A Palermo la nave della morte, a bordo 52 salme I superstiti: «Oltre 200 chiusi nella stiva senza aria»

Puntualissima. Con il suo carico di vite umane e di morte. È attraccata alle 20.30 la nave svedese Poseidon, impegnata nell’operazione Triton: a bordo oltre 400 migranti, soccorsi al largo delle coste libiche, e 52 salme, le vittime dell’ennesima tragedia dell’immigrazione. Profughi chiusi nella stiva del barcone fatiscente di appena 20 metri e morti soffocati dai gas di scarico dei motori dell’imbarcazione durante la traversata nel Canale di Sicilia. Sul molo ad attendere, vivi e defunti, la task force predisposta dalla Prefettura: medici dell’Azienda sanitaria provinciale, personale della Croce Rossa e della Protezione civile e i volontari della Caritas. Ma anche il team di Medici senza frontiere e gli operatori di Save the Children.

La macchina dell’accoglienza è rodata ormai nel capoluogo siciliano, gli sbarchi si susseguono a raffica. Agli investigatori della Squadra mobile i superstiti hanno raccontato dell’atroce fine dei loro compagni. I testimoni, in gran parte di nazionalità pachistana, hanno ripercorso i drammatici istanti del viaggio di morte. «In una stiva di 20-25 metri erano stipati in 200 – racconta ai giornalisti il pm Geri Ferrara, che si occupa delle indagini sui trafficanti di esseri umani -. Non c’era aria, quelli in stiva erano gli immigrati che avevano pagato meno rispetto agli altri. Uno dei testimoni ha perso il fratello e quattro amici». Costretti a restare sotto bordo con percosse e sotto la minaccia di coltelli, senza la possibilità di respirare. «Quando abbiamo soccorso il barcone di legno la zona della stiva era piena di gente – racconta Mattias Lindholm, portavoce della Guardia costiera svedese – La situazione dentro quei locali angusti era particolarmente difficile. Non c’era più ossigeno e aria da respirare».

Le operazioni di sbarco si sono svolte in modo impeccabile sia a bordo della nave che a terra. Prima sono scese le donne, sette delle quali incinte, e i bambini e poi gli uomini. Per tre profughi è stato necessario il ricovero in ospedale: si tratta di due donne in stato di gravidanza, che presentavano delle emorragie, e un uomo con una ferita allo stomaco. A tutti i volontari hanno fornito scarpe e ai bimbi qualche giocattolo. 

«La vita viene soppressa dagli egoismi europei e da loschi affari da un lato e dall’altro del Mediterraneo – dice il sindaco Leoluca Orlando, accorso al molo per assistere allo sbarco -. E a fronte dei volti felici di chi si è salvato, come la neonata di 40 giorni e i suoi genitori, ci sono 52 corpi morti da identificare. Senza considerare le migliaia di morti nel Mediterraneo di cui nessuno saprà mai nulla. Adesso bisogna usare le parole più dure possibili – conclude -, io non voglio essere complice di questo genocidio nel Mediterraneo. Io e Palermo non vogliamo essere complici». 

Per il presidente della Caritas di Palermo, don Sergio Mattaliano, quello di stasera è «uno degli sbarchi più brutti ai quali ho assistito. Gli scafisti individuati sono sei e sono magrebini. Noi abbiamo seguito 18 sbarchi e questo è uno dei peggiori, i migranti hanno il volto della sofferenza, la traversata non sarà stata per niente facile, sono a piedi scalzi, mal vestiti, disidratati – racconta -. A bordo della ‘Poseidon’ c’erano siriani, ghanesi e nigeriani e qualcuno del Mali. Molti dei migranti che sono arrivati vengono fotosegnalati e smistati in tutte le prefetture italiane che hanno dato disponibilità ad accoglierli e lì poi vengono riconosciuti» conclude Mattaliano.

Dei minori non accompagnati si farà carico il Comune. Per alcuni tunisini e marocchini la strada è quella del rimpatrio, per i soggetti più fragili, come le donne incinte e i parenti di migranti defunti invece la Caritas apre le porte dei suoi centri.  

Alessia Rotolo

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