Una macchina amministrativa enorme, che da sola vale circa 110 milioni di euro l’anno e che conta oltre tremila dipendenti, di cui circa 200 funzionari amministrativi e circa tremila autisti soccorritori. È la Seus, la società partecipata che gestisce il servizio di emergenza-urgenza sanitaria in Sicilia, finita sotto i riflettori negli scorsi giorni per il rinnovo della convenzione da parte della Regione. Una vicenda, almeno questa, risolta con una proroga-ponte della durata di due mesi, al termine dei quali sarà siglato il contratto di servizio. Una macchina che richiede capacità gestionali non indifferenti sotto il profilo organizzativo, nata durante la guida di Massimo Russo all’assessorato alla Salute e gestita oggi da un solo uomo al comando, il presidente Gaetano Montalbano, già candidato nelle liste del Megafono e vicino al governatore Rosario Crocetta.
Ad accendere nuovamente i riflettori sull’assenza di governance nella partecipata è il presidente della commissione Sanità all’Ars Pippo Digiacomo, che proprio nei giorni in cui di Seus si parlava esclusivamente in funzione del rinnovo del contratto di servizio, ha tuonato contro le mancate nomine. «Non conosco nessuna azienda al mondo – sottolinea – con una spesa di cento milioni di euro l’anno e oltre tremila dipendenti che navighi a vista per anni, nell’incertezza e nella precarietà. Vale la pena ricordare che il 118 è parte integrante del servizio sanitario regionale, strategico e di enorme delicatezza: con tutte le sue antiche pecche, è uno dei migliori d’Italia. Si proceda dunque senza ulteriori indugi alla definitiva strutturazione dell’azienda, senza mettere ulteriori pezze». Parole, quelle di Digiacomo, che non sono passate inosservate e che aprono uno squarcio enorme nella gestione dell’emergenza-urgenza in Sicilia. A cominciare dalle rivendicazioni dei sindacati, che denunciano come l’assenza di una governance strutturata comporti ripercussioni sulla qualità del servizio.
Le difficoltà gestionali
Ad oggi, all’interno di Seus risultano vacanti le poltrone del dirigente generale, del direttore sanitario e del direttore amministrativo. Secondo la denuncia dei sindacati (Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Fials), oltre ai vertici aziendali sarebbe da registrare anche «l’assenza di figure organizzative intermedie e la mancata attuazione del piano industriale». Con evidenti ripercussioni sia nella gestione del personale che sul piano delle attrezzature. A cominciare dal parco ambulanze troppo vecchio, secondo i sindacati, e destinato a far lievitare i costi di manutenzione delle vetture. C’è anche la «disomogenea distribuzione del personale – mettono ancora nero su bianco – rispetto ai fabbisogni, con impatto sulle dinamiche di organizzazione e gestione delle risorse umane». I turni, insomma, non funzionano come dovrebbero e inizia così il valzer delle ore di lavoro straordinario. Colpa, anche, dell’assenza di turni di reperibilità, che renderebbero la gestione del servizio più agevole. A fronte di queste carenze, sottolineano ancora i sindacati, non si è ancora provveduto a ricollocare il personale inidoneo a prestare servizio a bordo delle ambulanze all’interno del servizio sanitario regionale. Con il superamento delle guardie mediche e la riorganizzazione della medicina generale, le postazioni del 118 in alcune aree territoriali rappresentano l’unico presidio di assistenza sanitaria. «L’assessorato alla Salute – concludono i sindacati – ha già condiviso due piani industriali, mai pienamente attuati per ragioni incomprensibili, e ha trascurato le esigenze gestionali della Seus abbandonandola al suo destino, alla gestione solitaria e alla buona volontà del presidente».
Un uomo solo al comando
È il 14 dicembre 2014 quando l’allora direttore generale della società, Angelo Aliquò, rassegna le dimissioni dall’incarico, meno di un anno dopo la sua nomina. Il giorno successivo arrivano sulla scrivania di Gaetano Montalbano anche le dimissioni di Dino Alagna, il direttore sanitario. Alla scadenza del mandato, non si parla di rinnovo nemmeno per Germana Greco, direttrice amministrativa della società. Da allora, a guidare Seus resta soltanto Montalbano. Al momento delle dimissioni, Aliquò ha provato a smorzare i toni della polemica, ma il re è ormai nudo: «Sotto di me – ammette – ci sono solo soldati semplici, così l’azienda non può funzionare». Secondo Aliquò, le cause non vanno rintracciate né nell’azienda né nella politica: «Il problema – dice – è una certa burocrazia». Anche il presidente della commissione Sanità, Pippo Digiacomo, parla allora di una «cricca» che avrebbe interesse ad affossare la società. Non passano nemmeno 24 ore e a gettare la spugna è il direttore sanitario: «Così com’è – sottolinea Alagna – Seus non può funzionare. Non esistono quadri intermedi che possano occuparsi anche di aspetti logistici o legati alla flotta delle ambulanze». Da quelle dichiarazioni, è già trascorso un anno e mezzo. E, da allora, la società naviga a vista, senza che l’argomento sia più stato sollevato. Fino alla scorsa settimana, quando Digiacomo, dopo l’audizione del presidente di Seus a proposito del rinnovo della convenzione, invita alla ricostruzione della governance e «subito dopo alla redazione di un piano industriale che dia certezze al futuro dell’azienda e alla qualità del servizio». C’è di più: «Chi ha in mano la responsabilità organizzativa e gestionale della società? – dichiara Digiacomo a Meridionews – Chi ha messo nero su bianco il dettaglio delle spese richiesto dalla ragioneria generale della Regione?».
La norma blocca cda
A sentire la società, però, una spiegazione ci sarebbe. Dopo le dimissioni di Aliquò, infatti, si è cercato di chiarire se fosse obbligatorio attingere all’albo delle società partecipate dalla Regione o meno. Un parere, quello richiesto da Seus, che non sembra avere sciolto del tutto il quesito. In ogni caso, contestualmente subentra la legge regionale che prevede l’abolizione di tutti i consigli d’amministrazione nelle partecipate regionali e l’istituzione della figura di un amministratore unico per ciascuna società. Naturalmente alla scadenza degli incarichi in corso. Insomma, «nominare a questo punto un nuovo direttore generale – si sussurra tra i corridoi di Seus – sarebbe assurdo, tanto vale attendere la scadenza del mandato del presidente», che resterà in carica per un anno ancora. Per un totale di due anni e mezzo di stallo. Tecnicamente, il passaggio a un’unica figura apicale sarà possibile soltanto dopo una modifica statutaria, alla quale comunque dalla società assicurano di stare lavorando. È chiaro che le dicerie sulla vicenda non sono poche, ma nessuno, al momento sembra volersi sbottonare sul piano politico. In molti, però, tra i corridoi di palazzo dei Normanni guardano alla vicenda col calendario alla mano: la scadenza dell’incarico di Montalbano non arriverà prima di un anno, cioè in piena campagna elettorale. «Non è da escludere – sussurrano i più maliziosi – che la scelta di non decidere sia strategica. Quella poltrona vacante in campagna elettorale farebbe gola a molti».
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