Allagamenti e assenza di energia elettrica, linea telefonica e Internet. Sono questi i problemi delle aziende del polo etneo dopo i nubifragi. Effetti che vengono attribuiti ai canali di scolo otturati. «Non c'è manutenzione», dice l'operatore dell'area Paolo Carrasi. Che firma un documento inviato ai magistrati etnei
Zona industriale, esposto in procura su maltempo Imprenditori: «Dobbiamo avere paura del meteo»
«Ogni volta che piove un imprenditore della zona industriale di Catania prova terrore». A confidarlo è il titolare delle società Mediterranea macchine e Trimeccanica Paolo Carrasi. Le aziende si trovano nell’area sud del polo, «che è la parte più colpita a ogni nubifragio», precisa Carrasi. Motivo per cui l’industriale, insieme a un gruppo di colleghi, ha firmato questa mattina un esposto indirizzato alla procura della Repubblica, durante un incontro organizzato da Confcommercio Catania. L’obiettivo dell’atto – il secondo in tre anni – è «sapere almeno a chi attribuire la responsabilità degli allagamenti che si verificano appena piove», spiega Carrasi. «Non si capisce se la questione sia di competenza della Regione Siciliana, della provincia, del Genio civile o del Comune», continua.
Il nodo acqua piovana e disagi non è nuovo né alle cronache catanesi né alle denunce degli imprenditori. «Anche quando la pioggia non è eccessiva i canali di deflusso non riescono a fare scorrere le acque perché sono otturati da spazzatura e detriti vegetali di grossa taglia», dice Carrasi. Una situazione che porta agli allagamenti dell’area «perché nessuno di occupa della manutenzione degli impianti», denuncia l’imprenditore. È questa la ragione che «ci fa sentire totalmente abbandonati». Un isolamento burocratico che si ripercuote su «fatti meramente tecnici perché la conseguenza delle inondazioni, nell’immediato, è la mancanza di corrente elettrica, di linea telefonica e di rete Internet che – sottolinea l’operatore – sono strumenti fondamentali per lavorare».
I disagi si traducono in danni economici importanti perché «in quelle circostanze non si può fare altro che mettere da parte l’attività lavorativa per indossare gli stivali e raccogliere le acque e – prosegue – nei casi peggiori mandare gli operai a casa per giorni e non potere dare seguito agli ordini di altre ditte e alle spedizioni». La situazione è definita «molto delicata perché le compagnie assicurative spesso non pagano i danni dovuti agli allagamenti e agli imprenditori tocca investire sul ripristino delle strumentazioni invece che sulla ricerca o sull’innovazione», denuncia Carrasi.
È per ovviare a questo che gli operatori si organizzano a volte tra loro per pulire in via preventiva i canali di scolo. «Ma non è una cosa che non dovremmo fare noi che paghiamo regolarmente le tasse», attacca. La colpa delle inadempienze «rientra in una serie di concause tra i diversi attori della pubblica amministrazione», dice lui. Ed è per questo «che ci vuole coraggio ad aprire un’azienda a Catania dove basta una pioggia a bloccare la produzione. E questa è una cosa che non succede nemmeno nelle città in cui quattro mesi c’è addirittura la neve». Ma «io personalmente confido che qualcosa cambi, che almeno vengano garanti i servizi minimi come l’opportunità di non dovermi spaventare quando le previsioni meteo mi informano che domani pioverà», conclude.