Tecnologia e burocrazia che prendono il sopravvento sulla volontà umana. Piattaforme online e codici che decidono irreversibilmente su un diritto primario: il diritto allo studio. È questa la denuncia di alcuni studenti dell’università di Catania, costretti quest’anno a interrompere il loro percorso di studi per un errore formale che il «sistema» non consente di correggere. «L’università è un’esperienza stomachevole – racconta Giuseppe, studente di filosofia al secondo anno, con un lungo post sui social -. Altro che istituzione umanistica e culturale. È prima di tutto un ente digitale e finanziario». Giuseppe, che per anni ha pagato i suoi studi in misura proporzionale al suo reddito, rientrando regolarmente nella fascia a regime agevolato, si trova adesso balzato nella fascia di maggior reddito.
«Sono diventato ricco da un giorno all’altro, secondo il sistema informatico del portale degli studenti», racconta il ragazzo a MeridioNews. L’errore è stato commesso al momento della compilazione dell’Isee, documento necessario per certificare la condizione patrimoniale e reddituale di appartenenza, ai fini dell’ottenimento delle corrispondenti riduzioni delle tasse universitarie. Nel documento non è stato inserito, dagli operatori del caf a cui il giovane si è rivolto, il suo codice fiscale fra quelli dei componenti del nucleo familiare aventi diritto allo studio universitario.
È bastato questo per considerare Giuseppe e altri ragazzi come appartenenti alla classe reddituale più alta e quindi tenuti al pagamento di due rate da 700 euro ciascuna, tra marzo e maggio. «Mi sono accorto dell’errore prima della scadenza indicata – continua Giuseppe -. Ho ottenuto una certificazione corretta e ho pagato una penale di 80 euro per sostituire il documento viziato con quello regolare, nel termine consentito dalla proroga. Ma per il sistema informatico era troppo tardi».
La stessa cosa è successa a Gianni, studente al terzo anno della facoltà di Lingue e Comunicazione internazionale. «Ho scoperto l’errore accedendo al sito e guardando il prospetto delle tasse che avrei dovuto pagare – racconta il ragazzo -. Erano trascorsi due giorni dalla scadenza della proroga. Sono andato all’ufficio della segreteria studenti, in via Landolina, e lì hanno fatto spallucce, “non c’è più niente da fare”, mi hanno detto gli impiegati». Gianni è un ragazzo di Modica e lavora per pagare una stanza in affitto a Catania e frequentare le lezioni. «Adesso sono bloccato – continua -, non ho la possibilità materiale di mantenere i miei studi se rientro nella fascia più alta di reddito. Perderò un anno accademico solo perché in questo sistema la forma prevale sulla sostanza».
La dottoressa Catia Belluomo, coordinatrice del settore Carriere studenti Unict e responsabile del procedimento, spiega a MeridioNews i motivi dell’irreversibilità del processo di certificazione del reddito. «L’Isee ha una durata di un anno – chiarisce la responsabile – e il documento utile all’iscrizione all’anno accademico 2017/2018 è solo ed esclusivamente quello relativo al reddito dell’anno 2017». Quindi, chi si è accorto dell’errore all’inizio del 2018, potendo ottenere solo una certificazione relativa all’anno in corso e non all’anno precedente, non potrà usufruire delle agevolazioni previste a tutela del diritto allo studio. «Il sistema informatico acquisisce la documentazione, entro una determinata data, direttamente dalla banca dati dell’Inps – specifica Belluomo -. L’unico onere a carico dello studente è quello di essere in possesso della documentazione corretta e confermarla una volta acquisita telematicamente dal portale».
Un inserimento tardivo della documentazione, previo pagamento di una penale, è previsto, ma la certificazione è valida solo se relativa all’anno 2017. «Anche se i due certificati fossero identici nel contenuto, non possiamo accettare un documento protocollato nel 2018 – continua la dottoressa -. L’amministrazione cerca di andare incontro alle esigenze degli studenti ogni volta che è possibile, ma in questo caso molti giovani sono incorsi in errore. Per questo consigliamo sempre di consultare attentamente la Guida dello studente, un documento ufficiale che esplicita chiaramente l’intera disciplina e di non dare credito alle voci di corridoio».
I ragazzi raccontano di continui rallentamenti dovuti all’informatizzazione delle procedure. «Dalla registrazione sul portale di un esame superato, alla certificazione dei crediti conseguiti per le attività extracurriculari – spiega Gianni -. Le tempistiche variano dalle settimane ai mesi. Siamo schiavi di queste applicazioni».
Gli studenti, circa una decina, hanno fatto ogni tentativo per ripristinare un sistema di tassazione fedele alla loro situazione reddituale. «Abbiamo cercato di risolvere il problema sperando che la volontà e il buonsenso degli esseri umani potessero regolare il funzionamento di un sistema informatico considerato sempre il vertice della piramide decisionale – spiega ancora Giuseppe -. Quest’episodio rappresenta l’epilogo di un percorso tanto demotivante quanto disumano. È questa l’università 2.0, quella della digitalizzazione incontrollata, ma anche e soprattutto quella dei crediti, delle scadenze, delle ansie, dei sensi di colpa, dell’indifferenza e dell’apatia – lamenta lo studente di filosofia -. Questa non è realmente un’università pubblica, con il dovere etico di considerare i suoi studenti come persone e non come numeri, ma un’azienda competitiva e poco umana, perfettamente in linea con il modello di società che hanno costruito per noi».
Giuseppe ha deciso di lasciare gli studi in filosofia. «Non solo per una questione economica – spiega – ma anche per una questione di principio. Vorrei però che questo episodio suscitasse una denuncia collettiva a difesa del diritto allo studio».
Lorenzo, studente universitario in Scienze e tecniche psicologiche e membro del Mua (Movimento universitario autorganizzato) ha subito raccolto l’appello. Il suo gruppo di attivisti, nato a Catania un paio di anni fa per fronteggiare i problemi relativi alla violazione del diritto allo studio, vuole essere un mezzo per far sentire la voce degli studenti. «Troppo spesso gli atenei sono enti che mostrano una chiusura nei confronti delle esigenze dei ragazzi – spiega Lorenzo -. Non abbiamo intenzione di arrenderci di fronte alla prima spiegazione offerta dall’amministrazione. Crediamo che i cavilli telematici non possano rappresentare un problema reale di fronte a vicende che incidono così profondamente sulla vita delle persone. Ci organizzeremo – conclude il ragazzo – e faremo tutto ciò che per noi è possibile per trovare una soluzione al problema».
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