Tre attività imprenditoriali, due auto e una moto sono stati sequestrati dalla guardia di finanza ad Alessandro Tirendi. Gli inquirenti hanno ricostruito le vicende giudiziarie in cui è stato coinvolto. Due sono i sistemi illegali emersi dalle indagini. Guarda il video
Sequestro da 4,5 milioni di euro all’imprenditore Tirendi Frodi fiscali e contrabbando. «Vive coi proventi illeciti»
Tre attività imprenditoriali, due auto e una moto per un
valore complessivo di oltre 4,5 milioni di euro è il patrimonio illecito che la guardia di finanza di Catania, su proposta della procura della Repubblica, ha sequestrato a Alessandro Primo Tirendi (classe 1981). «Un soggetto – fanno sapere dalle fiamme gialle – che vive abitualmente con i proventi di
attività delittuose
», nello specifico frodi fiscali e contrabbando aggravato per l’illecita commercializzazione di carburante.
Dal 2012 al 2018, Tirendi è stato al centro di indagini condotte dalle procure di
Catania, Marsala (Trapani) e Palermo. Oltre a frequentazioni con pregiudicati, Tirendi risulta coinvolto in diverse vicende giudiziarie. Nel 2016, è stato sottoposto agli arresti domiciliari dalla guardia di finanza di
Trapani per avere fatto parte di un’
associazione a delinquere finalizzata alla
commissione di delitti di sottrazione di pagamento dell’
accisa sul gasolio da
autotrazione.
Nel 2017, nell’operazione
Nespola del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania, Tirendi è finito di nuovo ai domiciliari, insieme ad altre 28 persone, per associazione a delinquere
finalizzata al contrabbando di prodotti petroliferi
immessi nel mercato
nazionale in evasione d’imposta, utilizzo ed emissione di
fatture per operazioni inesistenti,
falso ideologico, frode in commercio e turbata
libertà del commercio. Con lo stesso provvedimento,
il gip aveva disposto il sequestro di 25 impianti di distribuzione stradale di carburante tra le province di Catania, Ragusa, Siracusa ed Enna.
Nel 2018, Tirendi è stato poi rinviato a giudizio per avere promosso – da gennaio 2015 a febbraio 2016 a Catania, Mazara del Vallo e Augusta – un’
associazione a delinquere aggravata finalizzata all’evasione dell’Iva sui prodotti petroliferi commercializzati. Il procedimento penale in
questione è collegato all’
operazione Dirty Oil che ha portato alla luce un sodalizio internazionale dedito al riciclaggio di gasolio libico illecitamente asportato da una locale raffineria (a 40 chilometri a ovest da Tripoli) e destinato, dopo miscelazione, a essere immesso anche
nel
mercato italiano come carburante da autotrazione con consistenti frodi all’Iva.
Nello stesso anno, Tirendi è finito ai domiciliari insieme ad altre 42 persone indagate per essersi associati con lo scopo di realizzare
frodi in commercio, falsità in sigilli e strumenti di autenticazione e di sottrarre i prodotti petroliferi commerciati al pagamento delle accise e
dell’Iva mediante l’emissione e l’utilizzo di
fatture false e la fittizia intestazione
di beni
.
Dalle indagini sono emersi
due ricorrenti sistemi di frode: un primo rappresentato dall’utilizzo di gasolio agricolo (prodotto petrolifero
sottoposto a tassazione agevolata perché destinato alle macchine agricole)
prelevato da
depositi complici attraverso la produzione di falsa
documentazione
e dirottato per l’autotrazione di veicoli non agricoli. Il secondo sistema riguarda invece carburante per autotrazione, proveniente da raffinerie e depositi commerciali, che veniva
commercializzato
senza l’applicazione dell’Iva ricorrendo a documentazione di
trasporto contraffatta e
fatture false in quanto compilate con destinatari diversi
da quelli reali. La
frode carosello all’Iva si
realizzava attraverso la partecipazione – reale e fittizia – di più operatori
commerciali che si frapponevano tra gli effettivi venditori e acquirenti con
l’esclusivo scopo di
capitalizzare il mancato versamento dell’Iva.
I
sodalizi
criminali sarebbero riusciti a evadere il
pagamento dell’imposta attraverso l’intervento di
falsi esportatori abituali che
emettevano dichiarazioni d’intento non veritiere, che consentivano agli stessi di
acquistare da italiani carburante
senza l’applicazione dell’Iva per poi
rivenderlo (anziché all’estero) nel territorio nazionale a vantaggio di imprese che
consapevolmente incassavano, tra i
profitti illeciti, l’imposta mai versata. Per questo, il tribunale etneo ha ritenuto Alessandro Tirendi un «soggetto gravato da pericolosità
sociale»
e che i beni e le attività economiche acquisite dal 2012 al 2018
rappresentino il frutto e il reinvestimento dei proventi delle
attività illecite, ininterrottamente commesse avvalendosi anche dell’appoggio di
soggetti
appartenenti a clan mafiosi etnei.
Il
patrimonio imprenditoriale sottoposto a sequestro riguarda, oltre due auto e una moto – diverse attività e complessi aziendali: la ditta individuale Tirendi Alessandro Primo, con sede a Gravina di
Catania, attiva dal 2012, per l’attività di trasporti di merci su strada;
Tiroil Srl, con sede Catania, attiva dal 2012, esercente il
commercio all’ingrosso e al minuto di prodotti petroliferi e il trasporto su
strada di merci. Di questa società Tirendi risulta amministratore e socio unico, dopo avere acquistato dal fratello le quote nel 2014. Ultimo volume d’affari conseguito
supera i
25 milioni di euro (anno 2016); Tir. Oil Srl, con sede a Catania, attiva dal 2016 nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi senza deposito, è un’impresa
amministrata da un «
prestanome controllato e diretto» da Tirendi che ha prodotto
un volume d’affari (anno 2018) di circa
10 milioni di euro.