Tremila firme contro Gianni De Gennaro I promotori: «La sua carica è inopportuna»

appello dell’Osservatorio dei diritti catanese perché il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni De Gennaro venga rimosso dall’incarico arriverà presto a Roma, al premier Mario Monti, insieme alle prime cento firme delle tremila fino adesso raccolte. Una petizione on line partita dalle pagine di Facebook meno di dieci giorni fa e firmata da persone eterogenee. Dalla famiglia Giuliani a Dario Montana dell’associazione Libera di Catania fino al neo sindaco di Palagonia Valerio Marletta. «Ci sono avvocati, magistrati, liberi professionisti e pensionati – afferma Goffredo D’Antona, avvocato e membro dell’Osservatorio che questa mattina ha presentato l’iniziativa nella sede catanese di Libera – Pochi invece i professori universitari».

Secondo i firmatari, per la responsabilità delle violenze del G8 di Genova, la carica di sottosegretario agli interni  di De Gennaro non sarebbe opportuna. «Non siamo contro i poliziotti, figuriamoci – continua D’Antona – Ma crediamo che sia antidemocratico che il responsabile di un tale massacro ricopra un incarico tanto importante di uno Stato democratico». De Gennaro è «uno scagnozzo, un losco figuro che è passato indenne dalla tragedia di Genova» scrivono gli avvocati dell’Osservatorio citando l’ex capo dello Stato Francesco Cossiga. Nonostante non sia stato condannato e interdetto come altri poliziotti, infatti, durante il G8 del 2001 De Gennaro era il capo della polizia, la stessa accusata da Amnesty International di aver sospeso i diritti democratici in quei giorni. Condanna a parte, dunque, De Gennaro ha una certa responsabilità in merito. Inoltre, «non solo le accuse sono gravi, l’ex capo della polizia non ha neanche chiesto scusa come ha fatto il suo successore Antonio Manganelli – afferma Giuseppe Strazzulla, presidente di Libera Catania – Anzi ha espresso solidarietà ai poliziotti condannati».

E la solidarietà di De Gennaro, a quanto pare, non è solo a parole. Come scrive Ferruccio Sansa su Il Fatto Quotidiano, dal Dipartimento di pubblica sicurezza che fa capo al Ministero degli Interni sarebbe partita pochi giorni fa una circolare indirizzata all’Antiterrorismo ed all’Antimafia per decidere se assegnare una scorta composta da tre auto e sei agenti per i poliziotti ex dirigenti condannati, Francesco Gratteri e Gilberto Calderozzi. Non solo «dopo che sono stati condannati per il G8 i due ormai ex dirigenti sarebbero diventati un possibile obiettivo da parte di chi cerca vendetta» si legge sulla circolare, il pericolo potrebbe arrivare anche «da ambienti della criminalità organizzata, visto che Gratteri e Calderozzi hanno condotto operazioni importanti soprattutto contro la camorra». Una richiesta che ha stupito moltissime persone e che l’avvocato catanese Salvo Cannata non esita a definire «il paradosso dell’assurdo». «Non si può accettare – continua – che gente che costruisce prove e massacra cittadini inermi abbia più scorta del procuratore Antonio Ingroia che ha davvero a che fare con la criminalità organizzata. È come darla ad uno stupratore per paura che i familiari possano cercare vendette personali» conclude.

Oltre alle condanne molto si discute anche sulla valenza professionale degli uomini in divisa coinvolti. Seppure le violenze, soprattutto quelle alla scuola Diaz nella notte tra il 21 e il 22 luglio, il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani, abbiano coinvolto oltre 400 poliziotti, solo in 25 sono stati condannati e c’è anche chi si rammarica per la loro interdizione. «Perdiamo alcuni nostri uomini migliori. Loro sono quelli che hanno preso Bernardo Provenzano e grazie a loro abbiamo arrestato l’attentatore di Brindisi» dichiara l’attuale ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. D’altra parte, invece, c’è chi dubita sulla valenza dei capi. «Non lo dice nessuno, ma De Gennaro era a Palermo quando ci furono le stragi del ’92 e ora scopriamo che indagini presero una direzione sbagliata. Non ha i meriti che gli vogliono dare, sa solo resistere ai cambi di governo» dichiara Cannata.

La petizione dell’Osservatorio continua e a settembre, oltre alla propria adesione on line, «si procederà alla raccolta firme con dei banchetti», promettono gli avvocati catanesi. Che comunque, sottolineano, aspettano al più presto una risposta dal premier Monti. «Non accettiamo che in Italia ci sia la negazione del diritto al dissenso – conclude D’Antona – Negazione che puntualmente avviene con la violenza. Un paese democratico non può accettarlo».

desireemiranda

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