La rivolta di Agrigento contro Girgenti acque I privati provano ad acquisire il consorzio Tre sorgenti

Mentre a Palermo è stata trovata una soluzione-tampone per 52 Comuni di questa provincia – dopo la gestione dei privati conclusasi con il fallimento della società che gestiva tale servizio, Acqua potabili siciliane -, in provincia di Agrigento infuria la battaglia contro altri privati, protagonisti di un’altra stagione controversa. La maggioranza delle amministrazioni comunali dell’Agrigentino è in rivolta contro Girgenti Acque, la società privata che gestisce ancora il servizio in poco più della metà dei 42 Comuni di questa provincia. È noto che 17 Comuni non hanno mai voluto cedere gli impianti idrici a Girgenti Acque, dando vita a una lunga battaglia legale. A questi 17 Comuni se ne sono aggiunti altri 18-19 (i numeri cambiano da un giorno all’altro, perché i politici siciliani che stanno dietro Girgenti Acque in queste ore provano a tirare dalla propria parte sindaci e consiglieri comunali). I consigli comunali di questi 18-19 Comuni dovrebbero votare le delibere di revoca per chiudere i rapporti con l’azienda. Per tornare a una gestione pubblica, più economica, con bollette meno salate per i cittadini.

I privati, però, non mollano. E stanno cercando, proprio in queste ore, di impossessarsi delle sorgenti e dell’acquedotto del consorzio Tre sorgenti, uno dei più antichi della Sicilia (risale al 1916). I soggetti più forti di questo consorzio sono Licata (che controlla il 27 per cento) e Canicattì (con il 22 per cento). Segue Palma di Montechiaro con il 17 per cento. Quindi altri Comuni con percentuali più piccole. Licata e Canicattì più il Comune di Ravanusa potrebbero essere interessati a guidare la cordata per cedere sorgenti e acquedotto ai privati. In questa fase lo scenario è piuttosto confuso, perché sindaci – e i commissari regionali che guidano Agrigento, Licata e Raffadali – vengono tirati di qua e di là.

In ogni caso, quello che potrebbe succedere è un po’ strano. I consigli comunali di Licata e Canicattì si sono espressi per la gestione pubblica dell’acqua. E sarebbe – appunto – strano se il sindaco, nel caso di Canicattì, e il commissario, nel caso di Licata, dovessero cedere sorgenti e acquedotto ai privati. Ma se Canicattì almeno ha un primo cittadino – Vincenzo Corbo – che pur non essendo in sintonia con il consiglio comunale del suo paese è pur sempre eletto dal popolo, non altrettanto può dirsi per Licata, Comune gestito da un commissario inviato dalla Regione siciliana.

E chi è il commissario del Comune di Licata che in questa vicenda del consorzio Tre sorgenti sta svolgendo un ruolo centrale? Si tratta di Maria Grazia Bandara, ex parlamentare, già vicina all’ex ministro Calogero Mannino, poi vicina a Totò Cuffaro, oggi passata, armi e bagagli, con l’accoppiata Giuseppe Lumia-Rosario Crocetta. Maria Grazia Bandara prima è stata posizionata nel gabinetto della presidenza della Regione e poi è stata nominata commissario straordinario, suscitando qualche perplessità rispetto alle previsioni del decreto legislativo n. 39 del 2013 (legge che nella regione siciliana non sembra molto gettonata: anzi).

«Sono convinto che, alla fine le sorgenti e l’acquedotto del consorzio Tre sorgenti non verranno consegnate ai privati – ci dice il parlamentare regionale del Partito democratico Giovanni Panepinto, eletto nel collegio di Agrigento -. Anche perché un atto del genere dovrebbe avvenire comunque dopo l’approvazione della riforma del servizio idrico». La legge alla quale fa cenno il deputato di Sala d’Ercole del Pd è la riforma che da due anni il parlamento siciliano non riesce ad approvare. Proprio perché forti sono gli interessi di chi non vuole chiudere la fallimentare e berlusconiana gestione dell’acqua ad opera dei privati. Nella scorsa legislatura è stato il governo Lombardo-Pd a favorire la gestione privata dell’acqua. Con una spaccatura che ha attraversato la sinistra siciliana: mezzo Pd in favore dei privati e l’altra metà in favore dell’acqua pubblica. L’attuale presidente della Regione, Crocetta, nel 2012 ha vinto le elezioni regionali impegnandosi a ripristinare l’acqua pubblica. Ma la gestione è ancora nelle mani dei privati. Anche perché in alcune società – e Girgenti Acque è tra queste – ci sono interessi da parte dei politici. «Va comunque precisato – aggiunge Panepinto – che difendere la gestione pubblica dell’acquedotto Tre sorgenti non significa difendere le gestioni passate, spesso poco trasparenti. Vanno cambiate missione e gestione di questo consorzio, puntando su una maggiore autonomia».  


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