Male le città siciliane nella classifica della Qualità della Vita de «Il Sole 24 Ore» anche se con qualche eccezione. Palermo è 87ª, una posizione che fa quasi esultare il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, visto che la città aveva raggiunto il 106° posto nel 2015, il 99° nel 2016 e il 97° nel 2017. Il report della 29esima edizione fa riferimento a 42 indicatori suddivisi in sei macro-aree («Ricchezza e consumi», «Affari e lavoro», «Ambiente e servizi», «Demografia e società», «Giustizia e sicurezza», «Cultura e tempo libero») e fotografa la questione del benessere in Italia nel 2017.
«Per il terzo anno consecutivo, e con dati riferiti al 2017, Palermo sale nella classifica della qualità della vita nelle province italiane – scrive il primo cittadino -. Le dieci posizioni guadagnate in un anno, dopo le 11 guadagnate dal 2015, sono motivo di ottimismo, anche se certamente ancora molto resta da fare su tanti fronti ed in particolare su quello dell’occupazione. Alcuni parametri di questa classifica sono particolarmente significativi e motivo di speranza: quello relativo alle start-up e quello relativo alle attività di volontariato e non profit. Indicano una città ed un territorio nel quale la comunità reagisce alle difficoltà sia sul fronte imprenditoriale per creare nuova occupazione e sviluppo sia sul piano della solidarietà e dell’impegno sociale. Sono fiducioso che il prossimo anno, quando i dati rispecchieranno anche l’impatto positivo che sulla nostra economia e sui nostri servizi ha avuto l’esperienza di Capita della cultura, il miglioramento sarà ancora più accentuato».
Perplesso, invece, Aurelio Angelini, direttore della Fondazione Patrimonio Unesco per la Sicilia e professore di Sociologia dell’Ambiente e Urbana dell’Università di Palermo. «Queste classifiche – dice – lasciano il tempo che trovano. A seconda di quanto pesano gli indicatori utilizzati, ed è un fattore personale, il dato tendenziale può fornire un riferimento. Ma nulla di più. Detto questo, però, occorre fare alcune riflessioni».
Si scopre, però, che nonostante le dichiarazioni del sindaco, Palermo è all’88° posto sui consumi delle famiglie, che il tasso di disoccupazione giovanile è scoraggiante (103ª); che nell’ecosistema urbano, ovvero nella capacità di spendere bene le proprie risorse pianificando le trasformazioni future per il settore dell’aria, dei rifiuti o dell’acqua, il capoluogo è ancora in 103ª posizione, a dimostrazione – se ce ne fosse bisogno – che le azioni ambientali latitano e che non fanno parte delle strategie della politica cittadina.
«La debolezza siciliana è rappresentata dal fatto che non abbiamo politiche attive del miglioramento qualità-ambiente – continua il professor Angelini -. Un esempio? Non c’è una politica sulla mobilità sostenibile, tipo finanziamenti per la realizzazione di piste ciclo-pedonali. Un altro? Non esiste l’implementazione delle aree forestali, però abbiamo interventi di contrasto agli incendi. Insomma le scelte sono spesso legate alle difficoltà del bilancio e delle spese precarie. Niente di strutturale nemmeno sull’uso delle fonti rinnovabili, come invece servirebbe».
Altro indice su cui poter lavorare per il futuro è quello della Cultura e del tempo libero. I dati di Palermo (69ª), non sono da buttare se pensiamo a ciò che si potrebbe ancora fare. In questa speciale classifica vince Rimini per le sue strutture ricettive, Roma è terza, Milano è decima, Venezia si piazza 21ª mentre Cagliari è sesta, prima delle isolane. Segno che c’è molto da impegnarsi.
«La politica regionale ha acquisito la consapevolezza che bisogna aumentare investimenti e iniziative nel settore culturale perché la Sicilia può vivere utilizzando la propria storia per creare processi virtuosi. Ma l’impegno sulla cultura da solo non basta. Peccato perché valorizzazione dell’ambiente e dei Beni culturali sono due fattori fortemente integrati. Su di essi dovrebbe poggiare un solido turismo a cui serve la mobilità e la qualità dell’ambiente per decollare e diventare veramente forte anche sotto il profilo economico», conclude Angelini.
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