A Lampedusa una economia fondata sul business immigrati?

Dolore, rabbia, tristezza, indignazione. Sono questi i sentimenti che gli italiani hanno provato dinnanzi alla tragedia di Lampedusa: 319 i corpi recuperati finora. Ne mancano all’appello almeno 80. Insomma, un vero e proprio dramma che ci ha sconvolto e che si è consumato sotto gli occhi di tutto il mondo.

Sappiamo che i morti ogni anno nel Mediterraneo sono tantissimi. Questa volta, però, la notizia ha suscitato maggiore clamore, perché i morti sono tanti e sono stati inghiottiti dal mare in un colpo solo.

Dovere di un giornalista, però, è guardare dietro l’orrore, oltre la pietà, al di là degli scandali. Perché le tragedie alle quali abbiamo spesso assistito in questi anni nascondono interessi non sempre cristallini.

La prima domanda da cui partire è la seguente: perché gli immigrati vanno a finire a Lampedusa? Forse anche nei loro Paesi è arrivata l’eco della bellezza di quest’isola? Certo che no. Non sono turisti. La verità è che sulla più grande delle Pelagie non arrivano, ci vengono portati. A parte il caso di quest’ultima tragedia, i barconi vengono intercettati a numerose miglia dalla terra ferma.

La Guardia costiera affronta viaggi lunghi ore per andarli a prendere.  Pietà umana? Saremmo troppo ingenui a crederlo. Vuoi vedere che anche dietro gli immigrati c’è l’odore acre del business? Non solo nei loro paesi dove devono pagare anche mille euro e più per le traversate, ma anche qui, da noi.

Intanto va detto che non è vero che l’Unione Eur opea non interviene finanziariamente in favore dei migranti. L’Unione Europea non ha una politica per affrontare il problema dell’emigrazione, questo è il problema.  Ma, ogni anno, co-finanzia all’Italia tanti interventi. E lo fa a suon di decine e decine di milioni di euro. Prima di andare avanti in questa nostra ricognizione che farà indignare i professionisti del soccorso, ricordiamoci tutti che per ogni euro speso dall’Unione Europea e dall’Italia per il problema dei migranti c’è, dall’altra parte, qualcuno che incassa.

Detto in parole nude e crude, con i soccorsi non mancano le figure che ci guadagnano. E molto. Chi? Onlus, patronati, cooperative, esperti nel settore dell’emergenza. E, ancora, chi noleggia aerei e traghetti. Per finire agli operatori turistici di Lampedusa che non disdegnano di lavorare con volontari, giornalisti, agenti, personale delle organizzazioni non governative, personale della Protezione civile, della Croce rossa e via continuando. Nel 2011, l’anno più drammatico, l’anno della ‘Primavera araba’, gli sbarchi in Italia conseguenza delle sanguinose rivolte nordafricane sono costati al nostro Paese un miliardo di euro.

E ordinariamente? C’è da gestire la cosiddetta prima accoglienza: acqua, cibo, vestiti, coperte, farmaci e ricoveri. Per quelli che restano in Italia ci sono le spese legali, l’ordine pubblico, l’assistenza (medici, psicologi, interpreti, mediatori culturali). Tanti rifugiati chiedono asilo all’Italia. E il nostro Paese, com’è giusto che sia, li accoglie. A differenza di altri Paesi europei che se ne fottono (non troviamo un’altra parola diversa). Poi c’è l’integrazione. In tre anni – dal 2011 a quest’anno – l’Italia ha stanziato circa 50 milioni di euro per integrare 3000 persone attraverso il Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati. In pratica, 5 mila euro l’anno per ogni rifugiato. L’Europa interviene finanziariamente, anche se in parte.

C’è anche il l Fondo europeo per le frontiere esterne. Soldi destinati alle forze di sicurezza di confine (Capitanerie di porto, Marina militare, Guardia di finanza). In totale sono circa 30 milioni di euro all’anno. Altri 14,7 milioni del Fondo per l’integrazione. E altri 7 milioni di euro dal Fondo per i rimpatri. Quindi il Fondo per i rifugiati: 7 milioni l’anno scorso più altri 5 milioni per l’emergenza.

Tutti questi soldi tirati fuori dall’Unione Europea sono il co-finanziamento: risorse che si aggiungono a quelli stanziati dallo Stato italiano, che sono altrettanti, se non di più.

Le organizzazioni che operano in questo settore sono autorizzate dal ministero dell’Interno che approva i progetti che vengono selezionati attraverso concorsi pubblici. Questi soldi finiscono in fondi spese destinati non ai migranti, ma ai volontari e ai professionisti impegnati in questo settore. Indirettamente finiscono agli albergatori e ai fornitori di altri servizi.

Poi ci sono gli operatori sociali. Sono quelli che illustrano ai migranti i loro diritti. E li mettono in contatto con altro personale: interpreti, avvocati e altre figure, naturalmente da retribuire. Sono questi che organizzano la permanenza dei migranti nel nostro Paese. O li aiutano a proseguire il loro viaggio della speranza verso altre mete.

Sono tutti lì a pigliare soldi nel nome dei migranti? Non tutti. Terre des hommes e Medici senza frontiere operano con fondi privati. Gli altri, invece, lavorano con fondi pubblici pagati con le tasse gli italiani e con i fondi europei che sono pagati sempre dalle tasse degli italiani. Nessuno lo vuole ammettere, ma dietro l’ ‘assistenza’ ai migranti si è già stratificata un’organizzazione fatta di apparati con avvocati, operatori sociali, uffici stampa, attivisti per i diritti umani.  Ce n’è abbastanza, insomma, per esercitare pressioni sui governi per chiedere risorse. E magari costruire pure qualche carriera politica.

Nei giorni scorsi, una voce controcorrente ha detto che in Italia gli immigrati, oltre che riceverli, si vanno a cercare in mezzo al mare. Subito gli sono saliti addosso. A pensarci bene, tutta questa sarabanda andrebbe rivista. Da cima a fondo. Soprattutto se poi, in tanti, ci lasciano la pelle.

Un’altra conferma del giro d’affari è l’ultima decisione del Governo nazionale dell’Ue : lo stanziamento di 210 milioni di euro. Come ha giustamente osservato ieri sera Michele Santoro durante la trasmissione ‘Servizio pubblico’, bisogna capire a chi andranno questi soldi: su 40 euro, 8 vanno ad un immigrato, 32 a chi fornisce assistenza.

Non sarebbe  meglio farla finita? Spendere soldi per garantire servizi, ospedali e scuole a Lampedusa invece di alimentare queste tratte che fanno la fortuna di pochi sulla disgrazia di molti?

 

Redazione

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