Alle manifestazioni “ufficiali” loro non ci saranno. I poliziotti aderenti al sindacato Consap ricorderanno le vittime della strage di via D’Amelio con una messa presso la Chiesa di San Nicolò all’Albergheria a Palermo. Nel quartiere dove «la legalità è ancora un miraggio», tra la gente per la quale il giudice Paolo Borsellino ha compiuto l’estremo sacrificio della vita, si riuniranno in silenzio per ricordare i «loro morti»: Agostino, Claudio, Emanuela, Paolo, Vincenzo e Walter. In silenzio. «Lontano dalle personalità e dalle passerelle» spiega Igor Gelarda, segretario provinciale di Palermo ed esponente nazionale del sindacato di polizia Consap a MeridioNews.
All’indomani dell’intercettazione choc tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il suo medico personale e primario di Villa Sofia, Matteo Tutino, finito in carcere a giugno per truffa, falso, peculato e abuso d’ufficio, c’è amarezza. Rispetto a quella frase rivelata da L’Espresso, poi smentita dalla Procura e confermata di nuovo dal settimanale, il cui il chirurgo dei vip conversando con il governatore avrebbe detto che Lucia Borsellino «va fatta fuori. Come suo padre», per Gelarda «qualsiasi parola è superflua».
Così come scontato per uomini delle istituzioni è capire da che parte stare. «Noi poliziotti, che abbiamo pagato con il nostro sangue la fedeltà allo Stato, vogliamo essere tutti fatti fuori insieme alla Borsellino e a tutti quelli che amano la nostra terra e fanno rispettare le leggi in Sicilia» dice ancora il segretario provinciale del sindacato di Polizia. Così la scelta non può che essere netta. Di rottura. Contro l’antimafia di facciata. Perché «i mafiosi li metti in galera – dice ancora Gelarda -. Invece i professionisti dell’antimafia di facciata sono parassiti, innestati sulla strada fatta con il sangue dei nostri colleghi e di uomini come Borsellino, di cui possiamo andare fieri nel mondo e il cui sacrificio non è stato vano». Ma, al di là del «rispetto per le istituzioni», la cronaca consegna una verità: «Ci sono mele marce tra le istituzioni così come tra i miei colleghi» aggiunge.
Per Gelarda quello che è mancato in questi anni nella lotta alla criminalità organizzata e quello che manca ancora è «il “sistema Italia”». Perché «il contrasto alla mafia si può fare solo con uno Stato forte. Invece Mafia Capitale ci consegna l’immagine di un malaffare e una corruzione diffusa. La magistratura e le forze dell’ordine in questi anni hanno raggiunto risultati eccezionali. Ma siamo parte di una filiera, in cui tutti gli elementi devono funzionare alla perfezione. Invece la politica ancora oggi ha grandi falle».
«La Sicilia vuole essere liberata. La stragrande maggioranza dei siciliani è di tutt’altra pasta» conclude il sindacalista. Ecco perché il 19 luglio «ce ne staremo a commemorare i nostri morti e il giudice Borsellino per i fatti nostri, perché non amiamo le passerelle e temiamo di dovere condividere le cerimonie con persone che non hanno particolarmente alto il senso della legalità». L’appuntamento è alle 10.30 di domenica presso la Chiesa di San Nicolò all’Albergheria. Vicino alla gente comune.
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