Abdalla Mohammed, dalla Libia a Palermo «Questa è diventata la mia seconda casa»

«Sono arrivato a Palermo dalla Libia tre anni e mezzo fa». Inizia così il racconto di Abdalla Mohammed, il ventiseienne che, al contrario di altri suoi coetanei, ce l’ha fatta. Ha viaggiato in aereo, riuscendo a ottenere con facilità un visto per l’Italia per motivi di studio e ricerca. Anche la sorella più grande vive da anni qui per un dottorato di ricerca in matematica: «Lei ha ottenuto una borsa di studio e si è trasferita a Palermo, perciò io ho deciso di seguirla – dice il ragazzo – . Sto bene in questa città, sono contento della mia scelta». Così contento che ad agosto lo raggiungerà anche un’altra sorella, sempre per motivi di studio, seguendo le sue orme. «Siamo una famiglia di studiosi» afferma con orgoglio il giovane. Centrando in pieno il motivo per cui, forse, il suo viaggio ha avuto un destino diverso.

«Ovviamente la Libia mi manca tanto, quella rimane casa mia, non ci torno già da un anno e mezzo». Per un attimo Abdalla si fa nostalgico, ma il racconto riprende nuovamente, e sempre da Palermo: «Quando sono arrivato qua non sapevo parlare benissimo. Ho iniziato subito a frequentare i corsi di lingua italiana di ItaStra – spiega -. Dopo un anno di studio intensivo sono anche diventato tutor e adesso mi occupo di organizzare le gite fuori Palermo per i ragazzi, li porto in giro per la Sicilia. Ci sono così tante cose belle da vedere». Quando parla degli anni qui i suoi occhi sembrano illuminarsi: «Di Palermo mi piace tutto: il suo mare, il suo cibo e soprattutto le persone. Qui sono davvero molto più carine che al nord Italia, dove mi sono sembrati freddi». Palermo ha regalato al ragazzo moltissimi amici, con cui condivide le gite, le esperienze quotidiane e gli aperitivi del venerdì sera. E ormai anche gli insegnanti conosciuti nel 2013, all’inizio dei suoi studi, oggi sono degli amici. Il suo progetto futuro, però, non è quello di vivere qui: «Mi manca casa mia, mi manca la Libia. Però resterò ancora per un po’ a Palermo, per aiutare mia sorella ad adattarsi un po’».

Sulla situazione della sua terra d’origine non si sbilancia troppo. «Non so cosa pensare dei libici che lasciano la propria terra per venire in Europa, però mi sento di dire che chi aiuta queste persone in questa impresa disperata le manda a morire – dice serio -. Io sono contro questi viaggi sui gommoni, quando vedo certe immagini alla televisione provo fastidio, penso a tutta la gente che muore ogni giorno». Abdalla spiega come sia difficile, tuttavia, per alcuni libici optare per una tipologia di viaggio diversa e prendere per esempio l’aereo come ha fatto lui, per la concreta difficoltà di ottenere il visto, «per questo scelgono una via decisamente sbagliata» continua il ragazzo. Molto dipende anche dal paese di partenza e da quello in cui si decide di andare. «Non sono d’accordo con quei paesi che cercano di chiudere le frontiere per ostacolare queste persone, però non sento nemmeno di condannarli, perché dietro ci saranno degli accordi che magari ignoriamo».

Racconta di come molti suoi connazionali lascino la Libia a causa della povertà e della miseria. Non sempre, quindi, la paura è il motivo principale di questi viaggi: «È un motivo che non condivido, perché anche qui c’è molta crisi e non c’è lavoro, molte cose non funzionano. Secondo me qua o là è la stessa cosa, quindi tanto vale restare a casa propria». È solidale, invece, con le ragioni di chi scappa per paura, sentendosi in pericolo. Non si dilunga troppo però sulle ragioni dei migranti, lui in fondo ha avuto una sorte ben diversa. Mette subito da parte ricordi e riflessioni, e torna a guardare al presente: «Palermo per me è una seconda casa. I miei genitori sono fieri delle mie scelte» ritorna a dire, e conclude con uno sguardo rivolto al futuro: «Tornerò definitivamente a vivere nella mia terra, ma so per certo verrò ancora qui».

Silvia Buffa

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