«Volevo parlare di una persona normale, non volevo descrivere il personaggio di un’eroina, ma è stato difficilissimo». Perché non scadere nel luogo comune quando si parla di argomenti delicati e dolorosi è complicato, soprattutto se il dolore brucia ancora. Lo sa bene Serena Maiorana, 29 anni, di Milazzo, che ha scritto e pubblicato (con la Villaggio Maori edizioni) un libro su Stefania Noce. Si chiama Quello che resta e verrà presentato alla libreria Feltrinelli di Catania il prossimo 29 maggio. Racconta la storia di Stefania, la studentessa di 24 anni uccisa dal suo ex fidanzato, Loris Gagliano, nella casa di Licodia Eubea, in cui viveva insieme alla madre. A rimanere ucciso, quel 27 dicembre 2011, anche Paolo Miano, 71 anni, nonno della giovane. Il processo in primo grado si è concluso lo scorso 5 aprile: per il giudice del tribunale di Caltagirone, l’omicidio era premeditato e Gagliano è stato condannato all’ergastolo.
Settantasei pagine, due mesi per scriverlo e molto più tempo per raccogliere il materiale necessario a ultimarlo. «La stesura del libro è stata lunga e travagliata», spiega Serena, una laurea in Comunicazione all’università di Catania e uno spiccato interesse, anche professionale, per le ricerche sulla violenza di genere e sul femminicidio. «Quando Salvatore La Porta, l’editore, mi ha chiesto di occuparmi di questo testo, ho detto di no racconta l’autrice Non conoscevo Stefania, non volevo essere uno sciacallo, avevo molta paura di non essere all’altezza». Poi ci ha ripensato, ha incontrato La Porta più volte, ha deciso insieme a lui la strada da intraprendere e, infine, «ho iniziato le mie ricerche». «L’omicidio Noce smonta parecchi stereotipi sulla violenza sulle donne: si crede che si sviluppi in contesti difficili, culturalmente bassi, che colpisca donne deboli e assertive. Questo caso è del tutto diverso».
Serena Maiorana ha censito le associazioni che tutelano le donne nel Catanese, le ha conosciute, ha ottenuto i dati sul fenomeno e le testimonianze degli operatori del settore. Nel frattempo, ha creato una rassegna stampa, «centinaia di articoli», sulle indagini sull’omicidio e sulle altre storie di cronaca nera simili. «Infine, tramite Pina Ferraro, fondatrice del centro antiviolenza Thamaia, ho contattato la famiglia Noce: mi ero ripromessa di mantenere un certo distacco, invece mi sono fatta rapire dai racconti su Stefania, dall’amore di chi le voleva bene». «Non c’è una sola persona che io abbia intervistato prosegue Maiorana che di Stefania Noce non avesse un ricordo splendido, di una donna forte, determinata, femminista, con una profonda coscienza sociale e una grande voglia di mettersi in discussione». Tutto il contrario di Loris Gagliano, il ragazzo col quale aveva condiviso quattro anni di vita e che, a relazione finita, l’ha assassinata: «Chi lo conosce lo descrive come un uomo introverso e taciturno, un carattere cupo e solitario. Stefania, sembra quasi un cliché, diceva di volerlo aiutare, di essere più forte di lui, ma evidentemente questo non è bastato».
Oltre alla storia di Stefania Noce, Quello che resta snocciola i dati sulla violenza di genere e sfrutta «una bibliografia molto ampia». «Non so dire che genere di libro sia chiarisce Serena Maiorana Lo stile è narrativo, ma ho tentato di fare un lavoro rigoroso e giornalistico». Anche se non impersonale. «Non sono riuscita a non legarmi a questa storia e alle persone che ho incontrato mentre la scrivevo conclude la scrittrice E il titolo va letto anche in questo senso: quello che resta della morte di Stefania è il dolore, il ricordo, la nostalgia, ma anche la voglia di fare qualcosa, di impegnarsi, di dimostrare che la morte di una donna così energica non è stata vana».
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