Mafia, il dirigente regionale amico di Rinzivillo Tra affari, richieste di intimidazioni e timpulate

A Palermo dirigente tecnico dell’assessorato regionale all’Agricoltura, e responsabile della ripartizione faunistica venatoria di Enna. A Gela e non solo, secondo la Procura di Caltanissetta, un uomo fidato del clan dei Rinzivillo e del suo capo Salvatore. Il doppio volto di Filippo Guarnaccia emerge dalle carte dell’inchiesta Extra fines, che una settimana fa ha portato all’arresto di quasi quaranta persone ritenute legate al gruppo di Cosa nostra. Clan che, dalla città del golfo sarebbe riuscito a estendere i propri affari fino a Roma, Milano e addirittura in Germania.

Laureato in Geologia, il 62enne sarebbe stato tra le figure di riferimento di Salvatore Rinzivillo per ripulire il denaro sporco della cosca, grazie alla F.lli Guarnaccia Immobiliare, società con sede a Rapolano Terme, in provincia di Siena. Legale rappresentante dell’impresa è uno dei tre figli del dirigente regionale, anche se secondo gli inquirenti la vera regia sarebbe stata dello stesso Rinzivillo e di Antonio Passaro, esponente del clan Emmanuello già condannato per mafia. «Che la società sia riconducibile agli interessi mafiosi risulta dalla emergenze investigative – scrive il gip David Salvucci -. La F.lli Guarnaccia è stata costituita il giorno successivo a un incontro avvenuto presso l’abitazione gelese di Rinzivillo, tra quest’ultimo, Guarnaccia, il figlio e Passaro. Alla coincidenza temporale – continua – si aggiungono due conversazioni tra Rinzivillo e Guarnaccia, nel corso delle quali quest’ultimo, sempre alla presenza di Passaro, aggiornava il boss gelese in ordine alla conclusione di un affare».

I due ne parlano al telefono il 19 maggio di quest’anno. «Abbiamo mandato l’atto notorio alla banca, forse mercoledì ce ne andiamo a Bucarest per andare a firmare», spiega Guarnaccia a Rinzivillo. Poco prima di chiedere al reggente del clan informazioni su una questione riguardante il figlio. Sull’argomento, Rinzivillo dice al giovane: «Il tuo curriculum me lo stanno girando un pochettino». Per gli inquirenti, il reggente del clan avrebbe promesso di impegnarsi a favorire l’ingresso del figlio del dirigente in un settore diverso da quello immobiliare. 

I Guarnaccia vedono Rinzivillo anche a Roma. Accade il 20 luglio 2016, in un bar nei pressi della stazione Termini. All’incontro, monitorato dagli investigatori, prende parte anche un dipendente del Dipartimento per risorse strumentali e finanziarie del ministero degli Interni. Il dirigente regionale, inoltre, non esita a contattare Rinzivillo anche usando il telefono di servizio della Regione. Anche se poi, quando c’è da accompagnare il reggente a Palermo, la città in cui lavora, Guarnaccia manda il figlio. «Si è fatto accompagnare – spiega il gip – per incontrare un mafioso del luogo nell’interesse della società (immobiliare, ndr). Ciò che appare significativo è il fatto che Guarnaccia neppure chieda a Rinzivillo – che lo contattava affinché svegliasse il figlio – la ragione di una convocazione tanto urgente».

Ma tra Guarnaccia e l’esponente di Cosa nostra non ci sarebbero solo questioni di business. I due si cercano anche per altre ragioni. Come quando, a ottobre 2016, Rinzivillo chiede a Guarnaccia di fare da intermediario con Passaro, affinché quest’ultimo intervenga per intimidire il titolare di un locale di Gela, colpevole a suo dire di avere reagito bruscamente alle lamentele di una nipote di Antonino Catania. Ovvero uno degli imprenditori che gli inquirenti ritengono collusi con Cosa nostra. «U sapi chiddru chi cià diri», dice al telefono Rinzivillo. Con Guarnaccia che si mostra disponibile e gli raccomanda di fargli avere il nome della persona da raggiungere. 

Le richieste, tuttavia, capita anche che partano da Guarnaccia. «Emblematica – ricorda il gip – è la conversazione nel corso della quale Guarnaccia sollecitava, senza remora alcuna e mezzi termini, l’immediato intervento di Rinzivillo nella riscossione di un suo credito». Desiderio che, stando alla ricostruzione degli inquirenti, il reggente assicurava di volere esaudire specificando che «avrebbe organizzato un incontro con questo soggetto per trovare un accordo».

Il dirigente avrebbe cercato l’aiuto dei mafiosi anche per risolvere grane altrui. A ottobre 2016, confida a Rinzivillo i soprusi subiti da un macellaio, incapace di pretendere il pagamento della carne presa da un uomo che avrebbe iniziato a fare il gradasso, al punto da fare pensare a una vera e propria estorsione. Comportamento che tanto a Rinzivillo quanto a Guarnaccia non va giù. «Ci amma a parlari nuatri», dice il primo. «Se no ciu dicu direttamente iu», propone l’altro. «C’è un pezzo di babbo ca si veni a pigghia a spisa – spiega il dirigente a Rinzivillo -. Io ci trasiu cu Antonio pi darici quarchi timpulata e iddru addivintà a facci russu niuru ciclamino». La motivazione dell’aggressione è presto detta: «Se ci vai pi pigghiariti un pizzuddru di sosizza con piacere e con tutto il cuore, ma se da sosizza ti pigghi u figatu, ti pigghi fettini, ti pigghi i cosci di pollo, ti pigghi l’hamburger… allora che minchia sta facennu?». 

Così parlava, appena un anno fa, il dirigente della ripartizione faunistica venatoria di Enna accusato adesso di associazione mafiosa. Guarnaccia al momento è stato sospeso dalla sua funzione. «La sospensione scatta automaticamente con la misura cautelare – spiega Luciana Giammanco, dirigente generale della Funzione pubblica -, abbiamo scritto all’autorità giudiziaria per avere il carteggio sul dipendente e capire bene le accuse, vedremo quindi come procedere nei suoi confronti».


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