Quasi 83 milioni di euro. Passa da questa somma il piano della Regione per mettere mano al recupero delle strade provinciali, l’anello più debole delle infrastrutture nell’isola, dal momento in cui gli enti di area vasta sono stati svuotati delle guide politiche e, più in generale, lasciate in condizioni finanziarie che consentono a malapena di tirare avanti. Oggi Città metropolitane e Liberi consorzi, le ex Province pagano il dazio di una riforma monca. Le conseguenze sono a portata di sospensioni delle auto di chi si trova ogni giorno a percorrere le strade di collegamento tra un paese e l’altro. Tra buche, cedimenti e asfalto che in alcune zone dell’isola è solo un ricordo. E così il governo regionale nei giorni scorsi ha dato mandato al dipartimento regionale tecnico, che fa capo all’assessorato alle Infrastrutture guidato da Marco Falcone, di avviare le procedure per l’individuazione dei soggetti a cui affidare, di provincia in provincia, i servizi di architettura e ingegneria finalizzati alla progettazione degli interventi di manutenzione e ammodernamento delle strade.
La gara d’appalto sarà divisa in nove lotti, per ognuno dei quali saranno investiti fino a poco più di sette milioni di euro. Gli aggiudicatari avranno il compito di occuparsi di sviluppare i livelli di progettazione, comprensivi di indagini geognostiche e geotecniche, per un periodo di quattro anni. La decisione di assegnare a soggetti esterni tali compiti nasce dalla carenza di personale tecnico all’interno degli uffici delle ex Province. Acquisiti i progetti, sarà necessario poi effettuare gli interventi. In tal senso, nella relazione che accompagna la bozza di accordo quadro che andrà a gara, viene quantificato anche il fabbisogno finanziario necessario. «Il costo complessivo stimato delle opere di ammodernamento, manutenzione o nuova costruzione di strade in capo alle Città Metropolitane e ai Liberi consorzi della Sicilia da progettare – si legge nel documento – è pari a cento milioni di euro per ciascun lotto». A tale cifra si arriva considerando una somma approssimativa di 56 milioni per le strade, linee tramviarie, ferrovie, strade ferrate, con particolari difficoltà di studio; 30 milioni per strutture in cemento armato e ponteggi; e 14 per opere come gallerie, dighe e conche.
Le strade provinciali da anni sono al centro di una querelle politica tra governo Musumeci e ministero per le Infrastrutture. Nel 2018, l’allora primo governo Conte, con ministro Danilo Toninelli, si disse disponibile a nominare un commissario straordinario per velocizzare la realizzazione degli interventi sulla viabilità secondaria. L’impegno era quello di trovare un nome che andasse bene ad ambedue le parti. Da allora però sono cambiati altri due ministri, ma l’accordo non è stato trovato. «Da due anni chiediamo ai governi di Roma di nominare un commissario tecnico che si sostituisca in Sicilia alle ex Province nella manutenzione della viabilità secondaria. Da allora solo un vergognoso, imbarazzante silenzio. Sapremo ricordarcene», ha detto in estate Musumeci. Qualche settimana più tardi è stata l’ex ministra Paola De Micheli, in carica nel governo Conte bis, a replicare a distanza al governatore siciliano. «Finora c’è stato soltanto un braccio di ferro politico. I commissari sono tecnici, non possiamo mettere queste cose in mano a persone interessate a gestire il consenso territoriale», ha commentato De Micheli parlando alla festa dell’unità, in riferimento alla disponibilità di Musumeci a ricevere i poteri commissariali. Un’ipotesi che a Roma fin qui hanno sempre escluso.
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