Dei fiori e delle panche non è rimasto nulla. Persino i colori accesi, a distanza di poco più di un anno, sono già sbiaditi. L’installazione di salita Raffadali, che aveva fatto gridare alla riqualificazione di Ballarò, è quasi del tutto scomparsa. E con essa anche la pedonalizzazione della strada che dal Cassaro – o via Vittorio Emanuele, se si vuole utilizzare il nome ufficiale – conduce a piazza Professa, nel cuore dell’Albergheria. Dopo le proteste di un gruppo di residenti, che hanno mosso un ricorso contro l’ordinanza del Comune che a maggio del 2018 aveva stabilito il divieto di transito per le auto, la piccola e ripida salita nei pressi di piazza Bologni è tornata accessibile a tutti, mezzi e persone. Un piccolo grande sogno, sostenuto anche dalla giunta Orlando con tanto di inaugurazione e la presenza di più assessori, che è già sfumato. E che è diventato un tasto dolente per gli ideatori del progetto. Nonché un «luogo di degrado», come denunciano alcuni abitanti della zona, con i pochi superstiti vasi che sono diventati ricettacolo di rifiuti.
«Stiamo aspettando di capire che succederà col nuovo piano delle pedonalizzazioni della giunta – dice Angelica Agnello, di Orto Capovolto – Sulla mobilità è necessario infatti uno sguardo più ampio che non può riguardare solamente una strada o alcune arterie principali del centro storico. Vogliamo dunque capire cosa succede intanto nel periodo di sperimentazione che il Comune ha avviato (con riferimento al doppio senso di via Roma e la chiusura al traffico della parte di via Maqueda che dai Quattro Canti arriva a corso Tukory, ndr). La nostra idea è quella di tornare alla pedonalizzazione della strada». Un percorso che era stato avviato dunque a maggio del 2018 dall’associazione Ballarò significa Palermo, col coinvolgimento dei volontari dell’associazione Orto Capovolto che hanno realizzato un’installazione architettonico-paesaggistica in collaborazione con le attività commerciali presenti e i residenti.
«Verso metà settembre, con tutti coloro che hanno fatto parte del progetto, faremo un incontro per capire come muoverci» assicura Angelica. Resta inevasa una domanda: se l’installazione piaceva allora perché la giunta non l’ha difesa di fronte un gruppo di residenti che vanta certamente le proprie ragioni ma che sembrava minoritaria, almeno stando alla narrazione che è stata fatta l’anno scorso, di fronte l’apprezzamento dei tanti e tante che ogni giorno quella salita percorrevano? «Ci sono stati diversi problemi – dice ancora Angelica – Alcuni residenti di piazza Bologni hanno un po’ spaccato il clima favorevole, collegandosi al fatto che comunque si trattava di un’ordinanza temporanea che indicava una chiusura temporanea di quattro settimane, che poi è stata rinnovata di volta in volta. Invece, per diventare una cosa concreta, la pedonalizzazione deve essere inserita all’interno di un vero piano della mobilità. Bisogna capire ad esempio cosa cambierà con le nuove sperimentazioni, per capire se si può chiedere ancora la pedonalizzazione di salita Raffadali. Perché l’apertura alle auto potrebbe diventare inutile o fondamentale, a seconda di come si evolve il resto della mobilità della zona».
In ogni caso, se salita Raffadali dovesse tornare pedonale, ci sarebbe da rifare tutto. «Quello era un esperimento – assicura Angelica – A noi interessava che salita Raffadali non fosse una qualsiasi strada pedonale. Ecco perché abbiamo inserito ad esempio le panchine in centro e non ai lati, perché volevamo che quello diventasse uno spazio di aggregazione. E così è stato, attraverso ad esempio la presentazione di libri e incontri pubblici che si sono susseguiti. L’obiettivo insomma era di farlo diventare un luogo di tutti, facendogli perdere la funzione di semplice strada. Noi intanto abbiamo avviato da tempo una petizione online per difendere il giardino urbano, che ad oggi vede più di duemila firme». Un sostegno che però al momento non è bastato. Nonostante la strada, dopo la sperimentazione dello scorso anno, adesso viene comunque poco utilizzata. Non si trovano più, ad esempio, le auto parcheggiate sul marciapiede. Così come più in generale il transito – sia di pedoni che di mezzi – è certamente ridotto.
«Da quando abbiamo dipinto la strada le persone sono più invogliate ad attraversarla a piedi. Quando c’erano gli arredi, inoltre, molte persone scattavano foto, camminavano a zig zag tra le panchine, affrontavano volentieri quella salita rapida. Ed è proprio quello lo spirito con cui è nata la nostra installazione, cioè quello di incuriosire e di divertire in qualche modo – conclude Angelica – Anche i bambini, nonostante la discesa, giocavano lì con la palla».
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