«A Pasqua vince sua maestà, la cassata». Non ha dubbi Carmelo Scimone, pasticcere palermitano celebre per le sue dita d’apostolo, dolce d’origine pugliese dalla caratteristica forma di una falange. «Nella versione originale le dita d’apostolo hanno la crema chantilly, mio padre 25 anni fa le ha reinterpretate sostituendo la crema con la ricotta, ingrediente principe siciliano, e ora in questa versione è un marchio nostro registrato alla camera di commercio». Secondo la leggenda, la forma è dovuta a un divieto infranto nel Medioevo dal priore di un convento, a cui vennero mozzate le dita per aver sottratto questa delizia. Ma a farla da padrone, a Pasqua, è la cassata, dolce barocco per eccellenza, ricco di gusto e di colori, e il dolce più richiesto: «Non può mancare sulle tavole dei siciliani, palermitani in particolare – spiega Scimone – il resto, dal cannolo, al buccellato, fa parte di quei dessert molto richiesti ma quasi dei surrogati della festa», come delle ancelle di sua maestà, insomma.
«Il più simbolico resta l’agnello di pasta reale – aggiunge il pasticcere palermitano – non è considerato propriamente un dolce da pasto, ma lo si compra per celebrare la ricorrenza, è un vero simbolo». Un dolce che ha una sua tipicità nell’agrigentino, a Favara, e che secondo la tradizione viene anche preparato in casa, con gli appositi stampi, un trionfo di mandorle e zucchero proprio della pasta reale o Martorana, così detto dalle suore del convento annesso. In alcune versioni (come quella di Favara) l’agnello ha una farcia che prevede anche i pistacchi e si presenta generalmente infilzato sul dorso con uno stendardo rosso. Rispolverare antiche specialità regionali è un rito riscoperto quest’anno da molti italiani: secondo la Coldiretti, infatti, il 46 per cento delle famiglie si cimenterà con la preparazione in casa dei dolci tipici della tradizione pasquale.
Tra questi, non manca quello che a Palermo si chiama Pupu cu l’ovu, cioè la pasta di pane dolce con l’uovo sodo a vista, che ha forme e nomi diversi a seconda della zona dell’isola: è noto come cuddura nel catanese, oppure palummedda o aceddu perchè ha la forma del cestino o della colomba e in alcuni casi viene ricoperto di glassa e zuccherini colorati. Un dolce povero ma molto antico, considerato di buon auspicio e augurale, con l’uovo che rappresenta sia il simbolo pasquale che la fertilità.
Immancabile, poi, è la colomba: secondo Coldiretti 6 italiani su 10 la portano in tavola, sorpassando cosi il tradizionale uovo di cioccolato al quale comunque non rinunciano la maggioranza degli italiani adulti (51 per cento). Un dolce rielaborato dal celebre pasticcere Fiasconaro in tante versioni: dalla classica a quella al cioccolato, dalla pandorata a quella con le nocciole, per non parlare delle forme più golose con creme da spalmare dai nomi suggestivi. Oro di manna, oro bianco e oro verde per citarne alcune, con glassa, pistacchio, mandorle, e addirittura oro nero, con crema al caffè. Perché alla fine della settimana santa, passato, per alcuni, il momento della penitenza e del digiuno, c’è la certezza – per tutti – del dolce e della festa, anche a tavola.
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