UniCt, le sfide che attendono il prossimo rettore Due nomi forti e un outsider alla prova delle urne

Un clima torbido e deturpato da lotte intestine, ricorsi e sentenze della giustizia amministrativa. Il compito del successore di Giacomo Pignataro alla carica di rettore dell’università di Catania non sarà semplice, tutt’altro. Ai nastri di partenza, con la prima votazione fissata per l’1 febbraio, ci sono tre candidati: Enrico Foti, Francesco Basile e Filippo Drago. Uno di loro prenderà, con un mandato di sei anni, il testimone dall’ex Magnifico originario di Caltagirone e dovrà reggere le redini dell’ateneo etneo, inserito tra gli undici più grossi d’Italia con i suoi 47mila studenti iscritti e un bilancio da circa 200 milioni di euro. Tra i pochi enti ancora in grado di far fronte agli impegni finanziari assunti e interlocutore privilegiato con il mondo politico a livello locale e regionale. Da non trascurare i grossi interessi nel settore della Sanità, ma anche in quello degli appalti, basti pensare alle vicissitudini, finite al centro di un esposto in procurache hanno riguardato la costruzione della Torre biologica di via Santa Sofia

Chi siederà nella più ambita e difficile poltrona dell’ateneo non potrà però dimenticare le vicende legate allo statuto. Documento al centro di ricorsi e sul quale si è pronunciato il consiglio di giustizia amministrativa facendo decadere Pignataro dalla sua carica poco dopo il giro di boa di metà mandato. Dietro è stata modellata una lotta intestina tra due fazioni: la prima legata all’ex rettore Antonino Recca e l’altra che spinge per continuare il lavoro fatto dal suo successore. L’università è rimasta idealmente al centro, a lottare con procedure sempre più complesse, burocrazia e ardui tentativi di smontare una gestione considerata autoritaria e accentratrice. Il successore di Pignataro dovrebbe forse svolgere il ruolo di pacificatore. Almeno è questo quello che in tanti gli chiedono. 

La vera sfida sarà quella incentrata sulla trasparenza per mettere da parte le attenzioni morbose che fanno rima con potere. I più defilati dai poli contrapposti parlano chiaramente di disinnamoramento dalla struttura centrale dovuto a questioni giuridiche che hanno messo da parte inevitabilmente la partecipazione dei docenti al progetto di rilancio dell’ateneo. In un ragionamento teso al futuro c’è anche il presente e la campagna elettorale e le tattiche messe in campo dai candidati. Quali voti serviranno per vincere? Quanto peserà l’elettorato dell’area Umanistica che in questa tornata non schiera nessun nome? 

Sicuramente bisognerà capitalizzare il consenso ottenuto in questi tre anni da Pignataro. I suoi sostenitori hanno un peso notevole e per capirlo basta leggere la lista di chi ha sottoscritto la lettera aperta, pubblicata sulla piattaforma online Change.org, a sostegno del suo lavoro. C’è poi Tony Recca, il professore con la passione per lo scudo crociato della Democrazia cristiana. Sostenitore in una prima battuta di Foti, l’ex rettore – con la mancata ricandidatura di Pignataro – ha spostato il suo abbraccio avvolgente su Basile, indicandolo all’indomani della chiusura dei termini per le candidature come «il nome di punta dell’ateneo». Il diretto interessato ha preferito però smarcarsi firmando, come in tanti gli chiedevano, l’appello online per Pignataro. Alla finestra resta Filippo Drago, che secondo i sondaggi non dovrebbe riuscire a incalzare gli altri candidati. Una cosa è certa. Non è facile prevedere cosa accadrà dentro il segreto delle urne l’1 febbraio.

Dario De Luca

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