Sui dirigenti ‘esterni’ la Regione non vede, non sente e non parla…

Piano piano, cominciano a venire fuori i retroscena del bizzarro parere espresso dall’avvocato Claudio Alongi, Commissario Straordinario dell’Aran, sulla dirigenza esterna all’amministrazione regionale. Parere piuttosto strano, visto che l’avvocato Alongi è un dirigente esterno. Di conseguenza, avrebbe pronunciato un parere su se stesso. E anche su una persona a lui vicina: e cioè sulla dottoressa Patrizia Monterosso, anche lei dirigente esterna alla Regione, con la quale è coniugata.

Per la cronaca, Patrizia Monterosso ricopre il ruolo di segretario generale della Presidenza della Regione. In pratica, è il burocrate numero uno dell’amministrazione regionale.

In questa storia incredibile dai contorni surreali non emerge soltanto l’incompatibilità dell’avvocato Alongi. Emerge la responsabilità del Governo e, in particolare, del presidente della Regione, Rosario Crocetta. Ed emerge una responsabilità politica del Pd siciliano che nulla fino ad oggi ha fatto per denunciare una vicenda così incredibile.

I dirigenti del Pd dell’Isola – con riferimento ai vari Giuseppe Lupo, Giuseppe Lumia, Antonello Cracolici, Angelo Capodicasa, per citarne solo alcuni – non si devono stupire se il loro Partito, alle elezioni regionali, perde 200 mila voti e se alle elezioni politiche nazionali, di voti, ne perde 250 mila. Continuando ad avallare questi ‘inquacchi’ amministrativi il Pd siciliano non può che perdere credibilità e, quindi, i sostegno degli elettori.

Detto questo, ci sono anche responsabilità da parte del dipartimento regionale della Funzione pubblica che proveremo a chiarire.

L’avvocato Claudio Alongi, come già ricordato, ha espresso un parere in merito al diritto per i dirigenti generali esterni, nominati dal precedente Governo regionale guidato da Raffaele Lombardo, e revocati dall’attuale Governo, di percepire un ristoro pari al trattamento economico riconosciuto nel contratto sino alla sua scadenza naturale e comunque per un anno.

Dalla lettura di questo parere, che risale al 21 gennaio di quest’anno, emerge che il dipartimento regionale della Funzione pubblica ha, nel novembre del 2012, chiesto chiarimenti interpretativi al Commissario straordinario dell’Aran.

In questa sede non entreremo nel merito del parere espresso dall’avvocato Alongi, ma ci limiteremo illustrare il perché il dipartimento regionale della Funzione pubblica non avrebbe mai dovuto richiedere tale parere al Commissario straordinario dell’Aran.

La prima domanda, rigorosamente obbligata, è: sulla base di quali disposizioni il dipartimento della Funzione pubblica ha individuato il Commissario dell’Aran come soggetto istituzionale competente ad esprimersi su tale materia? Ricordiamo che il parere espresso dall’avvocato Alongi affronta temi delicati: ovvero l’interpretazione, o meglio, l’eventuale estensione delle previsioni contenute nel Contratto collettivo regionale della dirigenza pubblica ai dirigenti apicali esterni.

Le competenze dell’Aran della Sicilia sono fissate da leggi. Ovvero dall’articolo 25 della legge regionale n.10 del 2000 e dall’articolo 46, comma 1, del Decreto Legislativo n.165 del 2001. Dalla lettura di queste due norme non si evince la competenza dell’Aran Sicilia (e nemmeno quella dell’Aran nazionale) ad esprimere pareri in merito all’estensione a soggetti terzi delle previsioni contrattuali (per soggetti terzi si intendono, in questo caso, i dirigenti regionali esterni).

Infatti, anche a voler ipotizzare che l’oggetto del parere richiesto dal dipartimento Funzione pubblica fosse quello del trattamento economico spettante ai tre dirigenti esterni revocati solo qualche giorno prima dal Governo Crocetta, è evidente che tale ipotesi non è, come dicono i giuristi, “ricomprendibile nella competenza dell’Aran a fornire assistenza ai fini della uniforme applicazione dei contratti collettivi”, prevista dal comma 1 del citato art.46”. Questo perché il parere non riguarda l’uniforme applicazione delle disposizioni dell’art.41 a tutti i dirigenti generali interni revocati, ma al solo trattamento dei dirigenti generali esterni revocati.

Insomma, l’atteggiamento del dipartimento della Funzione pubblica appare incomprensibile. Ma c’è di più. La stessa Aran Sicilia, nel proprio sito, pubblica una apposita pagina che si occupa e si preoccupa proprio dei quesiti. L’Aran Sicilia – e qui sta il bello – precisa che i quesiti “devono contenere dubbi interpretativi o difficoltà di lettura delle clausole dei contratti collettivi regionali”, e che “non saranno forniti pareri che riguardano l’interpretazione e l’applicazione di leggi, decreti o altre fonti normative che in qualsiasi modo disciplino istituti del rapporto di lavoro”.

Se ne deve dedurre che sia il Governo della Regione – con particolare riferimento al dipartimento della Funzione pubblica – sia lo stesso Commissario dell’Aran hanno ignorato un principio fissato dalla stessa Aran Sicilia che non potevano non conoscere.

Di fatto, l’Aran non aveva alcuna competenza a pronunciarsi su tale materia.

Fine delle violazioni? Ma quando mai! Il dipartimento della Funzione pubblica, nel chiedere il parere all’Aran Sicilia, ha anche disatteso quanto stabilito dalla Giunta regionale con la delibera del 6 marzo 2009. Questa delibera disciplina la procedura per la richiesta di pareri agli organi consultivi in materia di personale regionale con qualifica dirigenziale. E lo fa individuando nel Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) in funzione consultiva, e nell’Avvocatura dello Stato gli unici organi competenti ad occuparsi di tale materia.

Questo perché tutti gli altri organi, compreso l’Ufficio Legislativo e Legale della Regione, non sono riconosciuti organi ‘terzi’ rispetto alla stessa Regione. E non è nemmeno molto difficile capire il perché: il dirigente generale dell’Ufficio Legislativo e Legale, infatti, è nominato dal Presidente della Regione.

Ma anche il Commissario dell’Aran Sicilia Sicilia è stato nominato dal Presidente della Regione, ed ha come funzione istituzionale quella di rappresentare la Regione in questioni che riguardano i contratti del personale della stessa Regione. Per questa semplice ragione, facilmente comprensibile anche a chi non ha alle spalle studi di Giurisprudenza, il Commissario dell’Aran non avrebbe dovuto essere considerato organo ‘terzo’ legittimato a rendere parere in materia di personale con qualifica dirigenziale.

E’ molto singolare che ad una tale, semplice e solare conclusione non siano arrivati i vertici del dipartimento regionale della Funzione pubblica, ai quali, peraltro, non dovrebbero certo difettare le conoscenze giuridiche.

A questo punto sorge un’altra domanda: i vertici del dipartimento regionale della Funzione pubblica, prima di rivolgersi al Commissario dell’Aran, hanno interpellato gli organi competenti del Cga in funzione consultiva e l’Avvocatura dello Stato? C’è stato un diniego da parte di Cga e Avvocatura dello Stato, un diniego ovviamente scritto e non orale? Nell’ipotesi che di tale diniego esista una rappresentazione per iscritto, quali sarebbero state le ragioni che hanno portato il dipartimento regionale della Funzione pubblica a individuare nel Commissario dell’Aran Sicilia l’organo consultivo competente ad esprimere un parere così delicato?

Noi pensiamo che a queste domande dovrebbe rispondere il dirigente generale del dipartimento regionale della Funzione pubblica. Ma dovrebbe rispondere anche il Governo.

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