La procura di Palermo ha reso noto le richieste di condanna per Giuseppe Quattrocchi e Giuseppe Marranca, fermati a ottobre 2015 nell'operazione Black list. Sono accusati di avere preso mazzette dall'imprenditore Massimo Campione. A libro paga insieme a loro ci sarebbe stato anche l'ex numero di Rfi Dario Lo Bosco
Tangenti ai Forestali, chiesta condanna dei funzionari Soldi per l’aggiudicazione di un appalto da 25 milioni
Quattro anni e due anni e mezzo. Sono le richieste di condanna che la procura di Palermo, rappresentata nel processo dal pm Enrico Bologna, ha fatto nei confronti di Giuseppe Quattrocchi e Giuseppe Marranca, i due funzionari del Corpo forestale che erano stati fermati nell’operazione Black list che portò all’arresto anche di Dario Lo Bosco, l’ex presidente di Rete ferroviaria italiana e Ast. I tre sono accusati – per Lo Bosco l’accusa ha già chiesto quattro anni – di corruzione e induzione indebita a promettere utilità.
Quattrocchi e Marranca avrebbero ricevuto 250mila euro per favorire l’aggiudicazione di un appalto del valore di 25 milioni di euro da parte dell’imprenditore agrigentino Massimo Campione. A tirare in ballo i due era stato proprio Campione, che nel corso del tempo aveva registrato tutti i nominativi delle persone che erano entrate a fare parte del proprio libro paga. Stando alle ricostruzioni degli investigatori, Quattrocchi avrebbe preso 90mila euro, due climatizzatori e 12 radiatori spot, per un valore di circa cinquemila euro, mentre nei conti di Marranca sarebbero finiti poco meno di 150mila euro. Per i magistrati, inoltre, Marranca avrebbe avuto come favore anche l’assunzione della compagna in un’agenzia di viaggio e della figlia presso un’azienda di impiantistica di Roma.
Le posizioni dei due forestali sono state riunite dalla giudice Wilma Mazzara con quella di Lo Bosco, accusato, invece, di avere ricevuto 58mila euro come mazzetta per l’acquisto da parte di Rfi di un sensore utile a monitorare l’usura delle carrozze ferroviarie.
A giugno scorso, i due funzionari erano ritornati sul posto di lavoro dopo che era stato revocato il provvedimento di sospensione, coincisa con la conversione della misura cautelare dagli arresti domiciliari all’obbligo di firma.