Dal tentativo di fare da pontiere per ricucire lo strappo con i colleghi dissidenti allo scontro con una di loro, con tanto di accusa – proprio lui che dell’impegno verso l’ambiente ha fatto il proprio cavallo di battaglia – di avere voluto regalare sette milioni e mezzo di euro a una discarica. Per Giampiero Trizzino le ultime settimane sono state particolarmente calde. Ma d’altronde è tutto il Movimento 5 stelle a essere andato in ebollizione, finendo per fare saltare il coperchio di una pentola che non era testata a reggere una pressione così elevata.
Trizzino, che gliene pare di questo Attiva Sicilia?
«Per adesso possiamo dire che il nome si presta a diversi giochi di parole. Qualche esempio è iniziato a circolare sul web».
Durante la conferenza stampa di presentazione i suoi ex colleghi si sono tolti più di un sassolino. E anche se nomi non ne sono stati fatti diciamo che lei è tra gli indiziati.
«A cosa si riferisce?»
Partiamo dalla fine: la finanziaria. Angela Foti l’ha accusata di avere voluto dare soldi a fondo perduto a una discarica.
«Ho provato a farglielo capire in tutti i modi, ma si è rivelato inutile. Se il Movimento 5 stelle ha votato contro il suo emendamento che reintroduceva il prestito, non è perché volessimo a tutti i costi regalarli i soldi ma perché la norma di Foti era collegata a un articolo che parlava di fondi Poc. E con i fondi Poc non puoi fare prestiti. C’era il rischio che la norma in quella forma venisse stoppata e non mi potevo permettere questo rischio».
Dare 7,5 milioni a un Comune come quello di Palermo ancora molto indietro con la raccolta differenziata non rischia di essere diseducativo?
«Anche in questo caso è stata raccontata una storia incompleta. La discarica di Bellolampo è gestita dal Comune di Palermo, ma accoglie l’immondizia di tanti altri Comuni. In passato lì ha conferito anche Comuni della provincia di Catania. Trova così strano che per gestire il percolato possano essere utilizzate somme supplementari a quelle ricavate dalla Tari che pagano i residenti di Palermo?»
Restiamo sui rifiuti: i cinque che hanno lasciato il Movimento hanno criticato l’affossamento della riforma del governo attraverso il voto segreto.
«Io vorrei capire cosa ci sia di scandaloso nel chiedere il voto segreto se è il regolamento dell’Ars a consentirlo. E poi sarebbe ora di smetterla con la retorica e con le allusioni al fatto che avere bocciato il ddl ha significato fare un favore alla criminalità organizzata, perché la riforma dei rifiuti tutto può fuorché combattere la mafia nei rifiuti».
Perché?
«Semplicemente perché non è lo strumento adatto. Con quella legge si può intervenire sulle governance, sulla definizione degli ambiti, di certo non si bloccano eventuali infiltrazioni. Le autorizzazioni per la realizzazione degli impianti vengono date dal governo e dagli uffici, di certo non dal legislatore. Musumeci, piuttosto, avrebbe uno strumento molto più efficace e a portata di mano, ma non lo usa».
A cosa si riferisce?
«Al piano regionale dei rifiuti. Lo hanno approvato in giunta, ma in Ars ancora non è finito. Il codice dell’ambiente consente al governatore di stabilire quali siano le aree non idonee alla realizzazione degli impianti così come di dire quali tecnologie sono accettate e quale no. Però non se n’è più parlato».
Secondo lei, come mai?
«Nei mesi scorsi, a seguito dell’inchiesta su Arata e Nicastri, pare siano emerse pressioni sulla definizione del piano dei rifiuti. Ecco, spero che non c’entri questo».
Ma cosa aveva che non andava il disegno di legge del governo?
«Tante cose ed è il motivo per cui l’abbiamo bocciato. Solo per farle un esempio: pretende di definire gli ambiti su base provinciale, un criterio che fa a pugni con qualsiasi concetto di economia di scala e su cui si è pronunciata anche la Corte dei conti. Al contempo, però, rende più semplice la lottizzazione politica delle cariche».
I vostri ex colleghi vi accusano di esservi chiusi nel ruolo di oppositori, precludendovi la possibilità di collaborare con la maggioranza per migliorare le leggi.
«Questa è un’altra ricostruzione che non risponde a verità. E lo dimostra la riforma urbanistica attualmente in discussione. L’assessore Cordaro ha accolto i nostri suggerimenti e al momento ci troviamo con un ddl che farebbe davvero cambiare in meglio la situazione in Sicilia. Già oggi posso dire che se l’impianto della legge rimarrà così non avremo problemi a votarla».
Ma allora secondo lei il motivo dell’addio sta nel cercare un modo per ricandidarsi per la terza volta?
«Molti direbbero di sì, io invece dico che la voglia di ricandidarsi e superare il limite del secondo mandato ha avuto un ruolo marginale. Li conosco da anni e non sono persone che si approfittano di questa situazione. Adesso potranno ricandidarsi, ma non credo sia stato questo a spingerli a fare questo passo. Credo semplicemente fossero stanchi di una situazione che si è protratta per troppo tempo».
Sembra quasi li capisca.
«No, questo no. Non ho compreso quel riferimento alla mancanza di dialogo, quando in realtà sono stati loro a non accettare di allinearsi al pensiero della maggioranza del gruppo. Quando il Movimento 5 stelle a Roma ha votato per salvare Salvini dal processo sulla Diciotti io non ero d’accordo, l’ho detto, ma non per questo ho lasciato il partito».
Come si comporterà Attiva Sicilia nei confronti del governo?
«Per me saranno una stampella della maggioranza».
In cambio di cosa? Dicono che non accetterebbero posti in giunta.
«Alla fine della conferenza mi è parso di sentire che non abbiano escluso l’interesse per qualche presidenza di commissione. Non sarebbe poco».
Che ne pensa di chi dice che se ci fosse stato ancora Giancarlo Cancelleri questa spaccatura non si sarebbe concretizzata.
«Dico che sia noi che loro abbiamo un’età tale da sapere gestire i conflitti. Se alla fine è andata così è solo perché evidentemente per loro non era più possibile rimanere».
Dopo questa rottura come sarà il rapporto tra voi?
«Dal punto di vista politico lo scopriremo. Da quello umano, già dopo l’ufficializzazione del nuovo gruppo ho scritto a molti di loro. Sono due piani diversi».
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