Dal 2 al 4 luglio scorso Giarre ha ospitato il primo Festival dell’Incompiuto Siciliano. Tre giorni intensi durante i quali i cittadini sono stati coinvolti in workshop, assemblee pubbliche, tour turistici, concerti, spettacoli pirotecnici, visioni psichedeliche. Una vivacità anomala per la cittadina ionica, che grazie all’impegno dei ragazzi della Fondazione Incompiuto Siciliano si è trasformata in un enorme, creativo, spettacolare cantiere di progettazione urbana partecipata. L’obiettivo? Tornare a guardare e a riappropriarsi della numerose opere incompiute che diventeranno parte del Parco Archeologico dell’Incompiuto Siciliano attraverso processi di visione e costruzione creativa dello spazio.
Curato da Alterazioni Video, un gruppo di artisti milanesi che lavora sia in Italia che all’estero, “L’incompiuto siciliano” è un progetto di rilettura del paesaggio italiano, che mira a ribaltare la percezione negativa che si ha delle opere pubbliche incompiute fino a riscoprirne la dignità di opere d’arte e a trasformarle così in una risorsa economica. A Giarre la lista è formidabile: la piscina comunale, il centro polifunzionale, il mercato dei fiori, la pista per automodellismo, la casa per anziani, il parco Chico Mendez con la sua bambinopoli e il teatro comunale con i suoi quasi 60 anni. E infine, quel gigantesco campo di polo, oggi usato come pista di atletica, con i suoi imponenti spalti fuori norma: uno scheletro di cemento che sovrasta la città e che accoglie i visitatori provenienti dalla statale 114.
Da qualche mese, dalla lista è stato cancellato un grande parcheggio multipiano che sorge nel centro storico, rimasto incompiuto per decenni. Ultimato dal Comune? Assolutamente no. I lavori sono stati affidati ad un’impresa privata, la Giarre parcheggi, che ha ricevuto in cambio la gestione per quarant’anni non solo della struttura, ma di tutte le strisce blu del Comune di Giarre. Giarre vanta purtroppo il numero maggiore di opere pubbliche non finite in rapporto alla densità della popolazione. Un triste primato che le è valso il ruolo di capitale europea delle incompiute. Ora, con l’istituzione del Parco Archeologico dell’Incompiuto Siciliano, s’intende promuovere il territorio sviluppando una nuova economia legata al turismo sostenibile. Ma a che servono le visite guidate alle opere abbandonate? «Lo scopo del tour – spiega Andrea Masu, di Alterazioni Video – è quello di trovare un sistema alternativo per parlare di questa situazione andando oltre la denuncia. Queste opere sono stati enormi canali di finanziamento, soldi distribuiti agli enti locali ed alla macchina burocratica, alle ditte appaltatrici e ai costruttori. Un’economia parassitaria che ha dato soldi a molti. Ora però il gioco si è rotto, ed è subentrato un processo di mesmerismo, cioè intere porzioni di territorio sono svanite dalla nostra visione. Noi vogliamo elaborare un progetto creativo di riqualificazione, e fare di queste costruzioni simboli di rinascita della città».
A fare da ciceroni ai visitatori durante i tour tra le opere incompiute sono stati alcuni artisti siciliani, mentre il collettivo di architetti-paesaggisti francese Coloco ha condotto un workshop con studenti di architettura, artisti e cittadini sulla progettazione di un giardino presso l’edificio incompiuto del Centro Polifunzionale. Alla fine è stata presentata l’opera/performance “L’origine del mondo – la vita nasce dalla pietra”. Per un centinaio di persone è stata la prima volta dentro il centro polifunzionale: seduti sui gradoni in cemento dell’anfiteatro hanno goduto dell’atmosfera suggestiva creata dal fuoco e dalla performance degli artisti francesi. Il giorno dopo, presso la bambinopoli del parco Chico Mendez si sono svolti due eventi simbolici e spettacolari. Il primo “Da Giarre con amore…”, la cerimonia del taglio di una colonna incompiuta che verrà installata alla XII Biennale di Venezia. II secondo, un concerto/spettacolo di Alterazioni Video: “In principio era il fuoco” che ha chiuso la tre giorni.
Gli eventi del Festival hanno coinvolto cittadini eterogenei: architetti, studenti, agronomi, urbanisti, registi, sociologi e giornalisti, filosofi, imprenditori come Andrea Vecchio, artisti e semplici abitanti dei quartieri dove sorgono le opere. Tutti accomunati da un interesse per i problemi del territorio, che ciascuno modula e arricchisce in funzione del proprio retroterra culturale, della propria disponibilità, sensibilità e competenza. Non sono mancate le critiche sulla pagina Facebook dell’evento: c’è chi non ci sta a trasformare una vergogna in un vanto, qualcuno teme che la costruzione di un parco impedisca per sempre l’ultimazione delle opere. Sebastiano Messina, giornalista giarrese, a capo de La Repubblica Palermo scrive: “Non capisco. Invece di prendere i forconi e pretendere dagli amministratori che queste opere vengano completate e consegnate al più presto ai cittadini che le hanno pagate con le loro tasse, voi vorreste che fossero lasciate così, come insediamenti artistici, e magari portarci i turisti a vedere come si sprecano i soldi pubblici in Sicilia e come sono fessi gli abitanti di Giarre che si beccano tutto questo senza fiatare? Ma siete impazziti?” Andrea Masu su questo punto è chiaro: “Noi pensiamo che con le opere incompiute si possono fare quattro cose: le finiamo, le demoliamo, le riconvertiamo oppure le lasciamo così, monumenti della memoria. Affrontando caso per caso, perché solo alcune, che noi indichiamo come incompiute pure non possono essere ristrutturate per tutta una serie di motivi, né demolite per i costi eccessivi. Noi proponiamo di lasciare queste così come sono, intervenendo eventualmente per levare, invece che aggiungere”.
Il progetto, a cui hanno partecipato anche Claudia D’Aita, assessore alla Cultura di Riposto, ed Enrico Sgarbi, sarà presente alla prossima edizione della Biennale d’Architettura di Venezia, presso il padiglione “Laboratorio Italia”, curato da Luca Molinari.
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