Nel pantagruelico mondo dem c’è l’ennesima gatta da pelare. A Riposto, piccolo Comune della fascia ionica della provincia di Catania, il segretario del Partito democratico questa mattina ha deciso di lasciare il suo incarico. «Disgusto, amarezza e rabbia» sono i tre ingredienti che hanno portato Domenico Marino a farsi da parte nel circolo locale che da anni rappresentava. Una scelta «irrevocabile», la definisce in una missiva indirizzata al vertice provinciale Enzo Napoli. Tutto normale, almeno fino a questo punto della vicenda. Se non che nei giorni scorsi, proprio il gruppo locale del Pd aveva acceso una miccia esplosiva sulla storia più chiacchierata della settimana all’ombra di San Pietro, il Santo protettore di Riposto. Per ripercorrerla bisogna riavvolgere il nastro e fermarsi a mercoledì scorso, quando negli uffici del Comune ionico vengono scoperte due missive minatorie, con tanto di coltelli allegati, contenute dentro altrettante buste.
Mi sento un leone e morirò da leone
I destinatari sono il sindaco di centrodestra Enzo Caragliano, e il suo assessore all’Istruzione Gianfranco Pappalardo Fiumara. Come avviene in questi casi, dopo che la vicenda è stata resa pubblica, è iniziata una lunga catena di messaggi di solidarietà. Dai sindaci dei Comuni vicini, passando per la galassia di partiti politici e movimenti, fino alle associazioni antiracket. Tutti allineati sottolineando «preoccupazione e amarezza» a esclusione del circolo locale del Partito democratico. I dem, attraverso una nota di fuoco, decidono di andare fuori dal coro lanciando non poche ombre sul fatto. Perplessi perché la sensazione è che dietro quelle buste ci possa essere stata una vera e propria «simulazione di minaccia». Organizzata da chi? E perché? «La nostra ipotesi è molto semplice. – si legge – Qualche persona amica del sindaco e dell’assessore ha organizzato la messinscena, ovviamente a loro insaputa, nel convincimento che gli stessi avrebbero tratto vantaggi nel momento delle elezioni. Una strenna natalizia da parte di un balordo». Per i dem Caragliano non avrebbe fatto nulla in questi quattro anni di sindacatura per meritarsi un simile avvertimento.
Giornate di tribolazione a cui adesso si aggiungono le dimissioni del segretario locale in un partito profondamente frammentato. Il diretto interessato preferisce non commentare nel merito, rimandando tutto alla direzione già convocata per l’inizio della prossima settimana alla presenza del segretario provinciale Napoli. «Ho rispetto per la sua scelta – commenta Napoli dopo avere appreso la notizia – Intuisco che si tratta prettamente di questioni a livello locale e il faccia a faccia servirà anche per provare a fare tornare Marino sui suoi passi». Sul tavolo del dibattito ci sarà, oltre ogni ragionevole dubbio, anche la vicenda Caragliano e la gestione successiva legata ai dubbi dei dem ripostesi sulle dinamiche della doppia minaccia, con l’esplicito invito alle forze dell’ordine a non trascurare la pista della simulazione di minaccia. Passaggio che però non è stato seguito, almeno per il momento, da nessuna denuncia ufficiale. Le indagini, secondo quanto appreso da MeridioNews, continuano ma senza una pista specifica. Come sempre avviene in questi casi, l’obiettivo è quello di identificare l’autore e chi si sarebbe occupato di consegnare le buste in Comune.
«Sono solo illazioni». Il primo cittadino intanto non ha dubbi e bolla come «infamanti» le ombre che sono state lanciate su quelle minacce di morte. «Se hanno qualcosa da dire vadano dai carabinieri. Io non leggo Facebook e non risponderò a quello che la gente scrive». Sindaco da quattro anni e possibile ricandidato nel 2018, Caragliano è un camice bianco all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Amministratore cresciuto a pane e politica anche in virtù della militanza democristiana del chiacchierato e potente fratello Nino, ormai defunto. «Non mi è mai capitata una cosa del genere, nonostante lavori a San Cristoforo – aggiunge il sindaco – ma io sono fermamente convinto di continuare per la mia strada. A Riposto ho amministrato con onestà e risultati positivi». Valutazioni e commenti sulla vicenda che si concludono sottovoce, ma con la volontà di non mollare la presa. «Mi sento un leone e morirò da leone».
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