A Milano si celebra Il Forum del Mediterraneo Mentre in Sicilia il Forum del sottosviluppo…

Lunedì prossimo, a Milano, si apre il terzo Forum del Mediterraneo. Per due giorni – 12 e 13 novembre – la Lombardia farà quello che avrebbe dovuto dare il Mezzogiorno d’Italia, provando a mettere su una politica mediterranea. Di fatto, i lombardi sono e operano nella Mitteleuropea e, in assenza di una classe dirigente meridionale, si sostituiscono al Sud nei rapporti con i Paesi del Mediterraneo.

In quest’azione di sostituzione di un’area del Paese ‘morta’ e senza voce’ si fanno aiutare dal Ministero degli Affari Esteri, dal Ministero dello Sviluppo economico, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla Commissione Europea, dalla Banca Europea per gli investimenti e dal Segretariato dell’Unione del Mediterraneo.(a sinistra, foto tratta da corriereuniv.it)

Si potrebbe ironizzare su Milano ‘culla del Mediterraneo’. Purtroppo c’è poco da ridere, perché, come già accennato, i lombardi prendono il posto di chi non c’è: cioè di noi meridionali.

Leggendo il programma del Forum che si apre lunedì prendiamo atto che ad organizzare il tutto è la Camera di Commercio di Milano. Vi prenderanno parte ben 35 Paesi, naturalmente del Mediterraneo. Si parlerà di strategie economiche per assicurare la crescita economica, l’inclusione sociale, la cooperazione, la mobilità dei talenti, l’imprenditoria giovanile, start up di nuove imprese, i nuovi posti di lavoro.

Lunedì, a Milano, si inaugurerà il Centro Euro-mediterraneo per lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese. Iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Milano, dal Governo italiano, dalla Banca Europea per gli investimenti, in collaborazione con l’Unione Europea e con il Segretariato del Mediterraneo.

Ci sono alcuni dati che, se letti dalla parte del Sud d’Italia e della Sicilia, descrivono le incredibili occasioni mancate dal Sud d’Italia e dalla Sicilia. (a destra, foto tratta da edilportale.com)

Nonostante i rivolgimenti geopolitici del 2011, la sponda del Sud Est del Mediterraneo ha mantenuto, nel complesso, un tasso di crescita superiore al 4 per cento, con punte del 7,6 per cento con riferimento alla Turchia. L’area del Mediterraneo rappresenta, oggi, un mercato di oltre 600 milioni di potenziali consumatori. Insomma, Nord Africa e Medio Oriente sono un target strategico per le attività di import-export di tutta l’Unione Europea. Basti pensare che, nel 2011 – pur con tutti i già citati problemi legati ai rivolgimenti geopolitica (i fatti avvenuti in Tunisia, in Egitto e in Libia, e i disordini che vanno in scena in Siria) – l’interscambio tra l’Unione Europea e questi Paesi è aumentato del 12 per cento, attestandosi su un valore di oltre 320 miliardi di euro.

Non sappiamo se altre Regione del Mezzogiorno d’Italia sono riuscite ad inserirsi in questo grande mercato, partecipando attivamente a tale importante interscambio. Abbiamo, però, il dubbio che il Sud giochi un ruolo marginale, se non insignificante. Mentre la Sicilia – su questo non ci piove – è completamente fuori da questo giro.

Inutile prendersela con i milanesi che ci rubano i rapporti con i Paesi del Mediterraneo: siamo noi siciliani ad essere assenti: i milanesi si limitano a sostituirsi a noi. Ed è inutile prendersela con la nostra classe politica: perché la classe politica della nostra Regione è lo specchio della società siciliana.

Non tutti i siciliani, ovviamente, sono legati a questa politica: ma la maggioranza, sì. E lo si è visto alle ultime elezioni regionali dove, a parte il neo presidente, Rosario Crocetta, e i grillini, di nuovo non c’è nulla. Anzi, una novità c’è: lo spaventoso aumento dei siciliani che non hanno votato: il 53 per cento degli aventi diritto al voto (a cui vanno sommate le schede bianche).

Certo, anche da noi si parla di “inclusione sociale”: sì, nei corsi di formazione professionale finanziati dall’Unione Europea (quasi 300 milioni di euro all’anno!) e gestiti, nell’80 per cento dei casi, dalle società che fanno capo ai parlamentari nazionali e regionali e agli ex assessori regionali al settore.

Anche da noi si parla di “mobilità dei talenti”: ma non – come si fa nel resto d’Europa – per attirare i talenti e inserirli nella realtà economica e sociale di un Paese per farla crescere economicamente e culturalmente, ma – nel caso della Sicilia – per mandarli via dalla Sicilia. Perché nella nostra Isola chi fa bene il Liceo e l’Università o si accoda agli infelici e, perché no?, anche agli ‘asini’ che vanno dietro ai politici per mettersi in coda nel precariato in attesa della ‘stabilizzazione’, o emigra.

Guardiamo la nostra pubblica amministrazione: da quanti decenni non si bandisce un pubblico concorso? In Sicilia, nella pubblica amministrazione, si entra solo seguendo la via del precariato: sette-otto anni dietro ai politici – che ogni anno ‘rinnovano’ il contratto a carico del bilancio regionale – in attesta della ‘stabilizzazione.

Dagli anni del Governo Goria – anno di grazia 1988, articolo 23 della legge finanziaria di allora – fino ad oggi la pubblica amministrazione siciliana ha visto una sequela impressionante di ‘stabilizzazioni’ di personale.

Tutti assunti senza concorso, in barba alla Costituzione italiana. Tutti assunti per tenere in piedi un certo politico che, in circa 25 anni, cambiando poco o nulla, è andato avanti raccogliendo e amministrando così il proprio consenso elettorale.

Clientelismo, clientelismo e ancora clientelismo. Chiude una fabbrica che operava nel settore metallurgico? Tutto il personale prima viene ‘intruppato’ in società ad hoc che operano in convenzione con la Regione e, poi, là dove è possibile, ‘stabilizzato’ negli stessi uffici della Regione. Chiude un negozio che vende scarpe? Non c’è problema: tutti alla Regione. Posti & voti. E guai a chi mettere in discussione questo sistema da sottosviluppati.

C’è da stupirsi, poi – come ha scritto qualche giorno fa una nostra lettrice – se in un importante sito culturale della nostra Isola presti servizio personale che non sa nemmeno cosa sono la lingua inglese, il francese, il tedesco o lo spagnolo? Non, non c’è affatto da stupirsi. C’è da stupirsi se, nei giorni festivi, i custodi dei musei non vogliono lavorare perché debbono andare a ‘schiticchio’? Non c’è da stupirsi.

Come non c’è da stupirsi se oggi, negli uffici della Regione, prestino servizio mille e 800 dirigenti. Avete letto bene: mille e 800 dirigenti! Una cosa da ridere, se è vero che, più della metà di questi, non dirige un tubo. E il bello è che ce ne sono pronti altri 400 o 500 che aspettano la ‘promozione’ sul campo. Così, tutti dirigenti…

Spiace ribadirlo anche in questa occasione: ma questa è oggi l’Autonomia siciliana: uno ‘stipendificio’ per raccomandati, impreparati, dirigenti che non dirigono un tubo, ‘stabilizzati’ e chi più ne ha più ne metta. Tutto questo per mantenere in vita una classe politica meno che mediocre che il consenso lo costruisce non con le idee, ma con le clientele.

Già, le clientele. Anche la Sicilia – voi ora non ci crederete – ha costruito una propria politica ‘estera’ nel Mediterraneo. Dai primi anni del 2000 opera una struttura che si chiama Coppem. Nulla da dire su chi ci lavora. Qualcosa da dire, invece, sui risultati conseguiti da questa struttura che incide, sul bilancio della Regione, per circa un milione di euro all’anno (e forse la cifra è in difetto).

Di cosa si dovrebbe occupare il Coppem? Noi non l’abbiamo mai capito bene: forse di partenariato con i Paesi del Mediterraneo. A che punto è il partenariato della Sicilia con questi Paesi? A buon punto, a quanto sembra, se, da tre anni, è la Camera di Commercio di Milano che organizza il Forum del Mediterraneo…

E che dire dei nostri ‘partner’ in materia di pesca? Risultati “ottimi e abbondanti”: negli ultimi mesi ben quattro pescherecci di Mazara del Vallo sono stati sequestrati da tunisini, egiziani e libici.

Un ‘grande successo’, insomma, la politica estera della Regione siciliana degli ultimi dieci anni, no? Un ‘successo così ‘eclatante’ e così importante che, a Mazara del Vallo, cova sotto la cenere una rivolta che la politica siciliana nemmeno immagina.

I pescatori (non solo quelli di Mazara, ma anche quelli di altri centri della Sicilia) sono sul piede di guerra. La marineria mazarese ha chiesto all’Unione Europea un risarcimento di 90 milioni di euro. Tra sette giorni, se non arriverà una risposta, dopo i ‘Forconi’ di terra, avremo anche i ‘Forconi’ del mare.

Giunti a questo punto non ci resta che lanciare un appello al nuovo presidente della Regione, Rosario Crocetta, che sta dimostrano – e noi gliene diamo atto – autonomia dal fallimentare, vecchio mondo politico siciliano.

Egregio presidente: serve una svolta: negli uffici della Regione, tra una dirigenza pletorica, nell’alta burocrazia, nei rapporti con il Mediterraneo. Tocca alla Sicilia, tocca al Sud d’Italia – e non solo a Milano – ragionare sulla politica mediterranea. A cominciare dalla pesca. Organizzando a Mazara del Vallo una Conferenza Euromediterranea sulla pesca.  

Il Governo che l’ha preceduta – un pessimo Governo – per oltre tre anni non ha nemmeno trovato il tempo di nominare il dirigente generale del dipartimento Pesca. I risultati si vedono, con i pescatori di Mazara del Vallo all’esasperazione.

Da lei ci sia aspetta una svolta radicale. Trovi gli uomini giusti – ed è apprezzabile la pazienza con la quale sta allestendo una squadra di altro profilo culturale e politico – e dia il via a una ‘rivoluzione’. La Sicilia ha bisogno di voltare pagina. Per davvero.

 

 

 

 

 

 

Redazione

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