Nel 2012 l'università bandisce un contratto per attività di didattica e ricerca nell'ex facoltà di Lingue iblea. Vince una laureata in Architettura, il secondo classificato ricorre alla magistratura e vince. L'ateneo lo riammette in servizio per quattro mesi e non concede il rinnovo. Poi si affretta a trovare un sostituto per completare il ciclo di lezioni
Vince ricorso al Tar, reintegrato solo per quattro mesi Unict, l’odissea del ricercatore di Storia a Ragusa
«Non mi è stato rinnovato il contratto perché mi hanno detto che non avevo fatto attività. Ma come avrei potuto? C’era un procedimento giudiziario in corso, e un’altra persona al posto mio». La vicenda che lo riguarda è arrivata davanti ai giudici del Tar che gli hanno dato ragione e nelle aule del Parlamento. Ma per il ricercatore dell’università di Catania Giambattista Scirè l’odissea legata al tanto sospirato concorso per una cattedra in Storia contemporanea nell’ex facoltà di Lingue di Ragusa non è ancora terminata. Dopo aver ottenuto la riammissione e la chiamata da parte dell’ateneo per soli quattro mesi di attività, dal primo gennaio non riceve lo stipendio, il suo nome è anche stato cancellato dall’elenco dei docenti in servizio ed è partita la ricerca di un suo sostituto per colmare 18 ore di lezione.
La vicenda parte nell’aprile 2012, quando Unict bandisce un contratto per attività di didattica e di ricerca in Storia contemporanea della durata di tre anni prorogabile per altri due. Numerose le candidature. A spuntarla Melania Nucifora, ricercatrice con laurea in Architettura, ma l’esito viene impugnato davanti al Tar dal secondo classificato, Giambattista Scirè, appunto, all’epoca ricercatore in Storia all’università di Firenze. Secondo quanto stabilito dai giudici, la vincitrice non aveva i titoli per ottenere quel contratto a tempo determinato, sconfessando così – per la prima volta in Italia – l’operato di una commissione giudicatrice, formata nell’occasione dai professori Simone Neri Serneri, dell’Università di Siena, Luigi Masella, dell’ateneo di Bari, e Alessandra Staderini, dell’Università di Firenze, scelti dall’ex rettore Antonino Recca. Il caso sollevato da Scirè è diventato di portata nazionale, arrivando anche in Parlamento con l’interrogazione parlamentare del deputato Paolo Corsini all’allora ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.
«È un caso infinito», sospira. «Dopo la sentenza del Tar, l’università avrebbe dovuto prendere atto della cosa, ma è successo parzialmente». Anziché far partire il conteggio dell’attività di Scirè dal momento in cui si è insediato, viene tenuto in conto anche il periodo in cui a occupare il posto è stata Melania Nucifora. «Mi hanno sottoposto un contratto che non rispettava la sentenza – racconta – A cominciare dal fatto che non mi veniva riconosciuto il titolo di vincitore del concorso». Il docente, pur di riprendere il lavoro dietro la cattedra, accetta di firmare, ma pone una importante clausola: «Ho fatto presente che avrei richiamato di nuovo in causa il Tar e il Cga nel caso in cui non fossero stati riconosciuti i miei diritti».
I due corsi affidati a Giambattista Scirè partono con il nuovo anno accademico, «capivo che c’era qualcosa di strano, ma l’unica cosa che mi interessa è fare il docente. Non pensavo a nuove complicazioni». Le anomalie iniziano già dalla definizione delle materie, per il corso triennale e quello magistrale: secondo l’offerta formativa, quello della specialistica avrebbe dovuto essere in Storia dell’integrazione europea, non come previsto dal bando in Storia contemporanea. «Ho parlato con la presidente di corso di laurea, ho fatto presente la cosa agli studenti ed esposto loro il mio programma secondo il concorso che avevo vinto». Le cose diventano sempre più allarmanti man mano che ci si avvicina al termine dei quattro mesi, a dicembre. «Arrivati in prossimità della scadenza di questo contratto sui generis – spiega – faccio presente la cosa a tutti: presidente del Cdl, al dipartimento di Scienze umanistiche di Catania – quella di Lingue a Ragusa è una Struttura didattica speciale e in alcuni ambiti dipende dalla sede etnea, ndr -, al rettore. Nessuno mi ha risposto concretamente. Il 30 dicembre – prosegue – ho sospeso tutto: i due corsi, i ricevimenti e le date di esame».
Da quel momento si apre una fase di stallo che è ancora in corso. «Non ho ricevuto nessuna risposta formale né il risarcimento danni che il Tar mi ha riconosciuto; da gennaio, dato che il contratto è scaduto, non ricevo lo stipendio». Il nome dell’ormai ex docente è stato subito rimosso dall’elenco del personale in servizio. Inoltre, per far fronte alla situazione di emergenza venutasi a creare, l’ateneo ha bandito un concorso per realizzare le ultime 18 ore di lezione rimaste senza docente – «senza neanche avvisarmi», precisa Scirè – e per gli esami è stata convocata una commissione alternativa per una sessione straordinaria. Ma in questa occasione gli studenti – «alla fine sono anche loro vittime di tutto questo» – hanno mostrato la propria vicinanza al loro docente, con la maggior parte degli iscritti che ha deciso di non sostenere le prove e ha firmato una petizione diretta al rettore. Del potenziale prolungamento del contratto per i prossimi due anni, nemmeno se ne parla. «Dato che i fondi vengono stanziati in partenza, di solito viene fatto in automatico, è una formalità: una commissione valuta le attività fatte nei tre anni e si rinnova». La risposta che viene data a Giambattista Scirè è paradossale: «Mi hanno detto che non possono rinnovare perché non ho fatto attività didattica né ricerca. Peccato che al posto mio ci fosse un’altra persona», sbotta.
Il percorso, fatto di carte giudiziarie e interventi parlamentari, ha ripreso il via. Sono già state presentate una serie di diffide e i senatori del Partito democratico Venera Padua e Paolo Corsini (già autore della prima interrogazione) hanno presentato alla ministra Stefania Giannini un’interpellanza che potrebbe trasformarsi in una mozione. «Il sistema, dato che questo è stato un precedente, vuole colpire me che ho denunciato le irregolarità. Dimostrare che nonostante una sentenza, ci si può arrogare il diritto di bloccare una carriera accademica».