Vittoria. Gianfranco Carbonaro è sotto sfratto. La sua abitazione, che vale quasi 200mila euro, è stata pignorata perché non è riuscito a pagare il mutuo. Dopo i primi due anni di regolari pagamenti delle rate, il cake-designer ha contratto un ulteriore debito di 30mila euro con la Crias (Cassa Regionale per il finanziamento alle Imprese Artigiane Siciliane), nel tentativo di rientrare dall’esposizione.
La crisi però ha stretto lentamente il nodo intorno al collo dell’artigiano, che non è riuscito ad onorare il debito. Così a dicembre la casa è stata messa all’asta e venduta per 43mila euro. Carbonaro avrebbe dovuto lasciare l’appartamento in cui vive con la moglie e le due figlie stamattina. Sul portone di casa si è manifestata la solidarietà del comitato No-Aste, che si è mobilitato a supporto; nel frattempo gli veniva comunicata la proroga di due mesi, in attesa dell’udienza prevista per il 7 maggio, sui tre ricorsi presentati – tra cui quello per acquisto con eccessivo ribasso rispetto al valore.
Nonostante la concessione, rabbia e preoccupazione non si placano: «Questa non è giustizia, è una speculazione – denuncia Carbonaro – io voglio solo salvare casa mia. Ho cinquant’anni, una famiglia e mi hanno chiuso le porte in faccia», dichiara, mentre ci mette al corrente di una vicenda che non è delimitata dalle mura di casa sua.
In provincia di Ragusa i procedimenti di pignoramento abitativi sono diventati un vero dramma sociale. Sono oltre duemila, nel territorio ibleo, le abitazioni che potrebbero essere confiscate e poi rivendute e la metà di queste si trova nella città di Vittoria. Il numero è consistente e rappresenta più di un quarto dei casi dell’intera regione siciliana. Quest’ultima, con il Lazio, condivide il primato italiano di immobili messi all’asta.
Proprio da Vittoria è partita la proposta di legge di impignorabilità della prima casa. Il vicepresidente di Avviso Pubblico ed ex amministratore del Comune, Piero Gurrieri, è stato l’estensore del testo, che è poi stato presentato all’Assemblea Regionale Siciliana dal Movimento Cinque Stelle (primo firmatario il deputato Vanessa Ferreri) ed approvato all’unanimità nell’ottobre scorso. L’iter legislativo però non è ancora concluso. Il disegno di legge è stato presentato anche al parlamento nazionale e, da due mesi, è tra i documenti in valutazione delle commissioni delle due camere.
Per dire «basta alla latitanza delle istituzioni rispetto al massacro sociale che si sta consumando» è stata lanciata nei giorni scorsi anche una petizione popolare a supporto della legge, che chiede «l’immediata discussione al Parlamento nazionale […] e al Governo, di sospendere per 24 mesi le aste in corso se riguardino l’unica casa» e la sospensione della procedura quando «l’offerta sia molto inferiore al 50 per cento del valore reale dell’immobile». Centinaia di cittadini hanno già sottoscritto l’appello.
La proposta di legge è pensata per tutelare i debitori e prevede che «non può formare oggetto di espropriazione l’unico immobile di proprietà del debitore […] adibito a civile abitazione», nel caso in cui «altri componenti del nucleo familiare non siano proprietari o titolari di altri immobili adibiti a civile abitazione e che il valore del fabbricato sia inferiore a 200mila euro».
La formulazione del disegno di legge iniziò nell’estate del 2013, a seguito della drammatica vicenda che coinvolse Giovanni Guarascio. Il 14 maggio dello stesso anno, gli ufficiali giudiziari giunsero nella casa di via Brescia – rivenduta all’asta per venticinque mila euro – per eseguire lo sfratto della famiglia Guarascio. Il capofamiglia, muratore ormai disoccupato, si versò della benzina sul corpo e si diede fuoco. Morì una settimana dopo per le gravi ustioni riportate. Un disperato suicidio che sconvolse la comunità vittoriese ed accese le luci delle telecamere sulla questione dei pignoramenti abitativi.
La procura di Ragusa aprì diverse indagini nei mesi successivi: una sul singolo caso, dove vennero riscontrate «numerose e vistosissime anomalie nella procedura» di acquisto della casa di Guarascio, pignorata per un debito di circa 10mila euro. Altre sulla complessa organizzazione che gestirebbe l’acquisto degli immobili espropriati: un ristretto gruppo di professionisti ed imprenditori, di comune accordo, si aggiudicherebbe con notevoli ribassi le case rivendute. Anonimamente sono state denunciate minacce verso chi vorrebbe (ma gli viene impedito) partecipare alle aste e, in alcuni casi, addirittura verrebbe consentito il riacquisto agli espropriati, attraverso però il prestito di denaro concesso a tassi altissimi.
Una combine di imprenditori e professionisti che il figlio di Giovanni Guarascio, Antonio, non esitò a definire «una vera e propria mafia, criminalità organizzata, associazione a delinquere». E di cui parlano anche diverse vittime di pignoramenti, che avrebbero già fornito agli investigatori ulteriori elementi.
L’inchiesta, che vedeva sotto indagine anche un avvocato ragusano poi arrestato a Malta per esportazione illecita di valuta e riciclaggio, non è ancora conclusa. Il dramma di chi rischia di perdere la propria abitazione continua.
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