«Appoggiamo e siamo d’accordo con le rivendicazioni degli strutturati, ai quali chiediamo di fare una battaglia insieme anche per il reclutamento dei ricercatori, che all’Università di Palermo ormai sono davvero pochi». La protesta dei professori universitari, che in tutta italia hanno annunciato lo sciopero degli esami per la sessione autunnale, tra il 28 agosto e il 31 ottobre, in caso di mancato adeguamento retributivo – e che a Palermo ha visto la redazione di un documento firmato da 136 docenti – incassa l’appoggio di Alessandro Bruno, componente del Coordinamento dei ricercatori non strutturati dell’Ateneo del capoluogo, che allarga il tema e lo estende ad altri punti caldi non ancora all’ordine del giorno.
Bruno specifica che «quella dei docenti strutturati è una battaglia sacrosanta, è da troppi anni che non viene fatto nulla per loro. Credo che queste cause e le nostre possano essere portate avanti insieme. Per quanto riguarda i ricercatori, il problema riguarda tutto il Meridione, ed è relativo al reclutamento. Non c’è, ad esempio, un numero di docenti e di ricercatori che sia proporzionale al numero di studenti dei vari corsi di laurea dell’Università di Palermo. Più si va avanti – dice ancora Bruno – più cominciano a mancare idocenti di riferimento, necessari per aprire i corsi di laurea. Tra questi possono esserci anche i ricercatori a tempo determinato, che però cominciano a mancare».
Un problema, quello che solleva Bruno, che riguarda, a suo dire, una disparità di fatto tra gli Atenei del Nord e quelli del Sud: «Quando il Miur parla di un certo numero di milioni di euro da distribuire ai 180 dipartimenti più meritevoli – spiega il ricercatore – c’è un problema di parametri. Al Nord hai più assegni anche per la presenza di aziende che finanziano la ricerca. Così si crea di fatto disparità tra Nord e Sud, se calcoli il merito in chiave assoluta si sbaglia. Se si mettono sullo stesso piano Milano e Palermo – prosegue Bruno – è chiaro che occorre calcolare anche un indotto diverso. A Palermo ci saranno meno pubblicazioni, viste le minori sovvenzioni, i parametri vengono falsati. Diventa un cane che si morde la coda». Da qui la proposta: «Serve un piano di reclutamento straordinario – rilancia Bruno – Se consideriamo che parliamo di poche decine di posti di ricercatore a tempo determinato in un anno e che nei prossimi tre o quattro anni andranno in pensione duecento professori strutturati, c’è da chiedersi chi prenderà il posto di questi docenti. La protesta per il momento rimane sottotraccia, ma quando chiuderanno i corsi di laurea che vedono annualmente centocinquanta iscritti, è chiaro che si porrà con forza maggiore il doppio problema del diritto allo studio negato e della mancanza di posti per quei docenti che in quei corsi insegnano – spiega -, che siano professori o ricercatori».
Nel frattempo tutti gli enti coinvolti stanno lavorando affinché si possa risolvere la vertenza dei professori universitari e si possa evitare lo sciopero previsto per la sessione autunnale degli esami. Ultima in ordine di tempo l’iniziativa del presidente dell’Autorità garante degli scioperi, Giuseppe Santoro Passarelli, che ha scritto alla ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca, Valeria Fedeli, «affinché, anche alla luce delle recenti dichiarazioni rese alla stampa con riferimento al possibile sblocco dei fondi necessari per l’adeguamento retributivo richiesto, valuti l’opportunità di una ulteriore convocazione di una delegazione dei docenti universitari presso il Ministero».
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