I dieci arresti che hanno sgominato una banda di pusher che assoldava persino minorenni sono stati accolti con ringraziamenti e complimenti dai residenti. Maggiore Senes: «Questo è un segno tangibile del fatto che qui le cose stanno cambiando davvero»
Zen 2, la piazza di spaccio aperta dalle 8 alle 20 Le mamme del quartiere: «Liberate da un incubo»
Un’attività «incessante» e condotta «senza alcun tipo di freno inibitorio». Non importa chi si trovasse a passare per quei padiglioni dello Zen 2: gente che al mattino presto andava al lavoro, anziani o persino bambini, «i pusher dovevano comunque spacciare», rispettando turni rigidi, precisi. Si attaccava già alle 8 del mattino e si terminava alle 20, quasi fosse «una fabbrica a ciclo continuo», con turni e cambi. Ma in certe serate si poteva trovare qualcuno anche fino alle 22. Un vero e proprio sistema, seppur in piccolo, quello sgominato dai carabinieri, con un bilancio di dieci arresti: sette in flagranza di reato. Fra i dieci arrestati ci sono anche tre diciassettenni che, come gli altri colleghi, si alternavano nei diversi ruoli da ricoprire di volta in volta tra i padiglioni, gestendo a tutti gli effetti l’attività illecita, riuscendo a mettere a segno fino a sessanta scambi in un giorno solo.
Per i carabinieri, presenti nel quartiere da circa dieci anni ormai con la stazione San Filippo Neri, non è stato semplicissimo condurre le indagini, partite nel luglio del 2018. «I carabinieri sono ormai da tempo vicini alle tantissime brave persone del quartiere, sono conosciuti da tutti, quindi è sempre più difficile e complesso svolgere questo tipo di attività – confessa il maggiore Andrea Senes, comandante della compagnia dei carabinieri di Palermo san Lorenzo -. Per questo ci dobbiamo pian piano ingegnare ogni volta. Questa è la quarta piazza di spaccio che viene aggredita, è il quarto gruppo criminale che viene completamente disarticolato all’interno dello Zen 2». Solo l’anno scorso veniva infatti sgominata una banda dedita allo spaccio di eroina e, l’anno prima ancora, di marijuana.
Questa volta la merce prediletta era l’hashish. E per una ragione ben precisa: «Non è una scelta casuale – spiega ancora il maggiore Senes -. È una droga leggera, quindi in molti la spacciano con la convinzione quasi dell’impunità. Ma non è stato così, abbiamo documentato moltissime cessioni di droga, in un giorno i guadagni si aggiravano tra i 500 e i 600 euro». In un mese sono ben 584 gli episodi che infatti i carabinieri riescono a documentare. Malgrado, ogni volta, non fosse semplice neppure scovare l’ennesimo nascondiglio scelto dai pusher per occultare la sostanza. «Una volta erano i serbatoi dell’acqua, un’altra le marmitte delle auto oppure veniva nascosta dentro agli pneumatici delle vetture posteggiate di gente totalmente inconsapevole e ignara di tutto. Abbiamo alternato l’attività informativa con quella poi di analisi e di videosorveglianza».
Ma oltre a cosa spacciare, non è stata casuale neppure la scelta di assoldare tra le proprie fila di spacciatori pure gli adolescenti. «L’impiego dei minorenni è vista dal pusher di esperienza come un’attenuante, in combinazione sembra con la droga di tipo leggero. Ma in realtà è esattamente il contrario, anzi esiste proprio un’aggravante specifica». I pusher hanno fatto male i propri conti insomma. Ma i minorenni non sono solo tra chi spaccia per i padiglioni. «I clienti erano pendolari che arrivavano anche da altri parti della Sicilia, tra loro c’erano anche ragazzini di 15-16 anni – dice il maresciallo Senes -, fino ai cinquantenni-sessantenni». Intanto, sono proprio le mamme del quartiere oggi a contribuire a quel volto nuovo che, piano piano, sta assumendo lo Zen.
Sono loro, infatti, che quando «si rendevano conto di un arresto in flagranza o di un nostro intervento, ci ringraziavano», racconta oggi il militare. «Ci avete liberato da un incubo», avrebbero detto mamme e altri residenti ai carabinieri. «Tante persone ci hanno detto che vogliono un intervento nostro perché loro non possono direttamente dare informazioni. Tantissimi cittadini perbene ci hanno ringraziato e hanno capito l’importanza dell’operazione, il quartiere sta cambiando – ne è convinto il maggiore Senes -, ormai la stazione San Filippo Neri è nel quartiere da dieci anni. Stiamo lavorando e non solo con l’attività repressiva ma anche preventiva, e soprattutto stiamo facendo capire alla gente che i carabinieri non sono nemici della popolazione ma sono quelli che dovrebbero far vivere meglio le persone oneste che lavorano e vogliono vivere in serenità».
Non c’è stata, quindi, una vera e propria collaborazione dei residenti. Nessuna segnalazione diretta, «però c’è chi, dopo gli arresti in flagranza, ha chiamato per complimentarsi con noi, mentre altri sono addirittura venuti in caserma per farlo di persona. Sottolineando di nuovo come quella fosse per loro la fine di un incubo, perché così la vivevano», racconta ancora il militare. Resta da chiarire, infine, da dove arrivasse la sostanza da spacciare e dove confluissero, alla fine, tutti quei soldi guadagnati e dove venisse reimpiegato quel notevole volume d’affari. Sembra invece scongiurato del tutto qualunque tipo di legame con Cosa nostra, i militari «non hanno verificato alcun ruolo diretto». «Il nostro obiettivo è di disarticolare la piazza di spaccio sulla strada perché andando a contrastare i pusher contrastiamo un volume d’affari importante – insiste Senes -. È importante contrastare il pusher, specie se c’è un ricambio come in questo caso. È una risposta che noi dobbiamo dare alla cittadinanza».
«È sempre più difficile comunque spacciare – insiste il maggiore -, abbiamo visto un cambio radicale nelle attività di spaccio, prima se andavate allo Zen gli spacciatori erano in ogni angolo delle strade, ora non è più così. Certo, il fenomeno non è stato debellato ancora completamente, ma ci stiamo lavorando». Oltre ai dieci arresti, sono stati anche segnalati ben 41 soggetti come assuntori, «un dettaglio importante – ribadisce Senes -, perché è molto difficile segnalare l’assuntore allo Zen senza che il pusher si accorga dei controlli in corso dei carabinieri, avevamo ideato un dispositivo per fare in modo di fare allontanare il cliente e segnalarlo successivamente, e poi col riscontro d’indagine collegarlo al pusher».