Processo Trattativa, udienza lampo al bunker Canale non risponde i pm

Udienza lampo oggi nell’aula bunker del carcere Ucciardone, a Palermo, al processo per la trattativa Stato-mafia. Era in programma la deposizione del teste Carmelo Canale, colonnello dei carabinieri già stretto collaboratore di Paolo Borsellino, citato dall’accusa ma rimasto in silenzio. Canale, essendo indagato per falso nell’indagine sulla morte di Peppino Impastato, si e’ limitato a comunicare alla Corte di assise di avvalersi della facoltà di non rispondere. Prima di rinviare, la Corte ha reso noto il calendario delle prossime udienze: il 2 aprile deporra’ Giuseppe Falcone, e quindi saranno sentiti tre collaboratori di giustizia. Il 9 aprile risponderà Emanuele Di Filippo, il 16 aprile è citato Carmelo D’Amico, di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), e il 17 aprile, l’ex boss palermitano dell’Acquasanta, Vito Galatolo, che si è pentito da qualche mese e che ha parlato di piani di Cosa nostra per uccidere il Pm Nino Di Matteo.

Oggi intanto è stata anche giornata di deposizione dell’ex ministro Calogero Mannino nel processo stralcio per la trattativa tra Stato e mafia che si celebra davanti al gup di Palermo Marina Petruzzella. A inizio udienza Calogero Mannino ha chiesto la parola per rendere dichiarazioni spontanee: «Sono qui davanti a questo giudice a difendermi per fatti già oggetto di altri processi» ha detto. 

In aula anche i suoi legali, Grazia Volo e Marcello Montalbano. Mannino è sotto processo, col rito abbreviato, con l’accusa di di attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario. Come gli altri imputati del troncone principale che si celebra davanti alla Corte d’assise di Palermo. 

Mannino ha ricordato l’allarme lanciato dall’ex ministro Scotti, dopo l’omicidio di Salvo Lima, su un rischio attentati e su un piani di destabilizzazione ordito da Cosa nostra, ricordando le reazioni “tiepide” di molti parlamentari.

«Avevo un lungo e continuato rapporto con il giudice Giovanni Falcone, che temeva una reazione in seguito al maxiprocesso – ha spiegato Mannino-. L’arrivo di Falcone al dipartimento degli Affari Penali del ministero ha un’origine anteriore di qualche mese rispetto alla nomina poi fatta dal ministro Claudio Martelli, cui do atto di avere portato avanti questa iniziativa. Falcone fu nominato perchè il capo dello Stato Francesco Cossiga, dopo l’assassinio del giudice Rosario Livatino aveva investito l’allora guardasigilli Giuliano Vassalli di portare Falcone alla guida degli Affari penali del ministero. Cossiga -ha proseguito Mannino- aveva conosciuto personalmente Falcone con cui aveva sviluppato un colloquio di carattere tecnico giuridico anche sul maxiprocesso, un evento giuridico innovativo. A Cossiga Falcone aveva espresso le sue previsioni sul fatto che in seguito al maxiprocesso doveva esserci anche un ‘dopo’, una reazione di Cosa nostra. Ebbene, Falcone arriva al Quirinale portato da chi? Da Calogero Mannino. Vassalli aveva già avviato tutto l’iter ma fu poi Martelli a definirlo”.


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