione e della A.D.R di Messina, e dei rispettivi titolari Graziano Spano e Antonio Drommi. I due vengono intercettati a luglio 2020 mentre discutevano di come funzionava, secondo le accuse, il metodo d’acquisizione delle informazioni. «Fatta la legge trovato l’inganno […] – diceva Drommi – abbiamo un report completo, perché nell’estratto contributivo, ovviamente camuffato, non è che le giro quello dell’Inps che è illegale».
Finito nei guai Di Lorenzo, il gruppo avrebbe individuato delle alternative da inserire nel grande fratello illegale. Gli investigatori indicano i nomi di Francesco Covone, anche lui impiegato dell’Inps ma nella sede di Soccavo, in provincia di Napoli, e il dipendente del Comune cagliaritano di Quartu Sant’Elena Franco Pusceddu. I magistrati avevano chiesto delle misure cautelari personali per alcuni degli indagati ma il gip non le ha concesse per «il sequestro delle aziende utilizzate per gli scopi illeciti». Dopo il ricorso al tribunale del riesame, la corte presieduta da Lorenzo Chiaramonte ha disposto gli arresti domiciliari per l’imprenditore di Riccione, Spano, tuttavia l’esecuzione delle misure è sospesa fino al momento in cui la decisione diverrà definitiva.
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