Province, ha vinto il buon senso

Ha ragione il professore Massimo Costa: con il voto di ieri (51 voti favorevoli, 22 contrari), l’Assemblea regionale siciliana ha applicato mezzo articolo 15. Sono stati aboliti i presidenti delle Province, gli assessori e i consiglieri provinciali. Entro il 31 dicembre di quest’anno il Parlamento dell’Isola dovrà tornare su tale argomento con modalità che ancora non sono chiare.

Non sono mancate le polemiche. Ma un fatto è certo: quello computo da Sala d’Ercole è un atto politico, parlamentare, amministrativo e, soprattutto, culturale molto importante.

Intanto siamo i primi in Italia ad aver chiuso il capitolo degli organi elettivi delle Province. Non è cosa da poco, se si pensa che perfino il Governo Monti, che pure avrebbe voluto abolire direttamente le Province, si è dovuto fermare sotto le spinte conservatrici della vecchia politica.

Piaccia o no, ma come avvenne, sempre in Sicilia, nel 1992 – quando l’Ars introdusse l’elezione diretta dei Sindaci e dei presidenti delle Province – siamo i primi, nel nostro Paese, a lanciare un segnale di buon senso. Perché avere imboccato la strada che porterà la Sicilia all’abolizione delle Province è cosa buona e giusta.

Noi nutriamo grande rispetto per l’onorevole Nello Musumeci, che è stato un bravo presidente della Provincia di Catania (ieri sera abbiamo pubblicato integralmente una sintesi del suo appassionato intervento a Sala d’Ercole). Ma il
suo caso – e forse il caso di Giulia Adamo a Trapani – sono stati, nella storia delle Province siciliane, dal 1963 ad oggi, fatti episodici. E forse unici.

In Sicilia le Province non hanno mai brillato per grande efficienza. Sono sempre stati enti di serie B, che non hanno mai svolto bene i compiti che gli sono stati assegnati. La gestione delle strade secondarie è stata ed è un delirio. Idem la gestione delle scuole superiori (l’edilizia scolastica, in Sicilia, resta un problema, a cominciare dal fatto che, in molti casi, gli edifici sono ancora oggi in affitto).

Le Province regionali ‘disegnate’ dalla legge regionale n. 9 avrebbero dovuto diventare i soggetti attivi della pianificazione territoriale. Invece, come tutti noi sappiamo, i sogni sulla Programmazione – regionale e provinciale – sono rimasti nel cassetto. Il fatto che, ancora oggi, la Sicilia non sia stata in grado di adottare una nuova legge urbanistica (andiamo avanti con la legge regionale numero 71 del 1978!) la dice lunga sulle delusioni di una Programmazione degli interventi nel territorio che sarebbe dovuta partire proprio dai Piani urbanistiche provinciali che, a parte il caso di Ragusa, non hanno mai visto la luce.

Con la scomparsa degli organi elettivi si chiude un capitolo inglorioso, contrassegnato da poche luci e da molte ombre. Come non ricordare, ad esempio, la vicenda dei circa 40 milioni di euro della Provincia di Palermo spariti nel nulla? Un’amministrazione provinciale che contrae un mutuo con la Cassa depositi e prestiti per realizzare opere pubbliche e che, poi, dirotta una parte cospicua di questo denaro pubblico in bizzarri investimenti finanziari! Una storia assurda, con il denaro pubblico finito nelle tasche di chissà chi. Senza che nessuno, fino ad oggi, sia stato chiamato a pagare. Cose incredibili.

Entro il 31 dicembre di quest’anno, come già ricordato, il Parlamento siciliano dovrà completare la riforma. Fino ad allora si procederà con i commissari (tre Province sono già commissariate, le altre sei verranno commissariate alla scadenza naturale degli organi elettivi).

Siamo sempre d’accordo con il professore Costa: molto difficilmente l’Ars riuscirà ad applicare alla lettera l’articolo 15 dello Statuto. Ma già la nascita di liberi Consorzi di Comuni, che prenderanno il posto delle vecchie Province, è un segnale importante. Così come importante sarà – questo almeno è il nostro auspicio – lasciare ai Comuni siciliani la massima libertà di autodeterminarsi in liberi Consorzi.

Avremo 13 o 14 liberi Consorzi di Comuni? Ben vengano. E ben vengano i liberi Consorzi con meno di 150 mila abitanti nelle aree difficili della nostra Isola, dai Nebrodi ai Peloritani, dalle Madonie alle aree interne.

Ben vengano i liberi Consorzi di Comuni per gestire l’acqua pubblica e non privata, per gestire la raccolta differenziata dei rifiuti, per far finalmente decollare le attività turistiche, valorizzando le aree costiere, ma anche le zone interne dove insistono oltre un milione di vani oggi non utilizzati (ottimo il disegno di legge presentato dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle per un turismo diverso da quello tradizionale). Ben vengano i liberi Consorzi di Comuni per gestire, in generale, altre funzioni

Il dibattito sugli attuali 6 mila e 500 circa dipendenti delle nove Province è ancora aperto. Non ci sembra un problema irrisolvibile. Quello che sappiamo – lo ha detto il presidente della Regione Rosario Crocetta in Aula e noi ci crediamo – è che i nuovi Consorzi di Comuni saranno enti di programmazione degli interventi e non di spesa. I futuri presidenti verranno eletti tra i Sindaci e dai Sindaci. Non ci dovrebbero essere appesantimenti di costi.

La legge rilancia il tema delle tre aree metropolitane della Sicilia: Palermo, Catania a Messina. A onor del vero, anche su questo fronte, negli anni ’80, la Sicilia ha anticipato lo Stato, con riferimento alla legge nazionale numero 142 del 1990.

Certo, le intuizioni del Legislatore regionale, sul fronte delle Città Metropolitane, non hanno trovato mai applicazione concreta. Ora, però, le tre Città Metropolitane della Sicilia – anche se con grandi problemi urbanistici da risolvere (si pensi soltanto all’urbanizzazione ‘selvaggia’ che ‘assedia’ Catania) – diventeranno realtà.

Resta aperto il tema della seconda parte dell’articolo 15 dello Statuto. Questo articolo – non ci stancheremo mai di ripeterlo – fu voluto dai Padri dell’Autonomia per arrivare al superamento delle Province e all’abolizione dei Prefetti di giolittiana memoria. In questa fase è troppo presto (ma non tanto, poi) per aprire anche questo fronte. Ma un primo segnale, importante, è stato lanciato. E di questo va dato atto al Governo e all’Assemblea regionale siciliana.

I meriti, infine. Che, a nostro avviso, vanno divisi tra le forze politiche. Anche rispetto a un centrodestra che è sembrato attardato a difendere ciò che ormai è indifendibile. Il dibattito politico, anche se un po’ troppo contingentato, c’è stato; è stato un dibattito appassionato ed è stato raggiunto un risultato. Alla fine ha vinto il buon senso.

 


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