A Siracusa è scontro tra sindaco e parroco sulla movida Dagli orari per la musica alle accuse di mafiosità diffusa

Quasi come in una moderna versione dei racconti di don Camillo e Peppone, a Siracusa i battibecchi tra il sindaco Francesco Italia e padre Andrea Rosario Lo Bello (sacerdote della parrocchia di San Paolo apostolo in Ortigia) vanno in scena sui social. All’origine ci sarebbe un’ordinanza sindacale del 10 giugno nella quale il primo cittadino ha fissato alle 1.30 di notte il limite per tutti i locali pubblici (escluse le discoteche) di organizzare intrattenimenti musicali e attività rumorose. «C’è dietro la mafia in connubio con la politica?», esordisce il prete in un post sul suo attivo profilo Facebook. Un contenuto che il primo cittadino adesso ha già attenzionato ai suoi legali «perché – ha scritto in un messaggio in una chat privata su WhatsApp che padre Lo Bello ha pubblicato sui social – la mia immagine sia tutelata sul piano giuridico in tutte le sedi possibili». In città diverse sono le voci secondo cui tra i due, già da tempo, non scorrerebbe buon sangue. 

Una doppia battaglia che sembra, insomma, essere solo appena cominciata. Da una parte, quella tra residente ed esercenti del centro storico e, dall’altra, quella tra il sindaco e il parroco. «Nella città c’è una connivenza di stampo mafioso, di criminalità organizzata, una cappa che difficilmente può saltare – sono le parole forti che il sacerdote ha messo una dietro l’altra in un post online – Di conseguenza i locali, quelli giusti possono impunemente togliere il sonno ai cittadini che lavorano perché godono di protezioni politico-mafiose in stile Gotham City. E ho anche paura a scrivere queste cose», aggiunge il sacerdote che oltre a esercitare la sua professione in Ortigia ci vive pure. «Sono cose che non posso dimostrare – ammette a MeridioNews padre Lo Bello – e che ho scritto forse in un momento di emotività in modo un po’ irruente». Un passo indietro in merito alle insinuazioni, prima di tornare all’attacco. «Siamo in Sicilia, non in Norvegia, e quindi è normale – sottolinea il prete – chiedersi se ci sia un contropotere eversivo dietro i mancati riscontri delle nostre segnalazioni». Quelle che lui, che dice di parlare anche a nome di alcuni suoi parrocchiani, avrebbe fatto ai vigili urbani perché «qui la notte non si può dormire». Per via della musica ad alto volume dei locali, degli schiamazzi per strada e di rumori di vario tipo. «Se io mi mettessi a suonare le campane alle 2 di notte, mi arresterebbero – aggiunge il sacerdote – Mentre i gestori dei locali sono liberi di continuare tra disordine e anarchia». 

Una diatriba che il sindaco ha scelto di non commentare pubblicamente. «In merito invece al contenuto dell’ordinanza – risponde Italia al nostro giornale – è un ulteriore tentativo di trovare un complicato equilibrio tra commercianti e residenti del centro storico». Quando il documento è stata pubblicato sull’albo pretorio del Comune, è stato proprio un comitato di cittadini residenti nel cuore del centro storico del capoluogo aretuseo – tra i pochi a non essersi dati alla fuga negli ultimi anni – a scrivergli una lettera per manifestare dubbi e preoccupazioni «riguardo all’inquinamento acustico – si legge nella nota di Sostenibilità, educazione, mobilità, inclusione x Siracusa (Semi) – che avrà un impatto molto negativo sul turismo». Un settore su cui il primo cittadino è invece sicuro di avere fatto «passi importanti e, come dimostrano i fatti, l’economia si è sviluppata anche attorno a quelle attività commerciali», chiarisce il sindaco. «Ma questo non significa che si deve sacrificare il sonno dei cittadini in cambio di qualche posto di lavoro. L’invito ai gestori è a fare un tipo di intrattenimento musicale compatibile con il rispetto di chi vive nel quartiere. Una delle prime cose che ho fatto da sindaco – ci tiene a ricordare – è stato abbassare il livello di decibel consentiti. La verità – ammette Italia – è che i controlli e le azioni di contrasto e di rilevazione dell’inquinamento acustico sono molto complicati e gli strumenti che l’ordinamento ci consente sono poco efficaci». 

Marta Silvestre

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