I carabinieri hanno scoperto un gruppo di presunti strozzini, che avevano trasformato la zona del mercato del pesce nel loro quartier generale. Al vertice ci sarebbe stato Alfio Lombardo, conosciuto come Massimino. Nel mirino finivano piccoli imprenditori, inservienti e vittime del gioco. Guarda il video
Usura, cinque persone finiscono in manette Sede degli affari era la zona della pescheria
Sei mesi di appostamenti, pedinamenti e intercettazioni, che hanno permesso agli investigatori di togliere il velo su un gruppo di presunti strozzini. In manette sono finite cinque persone, tutte accusate dalla procura etnea a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata all’usura. L’inchiesta, iniziata nel novembre 2013, è partita grazie alla denuncia di numerose vittime. Al vertice del sodalizio ci sarebbe stato Massimino, all’anagrafe Alfio Lombardo. L’uomo avrebbe goduto del supporto operativo del suo vice, Carmelo Puglisi. Una sorta di spalla con mansioni di autista e accompagnatore per la riscossione del denaro e non solo. Puglisi avrebbe ricordato ai debitori le scadenze dei pagamenti. Coinvolti anche Salvatore Lo Castro, Orazio Napoli e il nipote del capo, Vincenzo Lombardo. Gli ultimi due si sarebbero occupati delle riscossioni delle cifre più modiche.
La sede degli affari sarebbe stata la zona del mercato del pesce, tra piazza Alonzo di Benedetto e un bar che si affaccia su villa Pacini. Sempre uguali le modalità dei prestiti. Inizialmente le cifre concesse non sarebbero state mai particolarmente elevate, con una media di circa 350 euro. A incidere erano però gli interessi applicati che variavano dal 25 al 100 per cento. Per convincere le vittime Massimino avrebbe instaurato rapporti benevoli, per certi versi empatici, tanto da indurle a essere quasi riconoscenti per la sua tolleranza nei casi di pagamenti in ritardo. «Mi servono 100 euro», chiedeva una donna al presunto usuraio, che rispondeva: «Aspetta». A questo punto l’interlocutrice cercava di convincerlo: «Non essere monellino […] gioia io ti ho detto la verità».
Nel mirino del gruppo finivano spesso persone con il vizio del gioco, inservienti e piccoli imprenditori. Nei loro confronti non sarebbe stata utilizzata nessuna violenza, né atti intimidatori ma soltanto delle minacce verbali. Il giro d’affari quantificato dai carabinieri della compagnia di piazza Dante ammonterebbe a circa 46mila euro, oltre a 33mila che sono ritrovati dai militari e che sono ritenuti proventi del giro illecito. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto un sequestro preventivo dei beni per Lombardo e Puglisi.