Quei ricordi sbiaditi sulle indagini di via D’Amelio «Eravamo solo dame di compagnia di Scarantino»

Nel migliore dei casi c’è sempre qualcuno più alto in grado a cui andrebbero rivolte oggi certe domande. Nel peggiore, il copione è sempre drammaticamente uguale a se stesso: «Sono passati più di vent’anni, non mi ricordo». Non si è smentito neppure Salvatore Nobile, alla squadra mobile dal ’92 ed ex del gruppo investigativo Falcone-Borsellino. Ponendosi sulla stessa scia degli altri colleghi di quel pool già ascoltati prima di lui al processo a carico di Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di calunnia aggravata. Accusati, cioè, di aver avuto un ruolo nella creazione e manipolazione del finto pentito Vincenzo Scarantino. Salvatore Nobile è proprio uno di quelli che lo arresta, dopo la strage di via D’Amelio. «Ero in una delle pattuglie», racconta oggi in aula. «Avevo la televisione accesa, ho sentito della strage e sono andato sul posto. Prima sono passato dalla mobile, c’erano un sacco di colleghi, ci misero in una macchina e andammo tutti in via D’Amelio – ricorda di quel giorno -. Della famosa borsa di Borsellino ho sentito parlare solo dalla stampa, io non l’ho mai vista, né ho mai saputo di un qualche sequestro. Quando facevo qualche accertamento non mi si diceva alcun dettaglio, mi dicevano solo cosa fare e io lo facevo».

Si eseguivano gli ordini, insomma, senza fare troppe domande, senza chiedere chiarimenti ulteriori. D’altronde, come hanno ripetuto anche altri ex funzionari prima di lui, Salvatore Nobile era solo agli inizi, all’epoca: «Per lo più facevo l’autista oppure attività di intercettazione, poi piano piano ho iniziato a fare di più. La carriera effettivamente comincia nel ’96». Quando, cioè, non è più parte di quel pool investigativo da due anni. In quel poco tempo, incontra Scarantino anche in un altro paio di occasioni successive al suo arresto. «L’ho rivisto un giorno a Boccadifalco, credo fosse all’inizio della sua collaborazione – ricorda -. Sono stato là con lui in un alloggio, non ricordo se una o due notti. Più che ricordi veri e propri, i miei sono flash. Non ricordo quanto sono stato lì, con chi fossi, se arrivò La Barbera, sono ricordi troppo lontani. Comunque in quei giorni Scarantino non si confidò, almeno non con me, nessuno sfogo, niente. Magari c’ho pure parlato, ma non mi ricordo davvero, non so se abbiamo parlato del più e del meno o no». Della tappa a Boccadifalco hanno già raccontato prima di lui i colleghi Militello e Guttadauro, che accompagnarono il picciotto della Guadagna in giro per Palermo a effettuare dei sopralluoghi in alcuni dei posti collegati alle fasi preparatorie della strage di via D’Amelio. Sopralluoghi, tuttavia, descritti di recente come delle «passeggiate per Palermo», nulla di più. Visto che nessuno, secondo i poco nitidi ricordi dei funzionari dell’epoca, sarebbe sceso dall’auto, nessuno avrebbe fatto foto o relazioni. 

Nobile rivede Scarantino a Imperia, nel ’95. «Il mio compito era quello di occuparmi della logistica, di farlo stare sereno, di fargli compagnia sostanzialmente. Io personalmente non avevo alcun rapporto con lui. Il nostro compito era quello di rimanere là e fargli compagnia, basta, compiti veri e propri non ce n’erano, eravamo dame di compagnia alla fine – spiega -. Non ricordo situazioni o discorsi particolari, niente di che, io personalmente ho avuto sempre un atteggiamento distaccato con lui, ma per una questione mia di carattere. Non ricordo un atteggiamento confidenziale con lui nemmeno da parte del mio superiore, Giampiero Valenti. Anche con lui, fra colleghi, non abbiamo mai parlato di questioni processuali, di Scarantino, nulla. Io era un po’ crudo da questo punto di vista. Ricordo proprio che furono 15 giorni sereni. Era tutto molto tranquillo, andavamo là la mattina, poi tornavamo nel pomeriggio». Non ricorda di un telefono installato nell’appartamento di Scarantino: «Non ho nessun ricordo di lui al telefono né di me che vado a smarcare qualche telefonata (ascoltarla ndr). In ogni caso, se c’è una telefonata intercettata oggi, per esempio, io posso anche smarcarla domani o in un altro momento. Però, certo, il decreto c’è e quindi qualche intercettazione ci deve essere stata. Insomma, non lo ricordo ma non lo escludo, sono passati 25 anni. Se avessi fatto solo questo nella mia vita senza passare ad altro…», come a dire che in quel caso avrebbe forse ricordato qualcosa di più.

«Non mi piace il sarcasmo, sono passati 25 anni, come faccio a ricordarmi che quel mercoledì x sono andato a fare la spesa per Scarantino o cose del genere? – dice durante l’esame Nobile -. Nessuno mi ha detto “guarda che dopo 25 anni dovrai essere sentito quindi prenditi degli appunti”». In ogni caso, è certo di non essersi mai occupato dei verbali d’intercettazione di Scarantino, ma di aver semmai chiuso soltanto qualche plico. «A memoria io questi brogliacci non li ho mai visti – dice oggi -. Le firme che guardo oggi in calce a ogni pagina non mi dicono nulla. Anche perché tante volte, per consuetudine, l’ufficiale firmava il verbale solo alla fine, magari dieci-venti giorni dopo. Parlo per ipotesi – sottolinea -, non so come si svolgeva quest’attività d’intercettazione, ma poi cosa dovrei dire di un’attività che non ricordavo neppure che si facesse?». Nobile infatti si occupa più che altro di intercettazioni ambientali, non di quelle alle telefonate fatte o ricevute da Scarantino. Tra il dicembre ’94 e il luglio ’95 l’ex pentito, che si trova a San Bartolomeo al Mare, avrebbe «verosimilmente» contattato più volte i pm all’epoca impegnati nelle indagini su via D’Amelio, Annamaria Palma e Carmelo Petralia, oggi indagati dalla Procura di Messina per calunnia. Conversazioni, queste e altre, mai registrate però. «Problemi di traslatore», «mancanza di linea», «motivi tecnici» o «guasto tecnico», «mancanza di energia elettrica»: questi i motivi di sorta. Ma cosa significano tutte queste cose?

«Nel periodo in cui ho fatto il turno io non ricordo di aver mai sostituito un traslatore – spiega -. Per ogni telefono c’era un traslatore, un mattone di colore azzurro che veniva portato alla centrale Enel del luogo in cui veniva effettuata l’intercettazione. Da quello che io ricordo, non ci fu nessun guasto del traslatore. Il traslatore funziona fino a quando non viene staccato. Se c’era un guasto in genere si prendeva da un’altra centrale o dall’ufficio intercettazione della questura, all’epoca ci volevano circa tre giorni per allacciare tutto, oggi bastano un paio di ore. Se va via la corrente le macchine si fermano, lavoravano in coppia, non è che una rimaneva accesa. Il registratore era fornito di due bobine, una per gli operatori e una per l’autorità giudiziaria. L’eventuale interruzione della bobina degli operatori non interferiva con quella dell’autorità giudiziaria. Tutte le operazioni che venivano effettuate nel corso delle intercettazioni, dalla sostituzione della bobina o altro, venivano annotate nel verbale – continua il teste -. Un verbale di intercettazione non necessariamente lo fa la persona che ha smarcato il telefono». Ma è difficile insistere con chi, quelle attività, non le ricorda neppure. Tuttavia, se non ha memoria di alcun guasto al traslatore per le intercettazioni, come si spiegano tutti quegli intoppi che non avrebbero permesso di registrare alcune conversazioni di Scarantino o altri dettagli di quelle telefonate? 


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