Dietro i pizzi e i merletti di un abito da sposa può esserci una storia d’amore molto diversa dalle solite. Certo, ognuna è speciale, ognuna è unica a modo suo. Ma in quella di M. ce ne sono dentro tante tutte insieme. E tutte accomunate da una dose potente di umanità. C’è quella di chi è disposta a prestare il proprio abito di matrimonio ma che finite le nozze vorrebbe poterlo riavere indietro, per i tanti ricordi legati a quel vestito. O quella di chi invece è disposta a regalarlo all’associazione Anirbas, che ha lanciato l’appello, che potrà tenerlo anche qualora questa ragazza in difficoltà adesso non dovesse sceglierlo. Come succede per tante altre cose belle, anche questa accade per caso. Sabrina Ciulla, fondatrice della onlus che si prende cura dei senzatetto di Palermo e non solo di loro, conosce per caso durante un corso di formazione la storia di una ragazza in difficoltà che però vorrebbe sposarsi. «Non ho molti dettagli su di lei, non ho chiesto, mi è bastato sapere le cose preliminari insomma per decidere di darle una mano – racconta -. L’hanno abbandonata tutti, non ha nessuno, vive in un quartiere difficile».
La richiesta sembra tra le più ardue però, riuscire a trovare un abito da sposa per lei. Ma Sabrina non è dello stesso avviso: «Mi è bastato scrivere un appello su Facebook, che nel giro di pochissimo si sono fatte avanti dieci persone tutte insieme, sono io che anzi ho dovuto mettere il freno a mano – dice infatti -. Già ne hanno portato uno qui, un altro arriverà nei prossimi giorni, aspetto altre due persone ancora. Persino mia zia mi ha detto “se proprio serve, ci metto anche il mio, ma lo do in prestito perché ci tengo troppo, la fai sposare e poi me lo fai tornare indietro”». Insomma, si sono messi tutti a disposizione. L’idea però non è partita direttamente dalla ragazza che dovrà sposarsi, ma da alcune persone che le sono vicine e che le stanno dando una mano coi preparativi. «Lei si vergogna moltissimo, io nemmeno la conosco ancora, ma quando vorrà venire a provare i vestiti per scegliere quello che indosserà farò in modo che qui nella sede di Anirbas non ci sia nessuno a parte io e lei, così potrà sentirsi più a suo agio – rassicura Sabrina -. Vogliamo farla sposare come tutti gli altri».
La storia di M., intanto, continua a intrecciarsi a quella di altre donne, che prima di lei hanno vissuto il passo del matrimonio. Donne diverse tra loro, tutte accomunate dal non essere rimaste indifferenti a quell’appello. Che ha imposto loro di mobilitarsi andando ben al di là dei propri guai. «Le cose materiali non valgono niente. Fra qualche giorno mi dovrò operare in testa, voglio che almeno questa ragazza viva il suo sogno in una determinata maniera». Ha detto così una donna, che conosce Sabrina e la sua associazione, affetta da un tumore, disarmando tutti. «È venuta fino a qui col marito e ha consegnato il suo abito personalmente – dice la fondatrice della onlus -. Non sa cosa le accadrà di qui a breve…vivrà, non vivrà, non si sa. Mi ha detto solo “io mi sono sposata, ora fanne quello che vuoi”. Le ho detto che potrebbe anche non essere scelto, però. “Tienilo comunque, servirà a qualcun altro” mi ha risposto. Ha sentito il sapore della vita, non le serve davvero più quel vestito».
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