Dopo Milano, Roma, Bologna, Torino e Firenze sarà Catania a sperimentare una nuova forma di accoglienza per i migranti direttamente nelle famiglie. «Al primo posto la conoscenza e lo scambio reciproco», è chiara Valentina Bellelli, responsabile del progetto in Sicilia orientale di Refugees Welcome Italia. «Non si metterà a disposizione degli immigrati solo un posto letto, ma molto di più perché si tratta di un progetto di integrazione», spiega la referente.
Refugees Welcome, in Italia da un anno, ha adesso una sede operativa anche nel capoluogo etneo. L’obiettivo è promuovere l’ospitalità in famiglia di rifugiati e richiedenti asilo. Dopo un primo contatto telefonico con le persone che hanno mostrato interesse registrando la propria casa su una piattaforma online, «andiamo a conoscere chi vuole offrire ospitalità. Ovviamente cerchiamo in loro, oltre a requisiti specifici, la buonafede», spiega Bellelli. E a Catania sono già quattordici le famiglie che hanno deciso di aprire le loro case.
«Sono adulti e single che hanno più tempo a disposizione, ma ci sono anche famiglie come quella che abbiamo appena visitato: tre donne. Una madre – continua la coordinatrice – vorrebbe ospitare una giovane richiedente asilo per far vivere l’esperienza dell’accoglienza alle sue due figlie». E poi ci sono casi in cui il contatto è un vero e proprio scambio di esperienze: «A Roma un giornalista ha deciso di ospitare un collega giornalista siriano, un rifugiato fuggito dal suo paese», racconta la referente di Refugees Welcome per la Sicilia orientale.
Tra gli obiettivi della squadra catanese c’è quello di fare rete con altre realtà del territorio che lavorano nel settore, come il centro Astalli e la Casa dei popoli del Comune di Catania. Impegno prioritario è l’inserimento nella società dei neomaggiorenni non accompagnati che arrivano sul nostro territorio. «Sono molti i ragazzi che arrivano senza genitori. Dopo un primo periodo in ambienti piccoli e controllati come le case-famiglia, vengono catapultati in realtà caotiche come i centri di accoglienza, per strada quando va male, in realtà che da soli non sono pronti ad affrontare», spiega Bellelli.
La questione immigrazione è entrata nel nostro quotidiano con le continue immagini di sbarchi, allarmi, statistiche e appelli all’Europa. Ma quali sono i numeri in Italia, secondo la Refugee agency? Dei richiedenti asilo nel nostro paese, solo al 4-5% viene attribuito lo status di rifugiato, cioè di persona che «rischia persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche». Oltre la metà delle richieste accolte nell’ultimo anno ha avuto come esito, invece, la concessione della protezione umanitaria.
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