A riempire il corso Umberto è rimasto il rumore dei tacchi di una signora che ondeggia orfana delle vetrine dei negozi. È tutta una carrellata di «Chiuso per Covid, non è colpa nostra». Massima concessione alla fase 2: «Calati juncu ca passa la china», appeso alla porta di una bottega che vendeva abbigliamento made in Sicily. Taormina è deserta anche nei primi giorni di ripartenza. Moltissime attività hanno preferito non alzare le saracinesche: bar e ristoranti qui non credono alla possibilità di asporto. «Il problema principale è che non c’è gente. Vedere la città così è uno schifo, per chi apriamo?», spiega una coppia di anziani affacciata sul belvedere di piazza IX aprile. Loro hanno un negozietto di souvenir. Chiuso.
Chi invece si è subito rimesso in moto è Saretto Bambara, titolare del Bambar. «Si riparte più forti di prima. Certo, per ora facciamo poche granite. Mandorla, fragola, caffè, cioccolato, limone e lampone. La pesca arriverà tra qualche giorno. D’estate la mattina prepariamo 16 gusti, ma per adesso bisogna vedere come andrà». Per essere la prima mattina di apertura male non è andata: cento granite vendute, tutte ai residenti. Ma anche qui ci si prepara a un’estate a mezzo servizio: dei 14 dipendenti dell’anno scorso molti dovranno restare a casa. All’esterno, tavolini dimezzati per garantire il distanziamento.
Se alla granita non si rinuncia, molti altri esercenti, fatti quattro conti, hanno deciso di non riaprire. «Penso che sia irrealizzabile rispettare queste condizioni – spiega Ettore Manuli, titolare di due ristoranti tra Taormina e Giardini Naxos – Andare a mangiare fuori è un rito di socialità, così sembra di andare in una corsia di ospedale piuttosto che al ristorante. La mia non è un’attività a gestione familiare, ho dei costi fissi tra personale, affitto, bollette che non posso sostenere senza turisti stranieri. A Taormina l’85 per cento del turismo arriva da fuori Italia, ma non ci sono aerei. È improponibile pagare tutto solo col turismo locale, meglio riaprire nel 2021. Ma lo Stato non mi deve far pagare niente per questa stagione».
Peggio va a chi è considerato «il re delle notti taorminesi» e ha fatto della movida la sua ragione di vita. «Lo sappiamo, i locali come i nostri saranno gli ultimi ad aprire – ammettono con amarezza
Un puzzle complicatissimo e il sindaco Mario Bolognari prova a tenere tutto insieme. «Il nostro sistema, nel tempo, si è tarato sulla presenza di oltre un milione e centomila turisti – spiega – Senza di loro ci sono bar, ristoranti, negozi che non avrebbero ragione di esistere. Col solo turismo di prossimità abbiamo problemi, perché aziende piccole e medie non riescono a mettersi in equilibrio. Questo inevitabilmente comporta un problema a tutto il sistema: dal punto di vista turistico, non si può accettare che alcuni aprano e altri no. Servono misure di compensazione per aprire tutti o non aprire nessuno». Sullo sfondo anche lo spettro delle casse comunali vuote. «Mancheranno entrate per tre milioni di euro dalla tassa di soggiorno. In un Comune di diecimila abitanti è tantissimo, non potremo chiudere il bilancio 2020».
Ad attendere indicazioni chiare sono anche i titolari degli stabilimenti balneari che, dalla spiaggia di Mazzarò all’Isola Bella passando per Schisò e Mazzeo, si sono riuniti in un’associazione per far sentire la loro voce. «Qui non siamo in Verisilia o sull’Adriatico – spiega Claudio Ambrogetti, portavoce del gruppo – non si può pensare di distanziare gli ombrelloni di quattro metri, perché gli spazi sono stretti. Noi siamo pronti ad attrezzarci con app per la prenotazione al bar, dispenser con igienizzante e con una riduzione ragionevole degli ombrelloni, ma è tempo di darci certezze. Siamo già a stagione inoltrata. E poi – ricorda – a Taormina non c’è stato nessun contagio!». Tra le proposte del comitato pure la riduzione dell’Iva dal 22 al 10 per cento, com’era fino a qualche anno fa per questo settore.
Tutte le botteghe che costeggiano la strada verso il teatro antico sono chiuse. «Io vendo coralli. Per chi dovrei aprire? – allarga le braccia una giovane titolare – A maggio solitamente erano i turisti che passavano sotto la mia finestra a svegliarmi la mattina. Oggi non dormo per il troppo silenzio». Il parco archeologico di Naxos-Taormina si sta attrezzando per la riapertura prevista il 18 maggio. Nei giorni scorsi è scattata l’ennesima sanificazione degli ambienti. «In più – spiega la direttrice Gabriella Tigano – è prevista l’installazione dei tornelli all’ingresso e sono ripresi i lavori per trasformare l’edificio nominato Ex Semaforo, sul belvedere più alto del promontorio del teatro, in una caffetteria». Quando sarà pronta, si potrà gustare il caffè in uno scenario d’incanto, col teatro vicino e affacciati sulla baia di Mazzarò. Ma c’è di più. Visto che è quasi impossibile rivedere per quest’estate spettacoli e concerti serali, il parco si prepara ad aprire ai visitatori anche in notturna.
Un incentivo in più per il turismo locale e nazionale. È quanto sperano gli albergatori. Molti dei quali non hanno perso la speranza di salvare la stagione estiva, a cominciare da quello che è stato ribattezzato il club dei 5 stelle. «Noi siamo pronti, ci devono solo dire quando possiamo ripartire», spiega Roberto Oldano, direttore generale dell’Atlantis Bay, hotel super lusso. Pannelli in plexiglass alla reception, separatori nella hall, web check-in, superfici più ampie destinate alla ristorazione, distanze nella spiaggia riservata, camere sanificate con aerosol contenente il principio attivo previsto dal ministero della Salute. Queste le misure che si metteranno in campo per garantire la sicurezza degli ospiti. «Siamo fiduciosi – spiega Oldano – anche perché qualcosa si sta muovendo. Fino alla settimana scorsa arrivavano solo cancellazioni, negli ultimi giorni invece sono arrivate nuove prenotazioni, sia dal mercato italiano che in misura minore da quello estero. Un messaggio di speranza».
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