«Il lido Eurovillage Diana rispetta le diversità e si dichiara contrario a ogni forma di discriminazione legata all’orientamento sessuale, all’etnia o all’orientamento religioso. Qui sono benvenute le persone omosessuali e transessuali». È una targa arcobaleno quella che è stata consegnata questa mattina da Arcigay Catania ai titolari dello stabilimento balneare di Mascali che, nei giorni scorsi, sono finiti nell’occhio del ciclone per via di un presunto caso di omofobia. Ad aver raccontato di essere stato cacciato dalla struttura al grido di «Sei gay, tu qui non puoi entrare» era stato il 22enne palermitano Giuseppe Fiandaca. Un’accusa che la gestione aveva negato con forza: «Se è gay o non è gay non mi interessa, sono cavoli suoi», aveva detto la titolare ai microfoni di alcune televisioni locali. Nel frattempo, gli attivisti lgbtqi si erano organizzati. E si erano dati appuntamento questa mattina in via Spiaggia, dove si trova l’Eurovillage. «È stato un buon chiarimento», racconta Isidoro Blac, responsabile del settore giovanile di Arcigay.
«Abbiamo tentato di chiarire la situazione e di mediare tra la posizione dei titolari e quella del ragazzo di Palermo – spiega Isidoro – Alla fine, la questione è stata risolta». Tanto che ai gestori è stato consegnato un manifesto da attaccare all’ingresso dello stabilimento balneare. «È diventato un lido gay-friendly, diciamo così. Le cose sono andate molto semplicemente, ci hanno promesso di mettere la targa già da oggi». «Ci siamo resi conto che era una questione personale e non propriamente di omofobia – corregge il tiro Giovanni Caloggero, consigliere nazionale di Arcigay – Ma era importante stabilirlo ufficialmente e ricevere delle rassicurazioni in questo senso. Per fortuna sono arrivate e il proprietario si è anche fatto fotografare con la targa. Insomma, questa volta è finita bene».
Ci sono occasioni, però, in cui non è altrettanto facile. «Quando accadono cose di questo genere la denuncia è sempre la strada giusta», precisa Isidoro. E bisognerebbe prima rivolgersi alle forze dell’ordine e poi alle associazioni che tutelano i diritti lgbtqi. «Se hai l’età giusta e puoi pagare devi poter entrare in qualunque esercizio pubblico. Se ti lasciano fuori è una discriminazione ed è illegale. Purtroppo, però, in Italia l’aggravante dell’omofobia non è ancora riconosciuta». È per questo che sarebbe importante chiamare gli attivisti: «Com’è stato in questo caso: noi ci mobilitiamo e facciamo in modo che le cose non cadano nel silenzio. È una battaglia anche questa».
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