Chissà quanti dei facoltosi turisti che ogni anno giungono sulla spiagge agrigentine, e precisamente a Marina di Cala del Sole, sanno che al porto di Licata si possono anche svolgere «matrimoni e cerimonie religiose». E che accanto al mare c’è pure una piscina. Quando nel 2005 venne approvato il progetto per la realizzazione del porto turistico, presentato dalla società Iniziative Immobiliari s.r.l., si disse che si trattava sì di un’iniziativa privata, ma dal forte interesse collettivo. Ora, a distanza di 13 anni, insieme ai 1.500 posti per imbarcazioni fino a 70 metri, ci sono anche un centro commerciale, decine di residenze di lusso a ridosso del fiume Salso e, appunto, la Chiesa del marinaio, prevista nel progetto iniziale ma che con una variante, approvata in conferenza di servizi dal Comune di Licata, è stata ampliata.
Il porto turistico di Licata continua a riservare sorprese. Dopo aver scoperto che è stato realizzato senza gli oneri di concessione (un presunto mancato incasso per la città agrigentina di oltre sei milioni di euro), l’associazione antimafia A Testa Alta scoperchia un altro vaso di Pandora. Con un rimpallo di competenze tra ministero dell’Ambiente e Regione siciliana che va avanti da tre anni e non accenna a concludersi. Nel 2014 l’associazione di promozione sociale contro le mafie e l’illegalità scrive una nota al ministero dell’Ambiente e, per conoscenza, anche alle Procure di Palermo e Roma. Gli associati licatesi, con in testa il presidente e avvocato Antonino Catania, vogliono sapere se «le prescrizioni imposte con il decreto di valutazione d’impatto ambientale sono state o meno sottoposte a verifica di ottemperanza». Traduzione: quando il ministero dell’Ambiente rilascia la Via, soprattutto per opere impattanti, nella maggior parte dei casi indica una serie di obblighi ambientali da rispettare per tutelare il territorio. È quello che è successo anche con la società Iniziative Immobiliari.
Mentre il Comune tace, anche se sollecitato da A testa Alta, il ministero a novembre del 2014 rende noto di essersi rivolto alla Regione alla quale chiede «elementi informativi», in quanto «da un’analisi della documentazione agli atti della scrivente, non risulta che siano state completate le verifiche di ottemperanza di tutte le prescrizioni». Ma la Regione non ci sta e a dicembre 2015 fa sapere – attraverso il Servizio 5 di Demanio marittimo – che a dover fornire le notizie richieste dal ministero dell’Ambiente è il Servizio 1 Vas/Via, trattandosi di procedimento di valutazione ambientale. Gli stessi dipartimenti, in sostanza, si rimpallano le responsabilità. Ma non è finita qui, visto che il Servizio 1 Vas/Via, per tutta risposta, fa sapere al Servizio 5 che, per verificare quanto chiesto dal ministero, deve prima «conoscere se i lavori inerenti la realizzazione della struttura portuale sono stati conclusi e, in caso contrario, lo stato attuale delle opere sino ad oggi realizzate».
Finita? Manco per idea. Visto l’andazzo, A testa Alta chiede al governo nazionale (siamo ad agosto del 2017) di sostituirsi alla Regione. Ma il colpo di scena è dietro l’angolo. Rispondendo all’associazione licatese, «il ministero ci mette nero su bianco – afferma il presidente Catania – che ad oggi, a circa 12 anni dalla Via, sono state controllate solo le prescrizioni 3, 4, 5 (che risultano non ottemperate), la 2 (ottemperata), la 1 in parte (solo una piccola parte) e di tutte le altre prescrizioni non si sa nulla. E le prescrizioni in tutto sono 23».
Non si tratta di questioni di poco: le prescrizioni riguardano aspetti ambientali importanti. Ad esempio nella numero 3 si indica che «dovranno essere effettuate le analisi dei fondali sull’intera area da dragare […] al fine di valutare le effettive possibilità di utilizzo di materiali dei dragaggio; sulla base di tale valutazione dovrà essere effettuata la quantificazione dei materiali che dovranno provenire dalla cave di prestito». E ancora, non risulta essere stato effettuato un piano di monitoraggio dei lavori che invece, nelle intenzioni, «dovrà essere concordato con l’Arpa Sicilia e dovrà prevedere anche un’idonea banca dati per la consultazione e l’informazione». Oppure si prenda la prescrizione numero 5, che è molto precisa nelle richieste ma risulta anch’essa non ottemperata e riguarda «gli impianti di salvaguardia ambientale», tra i quali «le canalette vivificatrici», «il dissalatore», «il sistema di trattamento rapido di sversamenti accidentali di carburanti», «i punti di raccolta differenziata dei rifiuti», «la rete fognaria con sistema di separazione delle acque nere, acque grigie e acque bianche».
Ciò avviene a fine settembre 2017. Il penultimo capitolo dell’articolata vicenda lo firma ancora una volta la Regione. Il primo ottobre chiede a Iniziative Immobiliari relazioni dettagliate, «supportate da elaborati grafici, sullo stato delle opere realizzate e quelle non realizzate», oltre che la «documentazione amministrativa e tecnica inerente allo stato e alle modalità di ottemperanza delle singole prescrizioni». Al momento pare che dalla società in questione non siano arrivate risposte.
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