In casa Pd si prova a riconfermare le due poltrone all'Ars già arrivate alle elezioni del 2012. Il contesto è però radicalmente mutato, e dentro il partito etneo tutto sembra concorrere a dividere piuttosto che a unire le eterogenee componenti. Mentre un secondo posto può valere oro come il primo
Regionali, a Catania tre tenori dem si giocano due seggi La rimonta di Villari, i timori dell’assessore Barbagallo
Conta fra correnti, guerra fra bande, corsa all’ultima preferenza. C’è tutto e il contrario di tutto nell’ansiogena campagna elettorale per le Regionali siciliane che sta vivendo il Pd a Catania. Dove, più che per l’eventuale vittoria o sconfitta del candidato presidente Fabrizio Micari, la consultazione fin da subito ha assunto i contorni della resa dei conti fra le tre componenti del partito. Nel segno di una lampante evidenza: i tre contingenti, guidati dai candidati all’Ars Luca Sammartino, Angelo Villari ed Anthony Barbagallo, in comune hanno solo il simbolo patrocinato dal segretario Renzi, mentre su tutto il resto c’è una distanza siderale, quando non aperta ostilità. In mezzo ci restano intanto gli altri frontman locali, dal sindaco Enzo Bianco ai deputati Giovanni Burtone e Giuseppe Berretta, all’europarlamentare Michela Giuffrida, impegnati a non fare la fine del vaso di coccio fra quelli di ferro.
Il racconto dell’ultima schermaglia arriva dalla provincia ma restituisce il polso, a ben più ampio raggio, su quanto accade nel Pd etneo: l’azzeramento della giunta al Comune di Bronte, decretato dal sindaco Graziano Calanna, barbagalliano, è stato accolto qualche giorno fa con parole al veleno dalla deputata regionale uscente Concetta Raia, area Cgil e impegnata a far sì che la sua poltrona all’Ars vada a Villari. Dietro la revoca di una giunta dove erano rappresentati un po’ tutti, c’è proprio il duello fra il mondo dem vicino al sindacato e la flotta dell’assessore regionale del Turismo, ex autonomista adesso in quota Giuseppe Lupo – Dario Franceschini. Le due anime – il concetto è chiaro in primis ai contendenti – si giocano, nella lista provinciale per l’Ars, la medaglia d’argento dietro la macchina da guerra data per vincente di Sammartino, apertamente lanciata verso il traguardo delle ventimila preferenze. E puntellato anche da altri uscenti come Valeria Sudano e Pippo Nicotra. Alle loro spalle, da un lato c’è un Angelo Villari, forte del radicamento sindacale sul territorio, che dopo i tentennamenti di settembre ha serrato le fila, presentandosi ora in rimonta al rush finale verso il 5 novembre. Dall’altro c’e Anthony Barbagallo in cerca della riconferma elettorale – nel 2012 fu eletto con quasi 10 mila preferenze, così come Raia – ma con il timore che ciò possa non bastare per superare i fratelli coltelli. Flop o meno di Micari, il Pd catanese spera di confermare i due seggi Ars già scattati cinque anni fa. L’arrivo del terzo scranno verrebbe considerato un successo, ma c’è anche chi dice che potrebbe farcela solo il primo, viste le difficoltà ad assemblare una lista competitiva al netto dei tre tenori.
Ma è anche uno sguardo alle rispettive campagne elettorali, con il suo insieme di vecchi rituali, scelte comunicative e la caccia quartiere per quartiere ai votanti, a restituire un quadro di diversità irriducibili che si misurano senza sconti. Dalla base, intanto, emerge lo scoramento di chi affronta la competizione fra il mancato traino di un candidato presidente, Micari, per qualcuno già perdente in partenza, e lo sbandamento per il ritrovarsi in un partito tenuto assieme, secondo qualche militante deluso, solo dal logo comune. Villari sembra riuscire a parlare proprio allo zoccolo duro dei circoli, girati paese per paese e foltamente rappresentati alla convention degli inizi di ottobre a Catania. Iniziativa che resta l’unica di grande portata fra quelle promosse dai tre tenori. Luca Sammartino ha invece optato per l’apertura a pioggia di uno o anche più comitati in gran parte dei Comuni, espressione di una rete di contatti capillare e anche del sostegno della maggioranza delle associazioni giovanili ed universitarie di area dem. A fargli visita anche qualche big dal piano nazionale come Debora Serracchiani e il ministro Claudio De Vincenti, presentati al pubblico in manifestazioni d’impronta renziana: sale eleganti e comizi descamisados. Anthony Barbagallo ha puntato tutto sulla pattuglia di sindaci e amministratori locali a lui vicina – ammaccata però da defezioni non da poco dell’ultim’ora -, su pochi bagni di folla bilanciati dal presenzialismo in giro per i Comuni e il tallone d’Achille delle sagre che avrebbe finanziato a pioggia. Pochi giorni fa, poi, l’assessore ha chiamato a raccolta i fedelissimi per l’arrivo in città del ministro Franceschini, incassando per l’occasione anche parole al miele dal sindaco Bianco.
L’ex ministro, mollato dal pupillo Alessandro Porto candidatosi in Forza Italia, resta lontano dall’agone delle Regionali. Ma è stato presente alle iniziative della candidata Elena Ragusa, consigliere Pd a Catania, al fianco di Mario Crocitti e altri supporter ortodossi. Meno defilate vecchie volpi come Burtone e Salvo Andò: entrambi hanno fatto la loro comparsa al fianco del giovane candidato bocconiano Elia Torrisi, così come il deputato Giuseppe Berretta, ridimensionato anch’egli dagli abbandoni di fedelissimi, prova a tirare la volata a un altro giovane in lista, Mario Di Fazio. Ma tanto Burtone, quanto Berretta, terrebbero aperto anche un saldo canale di contatto il primo con Villari, il secondo con Sammartino.