La notizia della costruzione di una chiesa sulla costa antistante l’isola di Capo Passero, nel Comune di Portopalo (Siracusa), ha provocato una nuova ondata di commenti su blog – a sollevare la questione Il post viola – e social network. La memoria è subito corsa a quanto accaduto quasi un anno fa a pochi chilometri di distanza, sul litorale dell’isola delle Correnti, dove è stato dato il via libera alla creazione di un lido sulle ultime dune del Mediterraneo, una zona tutelata da vincoli ambientali. La chiesa, intitolata alla Madonna Greca Eleusa, finanziata dalla Conferenza episcopale italiana, è sorta in pochissimi mesi. La prima pietra è stata posata lo scorso 31 maggio, sono in corso gli ultimi lavori di rifinitura all’esterno e già durante la notte di Natale è stata officiata una prima messa. I commenti si sono concentrati soprattutto sull’aspetto della struttura – che ricorda una barca – e sulla sua posizione, a pochi metri dalla scogliera e a ridosso dello scarico fognario comunale. Una lunga diatriba che ha visto lo stesso parroco, don Gianluca Manenti, intervenire con veemenza sull’argomento.
A tentare di fugare qualsiasi dubbio sulla creazione della chiesa contribuisce la richiesta avanzata venerdì scorso da parte del circolo locale di Legambiente di accedere agli atti relativi alla costruzione. Progetto, pareri, nulla osta, «presumiamo che la chiesa abbia avuto tutte le autorizzazioni previste – spiega il presidente Salvatore Maino – Riteniamo che a seguito della polemica, che comunque c’è stata, e a prescindere dal concetto di bellezza che ognuno di noi può esprimere, abbiamo il diritto-dovere di chiedere, per la trasparenza degli atti pubblici, tutta la documentazione al Comune e alla soprintendenza, per confutare certamente ogni dubbio».
Il coordinatore del circolo Scieri e muciare aveva già cercato di fare chiarezza attraverso Facebook: «La nuova chiesa non è lo Scialai – ha scritto Maino lo scorso 4 gennaio riferendosi al criticatissimo lido – una storia bruttissima che grida vendetta, ma evidentemente irrisolta come tutte le questioni di questa terra», invitando a non confondere le due questioni, anche se accomunate dalla vicinanza territoriale.
Legambiente, prosegue l’ambientalista, «non mette in dubbio che un’opera del genere possa essere stata realizzata secondo tutte le disposizioni di legge previste. Ma trattandosi di un’associazione che tutela interessi diffusi, abbiamo l’onere di richiedere la documentazione». E sgomberare così il campo da qualsiasi sospetto. Anche se, afferma Salvatore Maino, «siamo molto dispiaciuti che la documentazione non sia stata contestuale alla polemica – spiega – Il clero locale, a prescindere dalle ragioni o dai torti, avrebbe potuto semplicemente esibire la documentazione, confutare dubbi e perplessità». La parola adesso passa alle autorità comunali e alla soprintendenza che entro trenta giorni dovranno rispondere alla richiesta, facendo luce in maniera definitiva sulla questione.
[Foto di Violapost]
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