Nella Sicilia che muore, tutti siamo coesi nel dolore della famiglia Guarascio di Vittoria, il cui capofamiglia, l’operaio Giovanni, si è dato fuoco nei giorni scorsi ed è deceduto, per la disperazione di non aver potuto riscattare la propria casa, venduta all’asta perchè egli non aveva potuto onorare, ad un istituto di credito (una banca siciliana…!!!) il debito contratto di 10 mila euro; nella Sicilia della dignità, laddove recentissimamente il Servizio Statistico regionale pubblica che l’isola è la più povera fra le regioni dello stato italiano, il 27,3 % delle famiglie sono in povertà e 180 mila, ovvero il 32,2 % dei residenti, sono in povertà assoluta, ossia sotto la soglia dei 6 mila euro annui, accade che un ddl del gruppo parlamentare siciliano del Megafono, tra i cui firmatari come deputato regionale c’è il Presidente Crocetta, preveda l’assegnazione di un reddito minimo garantito, ai nuclei conviventi in stato di difficoltà. Aggiungendo la non discriminanza fra coppie di fatto, legalmente maritate e dello stesso sesso, aspetto quest’ultimo innovativo nella legislazione regionale sicula, nonchè di indiscussa modernità. Il gruppo del Movimento Cinque Stelle, che per primo ebbe l’idea, sostiene l’iniziativa.
Azione positiva in un frangente drammatico? Non proprio. Perchè se a casa nostra, come in tutte le case di gente dabbene, si fanno i conti prima di avviarsi al mercato per la spesa, questi non tornano per nulla. E per l’ennesima volta si turlupinano i siciliani, specie i più bisognosi. Dalla classe politica, vieppiù da coloro i quali sbandierano i termini “rivoluzione” e “lotta alla povertà”, ciò è inaccettabile. Vediamo nei dati.
La notizia del ddl antipovertà è che nel primo anno di finanziamento, se verrà approvato dal Parlamento siciliano, il reddito minimo per nuclei di convivenza (non necessariamente familiari: la definizione è affatto controversa…), sia di circa 400 euro. Già si nota una chiara anomalìa, come evidenziato da codesta testata: i singoli, spesso anziani e indigenti, cosiddette famiglie mononucleari secondo le anagrafi dei comuni, non hanno diritto al contributo? Perchè? Non si creerebbe una disparità illegale, che ricorda per certi versi la sciocca tassa sul celibato del periodo dittatoriale?
Le recenti informazioni del Servizio Statistico della Regione Siciliana, così come riportato dai quotidiani, affermano che “stimando per la Sicilia una platea di 180.000 nuclei familiari in povertà assoluta, ottenuta applicando all’Isola l’incidenza di tale fenomeno sulle famiglie del Mezzogiorno (8%), si può prevedere un fabbisogno di 756 milioni di euro all’anno, nella ipotesi di applicazione del reddito minimo adottato dalla Campania (350 euro mensili). “Si tratta di risorse reperibili – si legge nello studio della Regione – solo a condizione di una revisione generale delle attuali forme di assistenza”.
Questa è la cifra che serve, senza alcuna discriminazione: almeno 756 milioni di Euro. I quali ricordano lo “scippo” degli 800 milioni di Euro attuato dal governo nazionale ai danni della Sicilia, a causa del cosiddetto ‘fiscal compact’. Facciamo finta che ciò non sia, per ora. Un tempo i bambini giuocavano con le ombre, e qui ve ne sono massimamente che luci. Perchè il tanto sbandierato ddl Crocetta-Megafono a contrasto della povertà, mette a disposizione solo la modica cifra di 50 milioni di Euro: per il primo anno, affermano i promotori. Aggiungendo che le assegnazioni verranno fatte dai comuni dell’isola, in base a criterii per noi discutibili (il lettore sa immaginare…), e verrà stilata una graduatoria.
La sproporzione, dato che la medesima Regione da parte del Servizio Statistico ci comunica la cifra occorrente per una equa distribuzione di un eventuale reddito minimo come in altre regioni, è troppo manifesta e diseguale, per non indignarsi. Vieppiù davanti a casi come quelli dell’onesto muratore Guarascio di Vittoria, che se avesse prima avuto un sostegno sociale da chicchessìa (le figlie, ragazze belle come la terra di Sicilia sa dare e rispecchianti limpidezza, in una trasmissione televisiva condotta da Del Debbio, han detto senza mezzi termini che bussarono alle porte dei politici e anche della Chiesa, ma nessuno li ha ascoltati…. fino alla tragedia…), oggi sarebbe molto probabilmente ancora in vita. In quel caso le leggi rispettabili ma assurde e sovente inumane, hanno permesso alla banca, per un debito di poca entità ma per lui inarrivabile, di privarlo del bene per eccellenza, la casa: ma non si può consentire, in giorni di tragedie, di scherzare con la pelle del popolo siciliano.
Il quale, ci insegna la Storia, quando è alle strette, si ribella energicamente, come succede da tempi antichi. anche prima del Vespro: bastò all’Emiro Giafàr dei Kalbiti, quando per la prima volta la Sicilia divenne uno Stato indipendente (anche se formalmente soggetta ai Fatimidi di Egitto, dal X secolo l’isola era già autonoma: la sanzione statuale verrà coi Normanni, che trovarono una amministrazione efficiente) sulla soglia dell’anno 1000, mettere una tassa sui grani e sulle frutta, per scatenare la ribellione che in pochi decenni abbatterà il governo mussulmano e aprirà le porte ai guerrieri catafratti del Nord. Ma di tutte queste istorie, purtroppo, i nostri governanti di jeri e di oggi poco sanno.
Il sottoscritto, non solo in qualità di uomo libero ma anche nella veste di Coordinatore e responsabile dell’ufficio Cultura e Storia Patria del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia (il più antico raggruppamento che propugna gli interessi dell’Isola, particolarmente vicino agli ultimi del popolo siciliano), si indigna fortemente e eleva chiara la protesta verso la sproporzione inaccettabile che emerge fra il fabbisogno dei nuclei familiari in povertà assoluta esistenti in Sicilia, come documentato dal succitato studio, e la proposta di ddl del Megafono e del Presidente Crocetta: se egli vuole davvero manifestare concreta vicinanza ai più bisognosi, senza discriminazioni come è giusto, aiuti tutti senza demandare ai comuni: la Regione procuri i 756 milioni di Euro che servono, stornandoli da altre fonti (e si sa quali…) e li distribuisca direttamente ai meno abbienti, se vuole redigendo una lista, ma senza parzialità, nè il minimo rischio di favoritismi. Tertium non datur, come dicevamo al Liceo.
Per evitare bagni di sangue in ogni caso cruenti (nessuno dimentichi i fatti di Bronte…); con versi fulgidi così scriveva Mario Rapisardi (1844-1912), Vate dell’italica poesia e fervidamente siciliano (da “Il canto dei mietitori”): “I nostri figlioletti non han pane, e chi sa? forse moriran domane, invidiando il pranzo al vostro cane… E noi falciam le messi a lor signori. \ Che volete? Noi siam povera plebe, noi siamo nati a viver come zebe, ed a morir per ingrassar le glebe. Falciam, falciam le messi a quei signori. O benigni signori, o pingui eroi, vengano un po’ dove falciamo noi: balleremo il trescon, la ridda, e poi… poi falcerem le teste a lor signori”.
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