Senza un territorio efficace, con una rete di emergenza e urgenza e assistenza sanitaria h24 adeguata, la rimodulazione della rete ospedaliera è destinata a fallire. Il caso Catania, ne è un esempio chiaro: 6 medici di continuità assistenziale (la cosiddetta guardia medica), in due postazioni, per 350.000 abitanti e la notte si scarica tutto sull’emergenza urgenza, con intasamento dell’unico, e vecchio, Pronto Soccorso ancora operativo nel centro della città. Questa la denuncia emersa nel corso del Convegno che si è tenuto, oggi a Catania, alla Baia Verde, organizzato dalla Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu e dal titolo: “Le criticità del territorio e la rimodulazione della rete ospedaliera”.
La denuncia di Fismu arriva anche da Nino Rizzo: “Su Catania città operano, di notte, solo 6 medici, in due postazioni (senza diagnostica di base), una a San Giorgio e una in Corso Italia, con una bacino di utenza di circa 350 mila abitanti. Il centro storico ad alta densità di popolazione, spesso anche anziana, è totalmente scoperto e chiaramente ricorre costantemente al 118.Un esempio di desertificazione di servizi (e diritti) del Centro, quello popolare, meno protetto! Partiamo da qua, per inquadrare la situazione”.
A partire dei primi giorni di aprile, rileva Fismu, anche nella relazione di Rosario di Carlo, è previsto il trasferimento del Dipartimento Materno-Infantile dei P.O. del S. Bambino, del P.S. Pediatrico, della Rianimazione, dei Servizi diagnostici e progressivamente di tutte le Unità ancora presenti nel vetusto Ospedale Vittorio Emanuele. Finalmente si completa così un piano fortemente voluto, e anche sperato, sia chiaro, di decentramento dei grandi ospedali dal centro della città. Tuttavia si è in attesa del costruendo Dipartimento delle emergenze, i cui lavori sono appena iniziati, rimane, quindi, a presidiare la città il vecchio pluri-ristrutturato Pronto Soccorso dell’Ospedale Garibaldi centro, solo per i pazienti adulti, al di sopra dei 14 anni, mentre per i pazienti pediatrici necessiterà andare in periferia (Nesima, Librino e Cannizzaro)”
“Lo stesso P.S. Garibaldi centro, già ben al di sotto dei limiti accettabili della vivibilità per utenti e operatori – spiega Emanuele Cosentino – si ritroverà a gestire tutti bisogni di salute del centro cittadino e di chi lo vive di giorno e di notte considerato che sempre più Catania viene vissuta per 24 ore su 24 non solo dai suoi abitanti, ma da studenti e lavoratori fuorisede e soprattutto da un afflusso turistico progressivamente crescente. Anche il 118 e le sue Ambulanze sono e saranno ulteriormente impegnate nell’arco delle 24 ore. Già, ad oggi, ancora prima della fine del 3° mese dell’anno, gli interventi effettuati dalle MSA, Ambulanze medicalizzate cittadine, hanno superato i 4.000 mentre quelle di base, assieme alle eccedenze, hanno superato abbondantemente i 10.000”.
“Purtroppo – aggiunge il vice segretario regionale Fismu – bisogna rilevare che oltre 60% degli interventi effettuati dal 118 costituiscono degli interventi a bassa intensità, e cioè codici bianchi, trattati a domicilio e senza necessita di ospedalizzazione o per il rifiuto all’ospedalizzazione, o di codici verdi, cioè trasportati in ospedale per le difficoltà (sopra citate) dell’assistenza del sistema territoriale (ADI e Continuità Assistenziale). Il progressivo aumento di tali interventi, non pertinenti al sistema 118, ne determina spesso ritardi e carenze negli interventi in codice giallo e rosso, di specifica competenza del sistema di Emergenza-Urgenza”.
Fismu ricorda che altrettanto accade agli ospedali dove si registra sostanzialmente un’analoga anomalia determinandone, soprattutto in alcuni periodi dell’anno, la paralisi totale, situazione che spessissimo si verifica presso il Presidio Ospedaliero del Garibaldi centro, ormai unico presidio sanitario raggiungibile facilmente dagli utenti autonomamente e dalle ambulanze di base”. Per Fismu è necessario al fine di evitare una prevedibile implosione del sistema, rimodulare l’assistenza territoriale adeguandola ai bisogni di salute del cittadino. Tale obiettivo sarebbe per buona parte raggiungibile attraverso maggiori investimenti in risorse economiche e di personale nell’ADI e soprattutto riorganizzando l’ambito delle cure primarie.
“In particolare – conclude, Teo Raciti – sarebbe necessario riprendere il discorso sui presidi medici di Primo intervento adeguatamente supportati da personale infermieristico e da una diagnostica di 1° livello, allocati presso strutture distrettuali facilmente raggiungibili e riconoscibili, ben pubblicizzati, funzionati per almeno le 12 ore diurne e affidati alla Continuità Assistenziale, spesso sottoutilizzata e scavalcata, finalizzati ad intercettare i codici bianchi e verdi, che costituiscono un gravoso ma inopportuno impegno per i P.S. Ospedalieri e per il 118, allungandone i tempi del soccorso ai casi più complessi, altresì assorbendo incongrue risorse in termini economici e di personale”.
(Fonte: Comunicato stampa Federazione italiana sindacale medici uniti)
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