In attesa che il Parlamento legiferi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il sindacato della guardia di finanza lancia il cuore oltre l'ostacolo e si rivolge alle forze armate palermitane. «Gli stati maggiori non ci vedono di buon occhio, hanno paura di perdere il loro potere»
Sindacati tra i militari, si può? Il tentativo della Cgil «Qui i suicidi sono quadruplicati rispetto alla media»
«Al momento non possiamo appendere una locandina o tantomeno indire un’assemblea». La democratizzazione delle forze armate, di cui si parla dal dopoguerra, appare lontana nelle parole di Francesco Zavattolo. Il segretario generale della Silf sa di essere un’eccezione. Nel mondo militare i sindacati, in quasi 70 anni di storia repubblicana, non sono mai esistiti. Eppure è proprio da Palermo che questa anomalia – storica, culturale, politica, ideologica – vuole essere superata.
Nel salutare lo sforzo dei colleghi che intendono lanciare la rappresentenza sindacale all’interno della guardia di finanza, il segretario provinciale della Silp Michele D’Anna – il sindacato dei lavoratori di polizia, che ha invece 20 anni di storia alle spalle – osa un timido «compagni e compagne». Forse troppo per la scarna platea della Real Fonderia, alla Cala, dove la presenza di uomini e donne in divisa è piuttosto sparuta. Dopo la sentenza n°120 del 2018 della Corte Costituzionale, che ha aperto alla sindacalizzazione di tutte le forze armate, il Parlamento non è ancora riuscito a emanare una legge che possa dare la necessaria cornice legislativa. Attualmente una proposta di legge giace presso la Commissione Difesa. Intanto la Silf ha deciso di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, presentando la sede provinciale nel capoluogo siciliano in un incontro che parte da un’emergenza, ovvero “le condizioni di vita e di lavoro degli operatori del comparto sicurezza“.
Negli ultimi tempi, infatti, sono stati numerosi i casi di suicidi tra le forze dell’ordine a Palermo. «Stiamo cercando di formare un sindacato forte, visibile e unito – afferma Massimiliano Artuso, coordinatore Silf Palermo – sia all’interno che all’esterno delle forze dell’ordine. Siamo nati dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Per noi si tratta di una rivoluzione sociale che rischia di essere impoverita dalla resistenza degli stati maggiori che non vedono di buon occhio la presenza delle organizzazioni sindacali. La loro paura è di perdere il proprio potere. Anche la Commissione Difesa sta impoverendo di molto la proposta di legge dell’onorevole Corda. Di certo l’ambiente lavorativo delle forze dell’ordine è stressante, a Palermo i suicidi si sono quadruplicati rispetto alla media nazionale». Il tentativo della Cgil di dare rappresentanza alle istanze di chi lavora nelle forze armate viene spiegato dal segretario generale Enzo Campo,
«Le condizioni di vita e di lavoro di chi opera nel mondo della sicurezza sono essenziali – afferma La nostra presenza è fondamentale per la democrazia. Nessuno vuole mettere in discussione le gerarchie, ciascuno ha ruoli e funzioni fondamentali. Ma non possono esserci zone franche per chi voglia farsi rappresentare nelle tutele dei propri diritti. Sono passati i tempi in cui si sparava ad altezza d’uomo: oggi c’è una democrazia partecipata e affermata. Allo stesso tempo viviamo una crisi economica e sociale che non ha eguali, ancor di più a Palermo, dove si passa dalla stagnazione alla recessione. La paura di perdere quel poco che si fa ci fa rinchiudere nella nostra solitudine. La solidarietà che si è frantumata, anche tra i lavoratori e le lavoratrici, va invece rilanciata».
Lo psicologo e psicoterapeuta Daniele Landino parte dal noi che si contrappone all’io nella riflessione di Enzo Campo. «Il suicidio è un insieme di fattori – afferma – I traumi che ciascuno di noi affronta non sono soltanto infantili e lo sanno bene le forze dell’ordine, che ne subiscono quasi quotidianamente. L’importante è non semplificare i colloqui, come purtroppo a volte si fa nel campo militare. Per quanto riguarda i dati si possono citare quelli dell’associazione Cerchio Blu: il suicidio è la terza causa di morte tra le forze dell’ordine, dopo gli incidenti automobilistici e le malattie. Nel biennio 2015-2016, che sono gli ultimi dati a disposizione, ci sono stati 66 suicidi. La fascia di età più colpita è quella tra i 40 e i 49 anni. C’è chi sta pensando a una app specifica per il sostegno. Mentre il centro veterani sta creando la sezione assistenza psicologica e ha intenzione di supportare i familiari. E’ importante anche la questione legata all’arma di ordinanza. Togliere l’arma di ordinanza può intimorire il militare, farlo sentire castrato, limitarlo nella propria identità. Ma è importante accompagnare la persona in questo provvedimento, spiegando che ci sono altre soluzioni. Bisogna conoscere sempre lo stato di salute di chi si è tolto la vita, perché non c’è migliore maniera per prevenire».
Anche il Comune di Palermo, attraverso la presenza dell’assessora Giovanna Marano (che ha un passato da sindacalista) guarda con favore alla sindacalizzazione delle forze armate, un processo di democratizzazione troppo spesso rinviato. Ma quali sono le cause di questo fenomeno, che ha poi risvolti concreti nella vita di ogni giorno dei cittadini e delle cittadine che hanno a che fare con personale poco e male organizzato, e che quindi ne subiscono le conseguenze nella logica del monopolio della violenza legittima teorizzato da Max Weber? Per rispondere a questa domanda il ricercatore del Diritto del Lavoro all’università di Palermo Silvio Bologna fa un excursus storico.
«La prima amministrazione pubblica in Europa paradossalmente è l’esercito, durante l’epoca prussiana – afferma Bologna – La destra ha sempre creduto che, dovendo garantire la sopravvivenza dell’ordinamento giuridico (e ovviamente statale), il mondo militare avesse per questo una sorta di supremazia speciale. Si tratta di un principio giuridico largamente affermato. Un modello che sopravvive anche alla caduta del fascismo e alla nascita della repubblica. Con la nascita della Costituzione l’articolo 39, che sancisce che l’organizzazione sindacale libera, viene sacrificato sull’altare dell’articolo 98 che definisce i limiti del pubblico impiego. Resta comunque intollerabile che a oltre un anno di distanza dalla sentenza del massimo organo giuridico il Parlamento non abbia ancora legiferato. Con questa non azione vengono tolti diritti ai citadini con le stellette, che sono cittadini come tutti gli altri».
Per chi non conosce gli ambienti, un timore diffuso relativo alla sindacalizzazione del mondo militare riguarda un altro diritto costituzionalmente garantito, ovvero quello allo sciopero. In tanti si chiedono: cosa succederebbe se ci fosse uno sciopero di massa delle forze armate? Per il segretario nazionale della Silf Francesco Zavattolo si tratta di paure infondate. «Per manifestare un disagio comunque si possono trovare altre forme, per esempio si potrebbe scegliere di lavorare senza divisa» afferma. Di fronte a scenari ipotetici, in ogni caso, ciò che più conta sono i dati, e i fatti, di partenza. «La sezione di Palermo – segnala ancora Zavattolo – è una delle più numerose. Siamo giovani, siamo ufficialmente nati un anno fa, ma abbiamo una lunga tradizione di 20 anni. Il percorso di legge che disciplini la sindacalizzazione delle forze militari è diventato peggio di una telenovela americana. E’ vero che l’autoritarismo all’interno del nostro mondo è predominante (anche a me, come sindacalista, quando ho dovuto far presente un problema a un mio superiore è stato fatto notare il grado minore) ma è altrettanto vero che quando facciamo presente un problema, pur senza interlocutori al momento, questo viene risolto. Al momento sono 2500 gli iscritti alla Silf in tutta Italia. L’intento è partecipare ai primi tavoli della contrattazione nel 2020».