Per giorni l’hanno tenuta segregata in una stanza minacciandola con riti voodoo per costringerla a prostituirsi così da ripagare il debito contratto con il viaggio, circa 30 mila euro. Un incubo durato tre mesi per una giovane nigeriana fuggita dalla miseria del suo paese e caduta nella rete di una spietata organizzazione criminale ma che, grazie al suo coraggio, ha denunciato i suoi aguzzini mettendo fine alla sua prigionia. Gli agenti della squadra mobile di Palermo, con l’aiuto dei colleghi di Trapani e del commissariato di Castelvetrano, hanno così fermato con l’accusa di sequestro di persona e induzione alla prostituzione tre connazionali della ragazza: Juliet Matthew, di 27 anni, Precius Matthew, di 28, e Daniel Eguavon, di 26.
Durante la sua reclusione la donna, attraverso un cellulare, è riuscita a contattare l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che a sua volta si è messa immediatamente in contatto con gli Uffici della squadra mobile di Palermo. Gli investigatori, con un’azione coordinata tra le due Questure, sono riusciti ad individuare il luogo di prigionia della ragazza, alla periferia di Castelvetrano e hanno fatto irruzione nell’appartamento, traendola in salvo e fermando i tre aguzzini, due donne ed un uomo.
La vittima ha raccontato agli agenti i particolari della sua odissea per raggiungere il nostro paese, iniziata circa tre mesi fa e scandita da stenti, privazioni, viaggi estenuanti e minacce: spinta dal desiderio di una vita migliore per se e per il figlio la donna si era rivolta, nel suo paese, ad alcuni connazionali che le avevano presentato un uomo, il quale avrebbe provveduto ad organizzarle il viaggio per l’Italia. Da qui il calvario: per assicurarsi il prezzo del viaggio, di circa 30 mila euro l’uomo avrebbe sottoposto la giovane donna, a un rito voodoo terrorizzandola sulle nefaste conseguenze alle quali sarebbe andata incontro se non avesse corrisposto quanto pattuito. Successivamente la donna è stata trasportata in auto a Benin City ed affidata ad altri soggetti per proseguire il viaggio, di circa un mese, attraverso il deserto del Niger.
Da qui ha raggiunto la Libia, per poi a bordo di un barcone, intraprendere una traversata in mare, approdando a Pozzallo, lo scorso 24 ottobre. Dopo lo sbarco la donna si è messa in contatto con i suoi referenti nigeriani in Italia, i quali hanno provveduto a farle raggiungere, attraverso diverse tappe, Castelvetrano, dove ad attenderla c’era Precius Matthew, figlia dell’uomo che nel suo paese l’aveva sottoposta al rito woodoo. Quest’ultima ha messo la giovane davanti alla cruda realtà: per onorare il debito contratto, si sarebbe dovuta prostituire. Al suo rifiuto, i tre sono passati alle vie di fatto, rinchiudendola in una stanza senza viveri per un giorno intero.
Ma la giovane non si è persa d’animo: attraverso un telefono cellulare, miracolosamente sfuggito agli aguzzini, è riuscita a chiedere aiuto all’Oim. A questo punto gli investigatori, attraverso sofisticati sistemi di localizzazione e sulla scorta della descrizione fornita al telefono dalla donna sul panorama che scorgeva dalla sua prigione, sono riusciti ad individuare il suo luogo di segregazione ed a trarla in salvo, fermando gli aguzzini. All’interno dell’appartamento sono stati ritrovati quattro telefoni cellulari, alcune scatole di profilattici e cinque feticci di varie forme (un corno, un lucchetto, un oggetto di legno, una bustina contenente peli verosimilmente di pube e un osso di noce di cola) tutti utilizzati per i riti voodoo.
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