Stefania e Romana: due siciliane e la loro vita in Iran Dal cibo al velo: «Paese da visitare senza pregiudizi»

Due siciliane in Iran. Stefania Caniglia e Romana Assenza sono tra le tante che, partite dall’Isola, vivono la loro vita in una realtà nuova, spesso raccontata come dura per una donna occidentale. Eppure nelle loro giornate sembra non mancare proprio nulla: dal lavoro alla casa, dalla palestra alla spesa, dallo sport alle gite nel fine settimana. Per Romana, da pochissimo, è arrivata una bimba di cui prendersi cura anche con l’aiuto dell’amica Stefania, che ha conosciuto in India, quanto entrambe vivevano lì con i mariti ingegneri. «È bello trovare nuovi stimoli, lingue, culture e abitudini alimentari e accrescere il bagaglio culturale e l’apertura mentale», raccontano a MeridioNews le due donne a Karaj, a circa un’ora da Teheran, dove si sono inaspettatamente ritrovate da qualche mese. «Una bellissima coincidenza» per le due trentenni, che vivono in un quartiere curato e circondato dal verde. Senza nascondere i problemi legati all’obbligo di portare il velo e alle difficoltà di comunicazione.

Stefania, 33 anni, è laureata in Biologia molecolare e ha vissuto fra Catania, Trieste e l’India, dove ha avuto modo per la prima volta di approcciarsi a usi e tradizioni diverse dalle proprie. «Mi impressionava e mi faceva ridere vedere che, quando andavo in biblioteca, dipendenti e studenti si avvicinavano per chiedermi cosa leggevo, se volevo acqua o tè, erano incuriositi da questa donna bianca che studiava da sola». Al momento attende risposta a due colloqui come biologa e come lettrice di italiano per stranieri. Romana, 33 anni anche lei, è originaria di Pozzallo e si è laureata a Bologna in Lettere classiche e storia. Prima di arrivare in Iran ha vissuto a Udine e a Calcutta, dov’era l’unica donna in una guest house con sette ingegneri. Una volta arrivata in Iran, ha ottenuto un posto in una scuola italiana, ma l’arrivo della piccola Arianna, sua figlia, ha cambiato le sue priorità. «È nata qui e devo dire che ho faticato per trovare una ginecologa che parlasse inglese e praticasse il parto naturale», racconta Romama, tornata in Sicilia per battezzare la figlia che si augura impari presto l’inglese. «Abbiamo conosciuto tante famiglie che si spostano e i bambini si adattano facilmente alle nuove situazioni. Probabilmente frequenterà una scuola americana, ma è ancora presto per dirlo».

Le due donne, intanto, si ambientano nella nuova città, dove resteranno per altri due anni circa, e cercano di cogliere il buono da ogni aspetto della vita quotidiana. «Fare la spesa qui è più semplice e i sapori sono buonissimi – racconta Stefania – Gli iraniani dimostrano la stessa disponibilità e calore dei siciliani». Il problema principale resta la lingua, in pochi parlano l’inglese ed è quasi un miracolo quando riescono a conversare con qualcuno. «È pesante non poter esprimere i propri sentimenti o dire ciò che si pensa», spiegano. Un ostacolo che le due intendono superare con lo studio del farsi, la lingua locale, anche se può succedere di incontrare chi parla italiano: «Amano il nostro Paese e a volte ci invitano a pranzo o a cena».

A fare gli inviti sono gli uomini, non senza prima chiedere il permesso ai mariti di Stefania e Romana. «Quando siamo arrivate pensavamo che non ci si potesse baciare o tenersi per mano in pubblico, invece nessuno si infastidisce e ci siamo rese conto che spesso si ha un’idea esasperata dell’Iran», raccontano le ragazze, che comunque sono costrette a portare almeno il velo fuori casa. Per Stefania è «uno degli aspetti più scomodi di stare qui, perché bisogna portarlo sempre, perfino quando gioco a tennis». Anche se ormai scialli e sciarpe di tutti i colori e le fantasie fanno parte del guardaroba delle due siciliane, che hanno momentaneamente messo da parte tacchi e minigonne.

Frequentando la palestra ci si accorge, però, di come sotto gli abiti tradizionali delle donne locali a volte si nascondano «completini succinti di ogni genere e interventi di chirurgia estetica», raccontano Romana e Stefania, che chiariscono come la vita lì si svolga principalmente nelle case, dotate di grandi saloni per gli ospiti. I loro saloni le due siciliane vorrebbero presto riempirli con amici e parenti, che sentono via internet e vengono a trovare tre volte l’anno. «Sono preoccupati perché viviamo qui, ma li aspettiamo per dimostrare loro che ci siamo ambientate benissimo». A tavola per esempio mangiano cibo iraniano come pollo, riso, zafferano, foglie di vita e frutta secca, ma hanno anche insegnato a un gruppo di iraniani a cucinare la pizza, la carbonara, la matriciana, le scacce ragusane e la parmigiana. «Gli esseri umani hanno paura di quello che non conoscono e speriamo che il nostro piccolo intervento possa spingerli a visitare senza pregiudizi questo Paese meraviglioso».

Giorgia Lodato

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