Sarà sentita in videoconferenza dagli Stati Uniti, con l’assistenza di un interprete, la 19enne statunitense stuprata, la notte del 16 marzo, in piazza Europa. Così ha disposto la giudice per le indagini preliminari di Catania, Simona Ragazzi, per l’incidente probatorio. Saltata la data dello scorso 28 giugno per motivi personali della vittima, adesso è stato fissato per il 26 e il 27 settembre prossimi. «La giudice – spiega a MeridioNews l’avvocata Mirella Viscuso, legale della giovane – ha adottato il provvedimento previsto per la tutela della vittima: le domande delle parti, infatti, non potranno essere fatte direttamente ma dovranno essere poste attraverso il giudice».
Un’udienza camerale e non pubblica durante la quale, quindi, potranno essere presenti solo le parti. «Viste le nove ore di fuso orario con gli Stati Uniti (dove la ragazza era tornata pochi giorni dopo avere denunciato le violenze, ndr) sono stati necessari due giorni», precisa la legale. Durante l’acquisizione della deposizione della ragazza, sarà presente anche un esperto psicologo e sessuologo – che però non avrà alcuna possibilità di interloquire – come consulente di parte richiesto dai legali dei tre indagati per violenza sessuale di gruppo.
Roberto Mirabella, Agatino Valentino Spampinato e Salvatore Castrogiovanni restano in carcere. La conferma della misura cautelare è stata presa, lo scorso aprile, dal tribunale del Riesame che ha rigettato le richieste che gli indagati avevano fatto pervenire tramite i loro avvocati. I legali avevano chiesto di farli tornare in libertà oppure, in subordine, gli arresti domiciliari e si erano detti «rammaricati» della decisione. Depositato il ricorso in Cassazione, la decisione dovrebbe arrivare prima dell’udienza per l’incidente probatorio.
«Strattonata ripetutamente, costretta a salire a bordo di una macchina intimandole di stare zitta, tirata per i capelli», il tutto – come scrive la gip dopo avere esaminato gli atti del procedimento – «con la minaccia di agire in tre, in un luogo isolato e abusando delle condizioni di inferiorità psichica (perché la ragazza sarebbe stata sotto effetto di alcolici che anche loro stessi le avrebbero precedentemente offerto, ndr) per costringerla a compiere e subire atti sessuali». In un video, girato da uno dei ragazzi in macchina e poi inviato alla giovane che lo ha fornito alle forze dell’ordine, si vedrebbero due degli indagati «nell’atto di abusare della vittima e si percepiscono i lamenti della giovane, che è saldamente trattenuta per i capelli, e risate e sghignazzi dei giovani», scrive la giudice. Durante l’interrogatorio, però, gli indagati hanno negato di avere agito con violenza e, di fronte alle contestazioni mosse dopo la visione del video, solo uno di loro ha ammesso di averla «toccata leggermente» per i capelli.
Ci sono, inoltre, diversi passaggi in cui le versioni dei tre ragazzi si contraddicono: orari, uso della marijuana e consapevolezza dei messaggi vocali inviati dalla vittima a un amico come richiesta di aiuto. Tutti e tre ammettono di avere avuto rapporti sessuali con la 19enne – sia a turno che contemporaneamente – e riconoscono che la ragazza «era un po’ brilla». Concordano nel dire che sarebbe stata la ragazza ad approcciare con ammiccamenti e facendo capire che «ci stava, era tranquilla» e che, solo in un primo momento, avrebbe detto «non voglio». Negano che la giovane si sia lamentata o abbia detto loro di fermarsi. Ricostruzioni che, però, si scontrerebbero con le dieci chiamate che la ragazza ha fatto al 112, con il tentativo di contatto con il 911 (numero unico di emergenze negli Usa) e con i diversi messaggi audio con richieste di aiuto e la localizzazione gps inviata a un amico.
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