C’era chi pensava che il 28 fosse un ottimo voto, irrifiutabile. E chi invece riteneva inutile sostenere nuovamente un esame con quel professore – sì, proprio quello che tanto non darà mai più di 25 – e che fosse meglio concentrarsi sulla tesi. Magari una bella tesi sperimentale, di quelle innovative, cui si lavora per quasi un anno ma che danno tanta soddisfazione. E servono anche ai fini del voto. Ma questi calcoli oggi rischiano di saltare. Lo sanno bene gli studenti che stanno firmando la petizione proposta giovedì dai rappresentanti della facoltà di Lettere e Filosofia (già oltre 200 le adesioni raccolte, e si proseguirà fino a lunedì). Motivo della protesta, le nuove norme che incideranno sul voto di laurea, rendendo più difficile arrivare al 110 per l’abbassamento del punteggio massimo assegnato alla tesi, che scende improvvisamente da 11 a 5 punti.
Non si tratta in realtà di una proposta nuova. Nel settembre del 2006, infatti, il Consiglio di Facoltà aveva già deliberato di assegnare ai laureandi per la prova finale, non più di 5 punti. Il motivo? L’eccessiva facilità con cui fino a quel momento, a detta di docenti e anche studenti, venivano elargiti alle tesi ben 11 punti. Meno punti, più prestigio al voto di laurea, insomma. Si arrivò però, allora, a un compromesso: va bene ridimensionare, ma solo a partire dai prossimi iscritti, perché siano chiare le regole del gioco e per non penalizzare chi ha condotto il proprio percorso di studi basandosi sulle vecchie norme.
Sarà proprio la prossima sessione si laurea, quella del giugno 2009, a veder nascere il nuovo sistema. E qui cominciano i problemi. Già nella scorsa seduta di laurea si era creata una certa confusione: ad alcuni studenti era stato assegnato un massimo di 5 punti, ad altri un massimo di 11. Il 29 maggio il Consiglio di facoltà di Lettere ha quindi deliberato di applicare i nuovi punteggi, più restrittivi, per tutti i candidati, senza più distinzione per l’anno di immatricolazione.
In questo modo però il provvedimento diventa retroattivo, e finisce per colpire laureandi che avevano organizzato la propria carriera, e magari anche scelto una tesi particolarmente impegnativa, sapendo di agire nel quadro delle vecchie norme. Immediata la protesta dei rappresentanti studenteschi in consiglio di Facoltà, Maria Cristina Gagliano e Damiano Pagliaresi: «Bisognava evitare che si modificassero le “regole d’ingaggio”, non è possibile scoprire che le cose stanno diversamente quando è ormai troppo tardi». Pagliaresi precisa che la nuova procedura è stata approvata «un giorno dopo il termine della consegna delle tesi. E’ inammissibile che i patti vengano cambiati quando ormai gli studenti non possono fare più nulla».
Secondo i nuovi criteri, bisognerebbe avere una media del 28,8 per raggiungere il 110. Viene inoltre annullata la differenza tra tesi sperimentale e compilativa. «E io che ho lavorato un anno per la prova finale, devo avere gli stessi punti di chi ha fatto il riassunto di qualche libro?» è il coro unanime degli studenti.
Sui forum studenteschi c’è una comprensibile aria di sbandamento. I laureandi hanno opinioni diverse sulla validità della norma in sé. Ma quasi tutti ritengono scorretta una applicazione retroattiva dei nuovi criteri. Su Marforio, uno dei forum della facoltà, si può leggere la risposta del preside Iachello: «Abbiamo dato tre anni di tempo agli immatricolati prima del 2006. Abbiamo deciso che era venuto il momento, ora, di porre fine ad una situazione paradossale. Prendere ancora tempo? A che serviva? A consentire il protrarsi di situazioni di privilegio? 5 CFU equivalgono a 125 ore di lavoro. E’ troppo chiedervi di essere giusti nei vostri confronti e dei vostri colleghi? Dovevamo avvertire per tempo? Tre anni sono pochi?». Ma, a detta dei rappresentanti, tre anni sono certamente pochi, considerata la bassissima percentuale di chi arriva alla laurea entro quel termine.
Sembrerebbero compatti i docenti, che hanno votato quasi all’unanimità per l’introduzione della nuova norma: unica contraria la prof.ssa Rosaria Sardo e astenuta la prof.ssa Clara Biondi. «Ho votato a favore perché sono d’accordo con l’abbassamento. Non condivido la retroattività, ma la proposta non prevedeva un voto disgiunto» ci spiega il prof. Antonio Tempio. Prendere o lasciare, insomma. Molto arrabbiati sono però i rappresentanti: «Abbiamo chiesto più volte al Preside di discutere, prima dell’approvazione, ma non ci ha mai ascoltati», spiega Maria Cristina Gagliano. I consiglieri, infatti, avevano chiesto l’istituzione di una commissione didattica paritetica di Facoltà, composta in ugual numero da docenti e studenti, per proporre alcune soluzioni: mantenere il vincolo di non retroattività, aumentare a 7 i punti per i nuovi immatricolati. Richiesta che però è stata ignorata, arrivando al voto del 29 maggio: «il Preside ci aveva consigliato di astenerci, perché tanto sarebbe stato inutile votare contro», ci spiegano i rappresentanti.
Da qui la raccolta di firme, che durerà fino all’8 giugno. Da qui anche la decisione di ricorrere, se necessario, alle vie legali. I ragazzi si appellano infatti all’articolo 36/1 del regolamento d’Ateneo, con cui è stabilito che la conclusione del percorso di studi avvenga con le stesse “regole d’ingaggio” iniziali. E ad alcuni principi generali di diritto amministrativo, per cui una delibera non può avere effetto retroattivo senza una precisa ed esplicita motivazione. I consiglieri hanno già esposto il caso al Codacons, da cui aspettano una consulenza.
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