Nelle carte dell'inchiesta Shoes, che ha portato all'arresto di 25 persone, si ripercorrono anche le difficoltà di chi è chiamato a gestire i luoghi di smercio di cocaina e marijuana. Affari da migliaia di euro giornalieri per far fronte anche alle aspettative dei boss
San Cristoforo, i sussidi per i cugini di Nitto Santapola Dallo spaccio soldi e giocattoli per famiglie dei detenuti
«Se guadagnassi un milione di euro, sai dove me ne andrei? Sopra un’ìsola. Sempre qui in Sicilia, perché la mia terra non la lascerei, ma sopra un’isola, nella pace». Difficile dire se quello di Sebastiano Sozzi, Davide per i più, fosse un preciso desiderio di abbandonare tutto e andare a vivere in una delle tante piccole porzioni di terra sparse in mezzo al mare oppure un’aspirazione più astratta, di isolamento momentaneo. Quale che fosse il significato, le parole del 37enne, arrestato ieri insieme ad altre 24 persone nel blitz Shoes, restituiscono la fotografia dell’ingranaggio che governa le attività delle piazze di spaccio. Centri commerciali dell’illecito capaci di garantire migliaia di euro di proventi al giorno, grazie a ritmi serrati e a una filiera strutturata, ma anche di tirarti a fondo non appena ti distrai. Specialmente se dalla vendita di cocaina, crack, marijuana e skunk devono venire fuori anche le somme da girare alle famiglie dei detenuti. Come nel caso di Turi Amato e Grazia Santapaola, marito e moglie, il primo boss del clan Ottantapalme – poi confluito nei Nizza – la seconda cugina di sangue del capo dei capi etneo Nitto.
Le piazze di spaccio, Sozzi, ha scelto di viverle dall’esterno: «Se ne avessi una mia, me la dividerei con uno e gli direi “’mbare, sbrigatela e dividiamo metà ciascuno”», confida l’uomo a fine 2017. Non è un periodo buono per gli affari, quello. E non perché la droga non si venda. Il fatto è che anche avere un giro da quattromila euro al giorno non garantisce di rimanere al passo con i pagamenti. Sozzi lo comprende quando Coccolino, all’anagrafe Nino Guglielmino, inizia a faticare a corrispondere le somme pattuite nella gestione della piazza di via Alagna, nel quartiere di San Cristoforo. Il rapporto tra i due viaggia tra alti e bassi, ma a cavallo tra 2017 e 2018 sono più i momenti di sfiducia. Al punto che Sozzi cerca concretamente un sostituto. «Lo sali in macchina e gli dici “Ciccio, la vuoi questa piazza?”», dice Sozzi al giovane Salvatore Amato, nipote del boss.
I tentativi di cambiare la guida alla piazza di via Alagna, secondo la ricostruzione fatta nelle cart edell’inchiesta, sono più di uno. Gli affari e le pressioni che da essi scaturiscono hanno la precedenza. Seppure nella consapevolezza che Guglielmino oltre a tenere la droga per il gruppo di Sozzi, conserverebbe anche armi. Le preoccupazioni del 37enne e della moglie Silvana Mirabella, anche lei arrestata, aumentano decisamente quando a febbraio 2018 Coccolino viene catturato in flagranza di reato. Il 27enne, pochi mesi dopo, verrà fermato nell’operazione Bivio. «Si sono portati a Nino», annuncia la donna in piena notte, l’11 febbraio. Sozzi decide subito di convocare la moglie di Coccolino. È quasi l’alba, quando la giovane spiega che la droga di cui era in possesso il marito adesso è nelle mani di un terzo. Un amico che dovrebbe custodirla. Sozzi è più che sospettoso, teme che la cocaina e la marijuana possano sparire.
«Ho perso 8500 euro, ho perso», dice alla moglie Sozzi. A quel punto il gruppo tenta di rintracciare la persona che dovrebbe avere la droga. «Lo chiami, per favore?», chiede alla moglie di Coccolino. «Mi ha chiamato con lo sconosciuto, non ce l’ho», replica la giovane. Inutile si rivela anche il tentativo di recuperare un numero in passato salvato in rubrica come Laura2. Così come quello di individuarlo tramite Facebook. «Domani valli a sentire a quelli, la vecchia là», si lamenta Sozzi. La vecchia sarebbe Grazia Santapaola, la cugina di Nitto. La preoccupazione derivante dal sapere di avere il marito in questura fa sbottare la moglie di Coccolino: «Ci parlo io con la vecchia, perché adesso, scusando l’espressione, mi sta facendo gonfiare…»
Quello che accade al terzo piano di una palazzina di corso Indipendenza, all’alba dell’11 febbraio di due anni fa, è solo uno dei tanti momenti in cui si palesano le difficoltà di fare quadrare i conti. Le occasioni, per sentire su di sé il peso delle pressioni di chi si attende di ricevere costantemente i sussidi offerti dal welfare messo a diposizione dalla criminalità organizzata, non mancano. Pochi mesi prima, la moglie di Sozzi raccontava alla vicina di casa Francesca Patrocelli (anche lei arrestata) di come le mogli di alcuni detenuti – tra cui Grazia Santapaola e la figlia – si fossero lamentate della lentezza con cui il marito stesse corrispondendo le somme mensili previste. Un rilievo che per Silvana Mirabella sarebbe stato del tutto fuori luogo. «Vito mi aveva detto a colloquio se ci poteva fare avere l’hoverboard a suo figlio per i Morti. Si dà a capire che Davide sta mantenendo le famiglie, e manda anche i giocattoli ai bambini».