Processo Angelo Lombardo, parla il pentito Mirabile I presunti incontri con Raffaele e la linea Cuffaro

Impassibile. Come sempre. Dopo il fratello Raffaele e il nipote Toti, è toccato ad Angelo Lombardo presenziare nelle aule del palazzo di giustizia di Catania. Gli anni d’oro dell’autonomismo sono lontani anni luce. Da anni i Lombardo sono impegnati a difendersi dalle accuse di decine di pentiti. «Quando ero in carcere mi riferirono di un doppio incontro tra mio zio Alfio e Raffaele Lombardo». A riferirlo in aula è Giuseppe Mirabile, ex capo della famiglia di Cosa Nostra dei Santapaola, almeno fino all’arresto nel 2003. Un faccia a faccia che potrebbe essere lo stesso di cui ha parlato il pentito Santo La Causa nel processo a carico dell’ex governatore. Lo zio in questione, vittima di un attentato nel 2004 è l’ormai defunto Alfio Mirabile. Dal 2012  i nipoti Giuseppe e Paolo hanno scelto di collaborare con i magistrati della Procura etnea, rompendo il vincolo di sangue che li lega ai Santapaola. 

«Queste notizie le ho apprese da Guglielmino quando eravamo in cella insieme – prosegue Giuseppe Mirabile nella sua deposizione, riferendosi ai presunti incontri sempre smentiti da Raffaele Lombardo -. Mi parlò piano all’orecchio». Poche invece le notizie fornite su Angelo Lombardo. «Ho saputo del pestaggio che ha subito leggendo i giornali e parlando con Saro Lombardo. Sapevo dei suoi ruoli politici ma non ho mai avuto altre notizie». In un verbale di qualche anno fa, l’ex capomafia riferisce anche di altri aneddoti riguardanti la politica. 

Tra i protagonisti di quelle pagine c’è anche Totò Cuffaro, ex presidente della Regione oggi detenuto per favoreggiamento a Cosa Nostra. Mirabile racconta di presunti contatti intrattenuti con la mediazione dell’avvocato Raffaele Bevilacqua e spiega che andava mantenuta quella che definisce la linea di Cuffaro. A occuparsene erano i capimafia Sebastiano Rampulla, Francesco La Rocca e Alfio Mirabile. Oggetto di discussione, ancora una volta, gli appalti in diverse province siciliane. Tutti i lavori, secondo il pentito, passavano dalla politica per poi arrivare al costruttore. Cosa Nostra conosce tutto anni prima grazie alle soffiate dei politici. Dall’individuazione dei terreni ai cambi di destinazione d’uso nei piani regolatori. Il fine ultimo sarebbe sempre lo stesso: i voti.


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